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martedì 6 dicembre 2011

Ci sono persone la cui personalità è talmente inusuale da spiccare anche attraverso le lettere, le espressioni in foto o i pixel. Non conosco di persona Max De Michelis ma posso facilmente immaginare una persona dalla favella colta e gradevole, affabile e gentile, una persona dai modi garbati, un praticante serio, enciclopedico e con spirito marziale. Devo qui, simpaticamente, essere in disaccordo con un passaggio dell'intervista di Max: l'etimologia, come sanno gli aspiranti letterati/glottologi come me, tradisce quasi sempre il significato d'uso di un termine. Max è un animo marziale nell'accezione d'uso odierno ovvero uno studioso del confronto umano, ricercatore della gentilezza dei muscoli, filologo amoroso di vita e gesta di coloro che reputa padri marziali, animo che si confronta ma non si scontra.
Il suo blog (http://maxbjj.blogspot.com/) è un pensatoio di socratica memoria ove entrare per cercare un pregevole distillato di pensiero, che lasciato a decantare, assume giorno dopo giorno aromi nuovi: articoli che non temono l'inattualità e che si fondono con l'evoluzione dell'ambiente del Jiu Jitsu.

L'intervista.

Ciao Max, parlaci un po' di te, della tua vita marziale e non, presentati per gli amici di Try To Fight! che non ti conoscono.

Ciao a tutti, mi chiamo Max De Michelis, ho 42 anni e pratico il Bjj da più di 10 anni e attualmente sono cintura viola, Rio Grappling Club, sotto il maestro Roberto Atalla. Ho praticato karate per qualche anno e poi da autodidatta jkd e kali. Oggi mi alleno alla palestra Popeye di Livorno, dove insegna la cintura nera Bernardo Serrini. Il mio percorso marziale, per motivi di lavoro, subisce anche lunghi periodi di fermo ma questo non fa che aumentare la mia voglia di migliorare e recuperare quando ho più tempo libero.

Come mai hai deciso di aprire un sito/blog?

Avevo incominciato a postare su facebook alcuni video e qualche considerazione tecnica che ha suscitato l'interesse tra i miei contatti. L'idea di realizzare post più strutturati mi ha spinto ad aprire il Blog.

E' sempre facile essere un editore/blogger oppure a volte arrivano difficoltà? La gente si aspetta performance differenti da una persona con un sito con contenuti profondamente tecnici e didattici come il tuo? Come vivi l'esposizione nel web?

L'unica difficoltà è trovare il tempo per fare le ricerche per i miei lavori, ma lo scrivere su un argomento che mi appassiona, mi aiuta a trovare lo voglia per realizzarli. Trovo stimolanti i consigli e le richieste dei miei amici e lettori e questo è un feedback positivo che mi sprona a proseguire sulla via intrapresa. L'esposizione al web la vivo bene perché nell'aver impostato il blog in maniera impersonale, affido al jiu-jitsu, nelle sue varie manifestazioni, il ruolo principale.
Potremo definirla una scelta editoriale - se mi passate il termine- e in questo mi sono ispirato ai blog d'oltre oceano, molto tecnici e didattici, nei quali i principianti possono trovare video e articoli in grado di integrare le loro conoscenze acquisite in palestra, e le cinture più alte trovare delle novità interessanti da integrare nel loro gioco.


Nel Jiu Jitsu brasiliano ci si confronta sempre, spessissimo, praticamente ad ogni lezione si fa sparring. Come tutti sappiamo, al contrario di ciò che consentono altri sport da combattimento, il Jiu Jitsu permette di testarsi a pieno anche in sparring da palestra, e per mia personale esperienza, devo dire che spesso in palestra si hanno condizioni anche più dure della gara stessa: avversario di età variabile, magari più pesante, di cintura differente, possiamo lottare senza limiti di tempo, l'assenza del computo dei punti porta a cercare la finalizzazione con più veemenza e via dicendo... beh, mi sembrano un mucchio di belle cose! Perché allora cercare il confronto in gara? Ancora più maliziosamente, perché per molti è un’ossessione gareggiare? Cosa non li soddisfa di quello che si fa sul tatami abituale?

