A mio giudizio la didattica delle arti marziali in Italia versa in condizioni pietose. Vengono riproposti riscaldamenti da documenterio di regime dell'istituto luce, vengono usati tecniche obsolete e, per chi ha un mimino di cultura in materia, anche ormai smentite dalla scienza come lo
stretching balistico. Le lezioni seguono schemi odiosamente ripetitivi, vengono fatti grossolani errori di valutazione nell'allenamento di alcuni distretti muscolari (uno per tutti il sempiterno mito degli
addominali alti-bassi e chi più ne ha più ne metta). In alcuni corsi "old style" la situazione è ferma a venti, se non più anni fa. Un po' di tempo fa andando a trovare un conoscente insegnante di Karate (di quelli che hanno corsi dai 4 anni in su, ad arrivare al corso
parrucche bianche) vidi un coacervo immondo di errori grossolani. La dannosissima corsetta circolare su materassima morbidissima, letale per le ginocchia, il buon vecchio stretching balistico a dondolo, addominali alti, bassi, medi, semicentrali, quelli di su, quelli vicino
ndo te senti meglio. Poi calcetti bassi di slancio, in scioltezza, giusto per usurare il già massacrato femorale e per chiudere in bellezza l'improbabile stretching per l'addome a mo' di gatto che si stiracchia.

Dal caso specifico al generale la didattica delle tecniche non va meglio e segue lo schema Hegeliano di tesi-antitesi-sintesi. La tecnica viene spiegata, il compagno di allenamento te la corregge (antitesi), per quell'eterno equivoco che scambia la collaborazione con l'indebita competenza, fino a chiudere con la nostra tecnica finale che abbiamo adattato alle teoria del compagno prodigo di consigli solo per non sentirlo (sintesi), secondo la teoria forse prettamente romana del
tu dije de sì. L'istruttore troppo impegnato nello scrutarsi sugli immancabili specchi, ci guarda in balia del compagno saccente e sembra dirti "guarda ho staccato dal lavoro mezz'ora fa, ora non mi chiedere anche di dire al tuo amico che dice un mucchio di stronzate!".
La didattica poggia su una solida base, dunque. Io mostro, voi rifate, anche se poi sotto sotto non vi vedo.
Nel caso degli sport da combattimento si segue il modello Rocky: corsa con le fascette, i più sicuri possono mettere anche il cappuccio della felpa sulla testa, corda tesa e giù e montante, giù e montante, cambiando di lato fino ad arrivare all'esercizio della corda vero e proprio, importante certo, ma non più di saper tirare un jab. Lo giuro, non lo scrivo per l'enfasi del racconto, una volta un tale mi fece vedere come faceva bene la corda e le varianti. Frequentava un corso di boxe e non sapeva di fatto boxare, ma la corda segue il modello didattico Rocky e quindi era fiero di mostrare la sua abilità.
Talvolta il didatta marziale incompetente, vuole apparire anche sofisticato. Così mi capito che quello della palestra di Karate per paninari anni '80, mi disse che parlava giapponese. Dopo tre minuti, parlando di una tecnica del Ju Jitsu tradizionale, mi dice che era un
kata guruma (era un
irimi nage). Come tutti i veri cazzari il nostro poliglotta si addentra anche in una spiegazione: "Vedi
kata guruma significa forma a ruota.
Kata forma,
guruma ruota, quindi forma a ruota". Ora, io so, sebbene l'università ancora non mi abbia dato l'alloro, che il giapponese è pieno di omofoni. E
kata è uno di questi. Nella fattispecie significava spalla, tant'è che la tecnica è una
ruota sulle spalle . Mi vergognai sinceramente per lui e non ebbi il coraggio di dirglielo.