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lunedì 21 marzo 2011

Fare chiarezza su questi tre temi in un singolo post è impossibile. Probabilmente lo è anche con trattazione ancora più ampia. Se questo è vero, proviamo a dare al lettore qualche consiglio molto pratico su temi delicati, spesso incompresi o ad uso per gli abracadabra dei maestri, che in realtà ne sanno meno del vostro postino.
Concentrazione. Durante il combattimento o la pratica marziale non sempre è facile rimanere concentrati. Ambienti rumorosi, l'affiorare di sentimenti competitivi e la conseguente dimensione di tensione, ci  impediscono di rimanere focalizzati correttamente. Ma cosa significa rimanere focalizzati correttamente? vediamo un po' qualche scuola di pensiero.
Tutti noi conosciamo la barzelletta didattica del millepiedi, che quando si chiese come faceva a coordinare il movimento, non seppe più camminare. Esperienze una volta intime, ormai divenute evidenza scientifica, come la trance agonistica ci danno una prima panoramica di uno stato positivo mentale. L'azione del combattimento, non è più un fatto legato alla nostra razionalità, alle scelte ponderate, ma diviene un flusso ininterrotto, privo di pianificazioni intermedie. Ciò significa che chi entra in trance agonistica vive i seguenti stati:
Concentrazione totale sul compito: un alto grado di concentrazione in un limitato campo di attenzione (la persona non ragiona su passato e futuro ma solo sul presente).
Perdita dell’autoconsapevolezza: il soggetto è talmente assorto nell'attività da non preoccuparsi del suo ego.
Distorsione del senso del tempo: si altera la percezione del tempo. Non si rende conto del suo scorrere.
Retroazione diretta e inequivocabile: l'effetto dell'azione deve essere percepibile dal soggetto immediatamente ed in modo chiaro.
Piacere intrinseco: l’azione dà un piacere intrinseco, fine a se stesso.
Questi sono i markers della trance agonistica, desunti dalla codificazione di Csikszentmihaly, che ho ritenuto pertinenti con lo sport.
Per arrivare a questo stato in ambito di programmazione neuro linguistica si consiglia spesso l'utilizzo di ancore. Potremmo definire le ancore come gesti, sensazioni, nostre immaginazioni, azioni, che si associano inesorabilmente ad uno stato emotivo. Cos'è il saluto nelle arti marziali orientali se non un'ancora? Un modo per suggerire alla nostra mente che inizia un tipo di esperienza che necessita di un certo stato mentale e un modo per sancirne la fine. Ma l'ancora può essere anche un toccarsi il naso, un modo di respirare, o lo scambiarsi il saluto prima dello sparring. Esistono esercizi appositi per legare uno stato d'animo ad una azione mentale o reale.
Nella cultura giapponese la concentrazione viene descritta con due termini: mushin e zanshin. Ci limiteremo a dire che questi termini (come riportato nel manuale dei Maestri Folgori e Cervini) designano uno stato mentale di concentrazione sul tutto, senza privilegiare nulla.
La respirazione. La respirazione è una di quelle pratiche che più spesso ci danno a bere, con suggerimenti privi d'ogni fondamento, insegnanti incompetenti. 
La tecnica di respirazione più nota potrebbe essere, visto il suo svariato campo di uso, quella diaframmatica. La respirazione diaframmatica, per chi come me ha studiato Training Autogeno con qualificato dottore, è nota e di facile utilizzo. Non sempre lo è perché si è irrimediabilmente viziato su una respirazione toracica. Vediamo di sintetizzare. Per scoprire la respirazione diaframmatica possiamo fare un semplice esercizio. Sdraiarci, porre le nostre mani sull'addome, e respirare profondamente percependo la dilatazione dell'addome causata da questo tipo di respirazione. Già questa semplice pratica è rilassante. La possiamo usare dunque in procinto di un evento stressante. Durante il combattimento, per chi fa sport ove si colpisce, la tecnica di respirazione è nota e corretta. Espellere l'aria durante l'esecuzione attiva dei colpi. Insieme all'espulsione coatta dell'aria alcuni suggeriscono una vocalizzazione, ovvero un suono, una soffio di voce, che esce con l'aria. Questo è il senso della pratica del Kiai (volgarmente, l'urlo delle arti nipponiche).
