Secondo Carol Dweck, psicologo statunitense, esistono sostanzialmente due forme di percezione del "sé" relative all'intelligenza: La teoria dell'entità e la teoria incrementale.
Questo sono le due teorizzazioni di base che un individuo compie circa la propria intelligenza e le proprie prestazioni.
Nella prima teoria il soggetto vive le proprie abilità intellettive, e le sue prestazioni in generale, come qualcosa dato dal mito del "talento innato". Il soggetto che ha questa percezione delle sue prestazioni, con i suoi successi ed insuccessi, pone quindi la sua persona stessa in discussione ogni qualvolta manifesta il proprio intelletto o questo viene messo alla prova.
Il secondo tipo, il soggetto in cui è radicata la teoria implementale, crede che l'intelligenza e le prestazioni non siano un valore fisso, ma qualcosa di modificabile attraverso l'impegno.
Secondo gli studi ed esperimenti pratici di Dweck (riportati e approvati da Gladwell in funzione della teoria distruttiva del "mito del talento") questi modi di percepirsi saranno la chiave di come la persona accetterà o rifiuterà nuove sfide.
Dagli studi effettuati emerge questo: coloro i quali erano stati persuasi che i propri risultati dipendessero dalla propria intelligenza e dalla propria predisposizione innata, tendevano a rifiutare, anche in presenza di ottimi risultati pregressi, nuovi e più difficili test. In caso di fallimento tendevano ad abbandonare l'attività in esame. Quanti invece erano stati persuasi che il loro risultato nei test dipendesse dal loro impegno erano, invece, felici di iniziare sempre nuove e più difficili sfide. Ma non è tutto!
Il tipo "prestazione entità" oltre a tendere alla rinuncia sia in presenza di successo che di insuccesso, tendeva anche a mentire e a ritoccare verso l'alto i propri risultati nei test, se interrogato su questi.
Nella visione dell'entità, ogni prova è vissuta con un atteggiamento ansioso e insicuro perché il soggetto sente di mettere alla prova tutto sé stesso ed estrarrà dalle sue prestazioni valutazioni circa le proprie capacità, secondo lui, immutabili. Questo tipo di persone non crede di poter migliorare le proprie performance, poiché esse sono date da fattori innati.
Il tipo "prestazione incrementale", ovvero colore prestazione=impegno/studio, sia in presenza di successo che di insuccesso erano disposti a rimettersi in gioco, a subire nuove sfide e a migliorare la propria persona attraverso studio e impegno nella ricerca di nuovi stimoli.
possiamo modificare la nostra percezione?
"In particolare a un gruppo di bambini furono letti testi che parlavano
di personaggi di spicco come Albert Einstein attribuendo i loro
risultati a capacità innate, mentre ad un secondo gruppo venne proposta
la lettura di brani che attribuivano gli stessi risultati a capacità
acquisite. Lo studio effettivamente mise in evidenza che i bambini, in
compiti affrontati subito dopo la lettura, tendevano a porsi obbiettivi
coerenti con la visione dell'intelligenza suggerita dal brano che era
stato loro letto. Venne quindi concluso che la teorie implicite
dell'intelligenza possono essere, almeno temporaneamente, modificate."
e per concludere:
E' interesante notare che all'origine di una sicurezza orientata alla
padronanza oppure di un senso di vulnerabilità e impotenza. possono
esserci le risposte che i bambini ricevono dagli adulti, come, a
esempio, differenti tipi di critica o di lode. Secondo il modello
proposto, infatti, critica e lode possono essere formulate in modi
diversi: la critica che valuta i tratti del bambino e lo giudica nel suo
complesso può rendere i bambini più vulnerabili quando in seguito si
trovano ad incontrare delle difficoltà, mentre la critica focalizzata
sull'impegno e sulle strategie dovrebbe favorire una risposta orientata
alla padronanza anche di fronte ad un insuccesso. Anche la lode viene
considerata come qualcosa che può creare vulnerabilità. Analogamente
alla critica, bisogna infatti distinguere una lode che riguarda la
persona da quella che riguarda la strategia: se per un compito svolto
correttamente il bambino riceve una lode che riguarda la persona nel suo
complesso, lo stesso bambino nel caso in cui, in seguito, non dovesse
riuscire a svolgere un compito può temere di essere giudicato
globalmente in modo negativo.
Una piccola analisi personale e del tutto empirica riguardante il combattimento. Quanto esposto è drammaticamente vero anche nella mia esperienza. Non che dubitassi della bontà degli studi, ma vederli così fortemente confermati mi ha stupito.
Nel mio vissuto ho notato quanto segue. Gli istruttori che convincono i loro allievi che i loro risultati siano dovuti al loro talento creano persone che non combatteranno mai. Coloro che vincono glorificando il proprio talento, non si vorranno più confrontare. L'istruttore che pone per sé stesso la convinzione "talento innato", la estende sistematicamente a tutto il gruppo. Ma ancora di più! Ho notato che lo stesso accade per il "sistema" o arte marziale che i praticanti allenano. Coloro i quali allenano una disciplina in cui il pensiero comune è prestazione proporzionale all'impegno non saranno mai indispettiti dal confronto. Quanti invece allenano sistemi "infallibili", discipline in cui il praticante ripone fiducia cieca nel sistema stesso e se ne sente veicolo per osmosi, non combatteranno mai e non vorranno confrontarsi.
fonti
http://www.scienzedellamente.it/articoli/approfondimenti/30-il-modello-delle-teorie-implicite-dellintelligenza-di-dweck.html
http://www.gladwell.com/2002/2002_07_22_a_talent.htm
http://en.wikipedia.org/wiki/Carol_Dweck
http://en.wikipedia.org/wiki/Malcolm_Gladwell
Abilità fissa VS abilità variabile. Genesi dell'insicurezza del praticante.
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