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mercoledì 20 luglio 2011

Forse è una mia presunzione, e se è così mi scuso da subito. Forse sopravvaluto le mie capacità di interpretazione e, ancora, se così mi cospargo il capo di cenere. Forse sbaglio ma mi sembra proprio che un certo imbarazzo stia pervadendo il mondo del Jiu Jitsu, mi sembra proprio che una certa insofferenza sia diffusa tra i praticanti. Mi pare, se ben vedo, che questo mondo del Jiu Jitsu si stia sempre più chiudendo in un piccolo circolo elitario, al quale sono invitate sempre le stesse persone e con le stesse caratteristiche.

Credo di vedere l'imbarazzo per la confusione della finalità di queso Jiu Jitsu: Sport? Difesa Personale? Gi? No Gi? Per tutti? Per professionisti? Per pochi? Per competizioni? Sport da combattimento o arte marziale?
E altre domande ancora. Il fine è confuso e con esso non sono chiari i mezzi con i quali eventualmente raggiungerlo.
Non è chiaro cosa insegnare e come insegnarlo. Non è chiaro il sistema di graduazione: ormai per sapere qualcosa di qualcuno non rimane che combatterci. Cintura per agonisti, cintura per dilettanti, cinture per amatori, cinture "ad honorem". Il colore della cintura non spiega più nulla. Persone con impressionanti background vestono cinture impressionantemente basse e scolorite. Persone con grande esperienza e anni di tatami reclamano invece una cintura superiore. Cinture di un colore così poco chiaro da doverlo affiancare ad un termine chiarificatore: agonista, non agonista e via dicendo.
Se sport da combattimento deve essere che sia almeno fatto bene, mi pare di sentire mormorare. Basta con i mattatori di categoria, chi vince cambi subito cintura e sia introdotta la formula della "manifesta superiorità" che garantisca il livellamento tecnico quantomeno delle cinture più basse. Basta, mi pare di sentire da alcuni, con i professionisti mascherati che dominano e che di fatto non possono competere con chi il giorno dopo deve alzare una serranda o andare in ufficio o caricarsi pacchi. Si faccia allora come nella Boxe e affini. Le persone devono essere divise per numero di combattimenti fatti e/o gare vinte e per categoria dilettanti e professionisti. O per serie come nel Grappling Figrmma. Le attuali categorie non garantiscono nulla.

Da Rickson a Helio, ai praticanti che incontro o che leggo. Un certo scontento aleggia, una sensazione di rivoluzione finita, come spesso capita, nella restaurazione di vecchi sistemi. Sensazione di occasione persa.

Se arte marziale deve essere che sia almeno seria e con un briciolo di etichetta e con un minimo di attenzione per chi ha una certa età e il GH in stallo da anni e il testosterone calante. Se arte marziale deve essere che si faccia sapere ad un quarantenne se è possibile, e se sì come prendere, una cintura nera. Se arte marziale deve essere si istituisca il professionismo per chi gareggia ad alti livelli. Se arte marziale deve essere basta, ma davvero basta, idolatrare atleti palesemente dopati.
Si è arrivati alla pazzia di veder vincere un mondiale uno a cui era stato rotto il braccio con una legittima tecnica di gara. Non è bastato evidentemente per vincere, rompergli un braccio.

Comunità strana quella del Jiu Jitsu, anche dall'alto. Il regolamento internazionale a punti non piace a molti, a nessuno in verità quando si parla di "combattere da uomini". I vantaggi, i ribaltamenti, il tempo, le categorie di peso, le tattiche per mandare in stallo... sì, pare proprio che a molti non piaccia. Eppure non si muove una foglia. Poi un campionato europero per le cinture bianche, che guarda caso sono sempre le più numerose. Devono essere davvero in tanti ad aver intrapreso il cammino del Jiu Jitsu se ci sono tutte queste bianche o neo blu... eppure sempre le stesse facce.


Helio è morto, a Royce non piacciono le gare, a Rickson gli girano le palle... io pure non mi sento molto bene. (ok è una vecchia battuta di Woody Allen).