Uno dei messaggi che più mi piacerebbe dare attraverso queste pagine è il rispetto tra le diverse arti marziali e i diversi praticanti. Senza essere inutilmente ipocriti dobbiamo riconoscere che troppo spesso nei più disparati ambiti marziali e di combattimento si fa uso del dileggio, della derisione, del sorrisino ironico, dello scherno, dell'irriverenza verso discipline diverse dalle proprie. Troppo spesso senza perdere troppo tempo a capire che ogni disciplina marziale ha una sua precipua finalità, un suo preciso range d'uso, una sua precisa ragione d'essere, dalla bonaria irriverenza si passa all'offesa, alla calunnia, allo scredito, alla diffamazione, alla volgarità. Persone che in fondo sono colleghi, appassionati della stessa materia, degli stessi motivi di fondo della pratica, si dividono, e con le suddette maniere, si ledono vicendevolmente. Dalle inutili chiacchiere su chi è più efficace fino al turpiloquio. Ecco allora, con un brivido di disgusto e di vergogna perché probabilmente anche io ne ho fatto colpevolmente parte per volontà o per connivenza, qualcosa che definirei il circolo dei cazzari.
Proverò ad esemplificarlo, il circolo dei cazzari. I maestri delle arti marziali “interne”, energetiche, esoteriche, meditative, laddove respirare correttamente è una severa arte sono cazzari per gli altri tradizionalisti un po' più vivaci e saltellanti, che scalciano, saltellano e fanno esplodere i loro corpi negli abiti tradizionali per avere quel meraviglioso feed back auditivo che è lo scroscio del Gi (kimono). Per coloro che si dedicano ad attività non tradizionali, moderne, dedite allo scontro reale, alla difesa personale i vivaci e saltellanti tradizionalisti sono dei cazzari obsoleti, che dedicano tempo a pratiche irreali, anacronistiche, ritualizzate ed inutili in un confronto reale. Questi ultimi per coloro che si cimentano amatorialmente nello sparring, di qualsiasi disciplina sia, sono degli abili coreografi, dei creatori di scenari falsi che si trincerano dietro il combattimento reale per non combattere affatto. Per gli agonisti, forti delle loro gare e dei loro riconoscimenti, lusingati dalla prova dei fatti sportiva, chi non si cimenta nell'agone del gareggiare e del darsele non per allenamento ma per vincere, semplicemente non è un guerriero, è un praticante di serie B, un bimbo che gioca, ma gioca solamente, al gioco dei grandi. Per quanti combattono pesantemente, sputando magari sangue dalla bocca ed espirandone, gli agonisti di talune discipline, sono, con tutta l'ironia possibile, dei bravi “atleti” che, sì, sì si impegnano ma non sono paragonabili a chi si porta a casa il viso diverso da come da casa era uscito, non sono guerrieri, no, neanche loro. Per chi ha accesso ai riflettori, alle riviste, ai fasti delle lingue carezzevoli dei cortigiani, ai palazzetti dello sport tutti per loro e il loro incontro, per chi è internazionalmente noto per le sue gesta, quelli della faccia pesta hanno un bel coraggio a parlare dei loro visi, perché loro, e non gli altri, non sanno neanche se portano a casa la pelle, per loro combattere è una professione. Per i maestri della marzialità interna, energetica, respiratoria, esoterica e meditativa queste star sono cazzari dall'ego esorbitante e dai problemi affettivi irrisolti che li portano a picchiarsi per l'effimera gloria perché a questi, dicono, non rimarranno che laceranti ferite, a questi non rimarrà nulla della loro pratica che sarà, nel contesto dell'esistenza, della durata di una fiamma di cerino; cazzari dunque, perché la marzialità non ha bisogno di prove impossibili a dimostrarsi, chi vuol dimostrare qualcosa usi la fisica o la matematica, non le arti marziali che hanno come basi l'uomo.
Il circolo dei cazzari si chiude così, anche se in verità potremmo percorrerlo al contrario, perché non solo i primi citati dànno infine dei cazzari agli ultimi, ma nei vari livelli si dà dei cazzari a quelli dei livelli precedenti ma anche successivi, perché, regola aurea del circolo, nessuno ha realmente rispetto di nessuno.
C'era un modo di dire, una battuta, che rende bene l'idea della situazione e riguardava le nostre abitudini italiche alla guida: chi va più piano di noi è un rincoglionito, chi va più veloce è un irresponsabile figlio di puttana.
Molti sono preoccupati di quando evolveranno, per esempio, di cintura. Io sono preoccupato di quando questi e me medesimo evolveremo come uomini.
E tu a chi dài del cazzaro?
… O se preferisci: Tu che cazzaro sei?