Rickson Gracie
Chi è a corto di tecniche sensate ci consiglia di nascondere la nostra respirazione. Niente di più errato! La respirazione dovrebbe essere sempre automatizzata e soprattutto mai limitata. Peraltro questo suggerimento, espresso col fine di non far percepire la stanchezza all'avversario, diviene uno dei tanti ostacoli circa la naturalezza del gesto marziale che conseguentemente ci impedirà la trance agonistica. Semmai il consiglio dovrebbe essere opposto, ovvero essere in grado di percepire la stanchezza dell'avversario che verosimilmente può non essere edotto sulle tecniche di respirazione e capire quando sta respirando affannosamente e quando invece gestisce il suo ossigeno. Una tecnica utile anche per chi lotta, da utilizzare anche solo per brevi periodi è la respirazione percussiva. Questo tipo di respirazione consiste nel frazionamento forzato, diaframmatico e secco, degli atti respiratori. Possiamo dunque dividere l'inspirazione in 2-3 o 4 colpi secchi e fare altrettanto con l'espirazione. Altresì possiamo inalare normalmente e espirare frazionando. Diverse persone che hanno fatto sparring con Rickson Gracie riferiscono, come riportato in link "respirazione percussiva", come Rickson sia estremamente rumoroso nella sua respirazione. Talvolta con un po' di attenzione si percepisce anche nei suoi incontri. Fate pure rumore quando combattete anche se vi hanno consigliato di "tacere" la vostra respirazione, se l'avversario pensa di aver capito qualcosa sul vostro stato per questo avrà un'amara sorpresa, Rickson garantisce.
Alla fin dei conti possiamo dire, che andrebbero evitate le apnee prolungate, che al massimo dovrebbero essere un momento durante uno sforzo massimale (utile a tenere la giusta pressione sulle vertebre) e consigliare di respirare spontaneamente a chi non abbia pazienza di provare su sé stesso o non conosca realmente tecniche di respirazione. Una respirazione spontanea è migliore di una forzata e improvvisata.
Meditazione. Parleremo qui di meditazione con un approccio un po' differente da quello usuale. Con questo termine designeremo quelle tecniche esterne al combattimento vero e proprio per migliorare il nostro "mental game". Una prima tecnica è quella della visualizzazione. Visualizzare produce un'esperienza estremamente significativa, simile a quella reale. Visualizzarci sia in prima persona (associati) che dall'esterno (dissociati) mentre eseguiamo delle tecniche o mentre combattiamo è un allenamento vero e proprio. Uno studio riportato nel libro pnl per lo sport dimostra questa teoria. Due gruppi di giocatori di basket furono allenati alla pratica dei tiri liberi. Uno con la pratica reale, l'altro si allenò con la visualizzazione. I risultati mostrarono gli stessi miglioramenti per entrambe i gruppi. Altra tecnica particolarmente utile per chi studia difesa personale è quella suggerita dal Dott. Viscione, qui recensito, della visualizzazione pubblica. Consiste nell'immaginare una nostra azione in una situazione reale, ovvero mentre magari camminiamo per strada e ci viene incontro una persona. Immaginiamo dunque, per esempio, un'azione della persona che viene verso di noi e una nostra reazione. Occhio a non picchiare nessuno però, sarà poi difficile spiegare che stavate visualizzando!
Un modo di meditazione in movimento potrebbe essere il Taijiquan o l'esecuzione delle forme proprie della nostra arte marziale o, ancora una camminata, nella quale riviviamo le tecniche che vogliamo migliorare.