Lottare a ogni lezione è un marchio di fabbrica del bjj e l'esclusione di colpi permette di tirare anche al 100%, senza il rischio di farsi male. Il bello del bjj è che si può lottare anche in maniera più soft, divagar, come dicono i brasiliani, e quando non si è in forma, o si viene fuori da un infortunio, si comunica al compagno di allenamento quanta intensità mettere nella lotta.
La prima fase dell'esperienza in un'accademia di Bjj, per chi non ha mai lottato, può essere "traumatica" perché l'idea di "prenderle" da tutti, grandi e piccoli, e a volte, anche da donne, non è piacevole. Superato il trauma iniziale, s’incomincia ad assaporare tutti i benefici di quest'arte. Nel Bjj prima viene l'amaro e poi il dolce.
In palestra siamo a casa e per quanto duro sia l'allenamento, quello che si fa sul tatami è soprattutto imparare e poi competere. Chi, nell'allenamento, mira soltanto a finalizzare non è mai un buon sparring partner e non migliorerà il suo jiu-jitsu, cosa che invece accade a chi, nel tentare nuove tecniche, rischia di essere finalizzato o a chi si mette volontariamente in posizioni difficili per imparare a uscirne. Si può essere un buon jiujitsero senza mai aver fatto una competizione come John Danaher istruttore di Bjj di Saint Pierre o il fratello del famoso Nino Elvis Schembri, Giuseppe Schembri che, se non erro, non ha mai gareggiato in vita sua. Per molti l'agonismo non è neanche preso in considerazione; per altri è un approdo naturale della pratica in palestra; per altri ancora è l'obiettivo principale di tanto sudore buttato sul tatami. Per tutti loro c'è posto in accademia: questo è un altro aspetto positivo del Bjj. L'ossessione a gareggiare credo possa essere ricercata nella sensazione di benessere che molti atleti provano quando sale l'adrenalina e questa sensazione, accompagnata alla gioia di vincere, spinge molti atleti a non perdersi una gara. Personalmente non sono un “animale da gara”, ma -devo ammettere- le forti sensazioni che si provano il giorno della gara, non si provano in accademia.

Il movimento del Jiu Jitsu come lo vedi? Crescita, stallo o sta cedendo il passo alle MMA ormai sempre più indipendenti?

Il jiu-jitsu in Italia è in crescita e il salto di qualità sta avvenendo in questi ultimi anni. Basti pensare all'ultima edizione della Milano Challenge che quest'anno ha visto riunire 540 atleti provenienti da tutta l’Italia. Un record storico che fa ben sperare per il futuro di questa disciplina. Non credo stia cedendo il passo alle MMA, che reputo uno sport in crescita, ormai incamminato su una sua strada indipendente.

Perché secondo te molti praticanti di Jiu Jitsu brasiliano hanno una particolare ritrosia per la difesa personale? Non ritengono il Jiu Jitsu adatto a questo fine, lede la preparazione per le gare, cosa c'è secondo te che non va nello studiare la peculiare difesa personale del Jiu Jitsu (peraltro sempre auspicata dai Gracie)?

I motivi per cui in Italia la difesa personale si pratica poco, o non si pratica per niente, all'interno delle accademie di Bjj, credo siano fondamentalmente tre.

1 - In Italia il Bjj ha subito preso una strada prettamente sportiva, vuoi per la mancanza di maestri brasiliani con un background più orientato alla difesa personale, vuoi perché la fama dei Gracie ha fatto prevalere di più l'aspetto del Vale Tudo.

2 - La difesa personale insegnata nel Bjj non ha lo stesso appeal del Bjj sportivo. Questo perché mentre il secondo, attraverso i campionati si è evoluto in maniera esponenziale, la prima è rimasta uguale a quella che Maeda insegnava ai Gracie e da allora non ha seguito un percorso di evoluzione.

3- Molti istruttori hanno un passato in altre discipline, diciamo più orientate alla difesa personale, e quindi un naturale rigetto per questo tipo di pratica può essere comprensibile. D'altro canto nel panorama delle AM col termine difesa personale possiamo riunire una sterminata serie, la più eterogenea, di stili o pseudo stili che si fa fatica a definire marziali.


Esiste una parte marziale nella tua pratica del Jiu Jitsu? Se sì, quale è?

Personalmente trovo difficile associare il jiu-jitsu al termine marziale. Mi spiego: innanzi tutto, se partiamo dal significato etimologico della parola “marziale” questa ci riporta a Marte, dio della guerra.
Le arti della guerra hanno più a che fare con le armi e con l'aggressione. Il jiu-jitsu, che possiamo considerare tra le prime forme di autodifesa codificate della storia, nasce in India praticata da monaci votati alla non violenza, spinti da esigenze di mera difesa personale per preservare la propria incolumità. Questo secondo me è lo spirito che emana dal jiu-jitsu e, a mio parere, il jiu-jitsu che viene dal Brasile, caratterizzato da grande informalità e "suavità", si presta meglio di quello originario, giapponese, più imbevuto della cultura militarista, a incarnare lo spirito "jiu" ovvero la cedevolezza.


