Sarà una mia convinzione bislacca. Sarà che in fondo sono uno scettico di natura. Ma sono profondamente convinto che in molti casi i nostri istruttori di arti marziali eccedano in zelo e si prestino a pratiche più esotiche di quelle praticate nell'esotica patria della disciplina. Sono convinto che l'aria di segretezza, di rivelazione, di conoscenza piramidale che porta all'illuminazione sia una nostra interpretazione, magari pure basata su qualche film, che non ha niente a che vedere su ciò che realmente accade in Cina. Così come da ciò che vedo sul web in Cina, mi pare, che negli allenamenti non si usino sempre abiti tradizionali, cosa che noi qui invece è d'obbligo in molti corsi.
Scimmiottiamo pateticamente le pratiche orientali, atteggiamento che, come diceva Francesco Guccini, da noi spesso nasconde solamente vuoti di pensiero. Laddove manca un'identità si prende a prestito quella che si immagina sia del lontano oriente. La impoveriamo, la occidentalizziamo, passivamente però, la depauperiamo dei contenuti più alti aumentando invece le formalità. Vedo filmati di dojo giapponesi e sono convinto che urlano un decimo dei nostri, foneticamente, "Oss". Sono convinto che si sentono meno Ken Shiro o meno Ryu del videogioco "street fighter". Vedo orientali che apprendono serenamente, in un clima talvolta disteso e ridente e vedo qui da noi insegnare col cipiglio del sergente istruttore di "Full Metal Jacket" pensando che gli orientali facciano così. Popolo di attori, di macchiette, di caratteristi che gioca al giapponese, al cinese, al coreano, senza averne conoscenza antropologica.
Leggiamo l'hagakure e pensiamo di sapere tutto sui samurai, facciamo un viaggio in oriente e torniamo che facciamo finta di sapere tutto di tutto sugli orientali, quando in realtà non conosciamo neanche gli italiani.
Draghi, dragoni, mantidi, tigri...e quanti cani.
Essere più orientali degli orientali
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