Quali altre discipline ti piacciono oltre il BJJ? E se non esistesse il BJJ cosa praticheresti ora?

Con la pratica del Bjj mi sono naturalmente anche interessato di tutte quelle forme di lotta che possono essere complementari al Bjj stesso, come il Sambo, il Judo e la Lotta libera, però più da studioso che da praticante. Se avessi il tempo e l'età, mi piacerebbe integrarle nel mio jiu-jitsu. Tra le arti di combattimento più contundenti mi piacciono la thai e la Boxe, che non ho mai praticato, ma che reputo assai valide. Se non esistesse, il Bjj sarebbe un vero peccato, e forse, data l'età, mi occuperei di qualche attività ricreativa meno traumatica. Per fortuna il Bjj esiste e spero di continuare a divertirmi praticandolo per molti altri anni.


Il debole che batte il forte. Mito sempiterno delle arti marziali e riacceso dai Gracie stessi con le loro vittorie contro avversario più forti e pesanti. Cosa ne pensi?

Potremmo modificare il detto e affermare che la tecnica batte la forza. E di ciò dobbiamo ringraziare il Bjj. Come ha ricordato il mio maestro, Bernardo Serrini, solo al suolo un aggressore più forte può essere messo in grado di non nuocere. In piedi puoi camminare o correre. In acqua o nuoti o affoghi, e il suolo è come il mare: se non sai nuotare non sopravvivi. In accademia si assiste ad apparenti miracoli come veder finalizzare compagni di lotta molto più pesanti; per non parlare degli open dove un Marcelo Garcia ha potuto battere un Rico Rodríguez.

In passato ti sei avvicinato al Kali e al JKD, perché e come è successo?

Mi ci sono avvicinato dopo aver lasciato il karate tradizionale spinto alla ricerca di qualcosa di più efficace. L'incontro con i libri di Bruce Lee mi ha mostrato una visione più aperta, e meno tradizionalista delle arti marzial,i che mi ha incuriosito. A questo è seguito lo studio dei video di Bruce Lee, la lettura dei suoi libri e la scoperta degli stili filippini per opera di Dan Inosanto. Del mondo dell’jkd non mi sono mai piaciuti il settarismo e le diatribe tra “original” e “concept”, quelle tediose dispute che avevano diviso il karatè tra sostenitori della versione sportiva e di quella tradizionale. Anche da questo punto di vista, il Bjj si distingue perché, se è vero che esiste una divisione tra Gracie jiu-jitsu e Bjj questa non ha mai dato il pretesto per divisioni interne. Il bello del Bjj è che la stessa tecnica, eseguita da vari maestri, sarà diversa ma sarà sempre jiu-jitsu. A nessuno verrà mai in mente di distinguere il jiu-jitsu in stili in base alle preferenze del singolo maestro (l'eccezione che conferma la regola è Eddie Bravo). Non è il praticante che si adatta al Bjj ma il Bjj che si adatta al praticante.

Cosa significa per te “provare a combattere”?

Ho iniziato veramente a "provare a combattere" solo dopo aver iniziato la pratica del Bjj: lottando con compagni non collaborativ,i ho iniziato a esplorare i miei limiti e a rafforzare il mio carattere.
Penso che il Bjj sia un modo per tutti per "provare a combattere, dai 5 ai 90 anni - età in cui Elio Gracie ancora si allenava - E' indicato anche a chi, per timidezza o debolezza fisica, può trovare difficile l'idea di fare una disciplina più traumatica dove sono previsti i colpi. Persino il karate, che si definisce un’arte votata alla difesa personale, e che inizia ogni kata con una parata, è costretto a usare colpi per rispondere a un eventuale aggressore. Il Bjj realizza il precetto di “vincere senza combattere” perché, come dice Steve Maxwel,l è lo stile più umano per controllare un aggressore. Decidi tu quanta intensità mettere in un controllo o in una finalizzazione.


Cosa ti piace di Try To Fight?


Di Try to Fight ho trovato interessanti i contenuti degli articoli e mi auguro che in futuro altri appassionati di Bjj aprano blog così come già da anni accade in America e in Gran Bretagna, dove lo scambio d’idee è un terreno fertile per la realizzazione di post molto interessanti. Ho trovato interessanti il post sulla Nike fobia, su cui, da tempo, sto raccogliendo materiale, e che a suo tempo pubblicherò. Un altro articolo che mi ha incuriosito è "competere e combattere" e dal quale ho tratto spunto per la realizzazione di un prossimo post.

Chi ti senti di ringraziare per il tuo percorso marziale?

Tutti i maestri e i compagni di viaggio dai quali ho imparato e con i quali ho condiviso sudore e fatica.