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venerdì 3 agosto 2012


C'è qualcosa di davvero potente ed evocativo nelle olimpiadi. Basti pensare all'uso che ne hanno fatto i totalitarismi. All'importanza che attribuiva Hitler ai giochi olimpici di Berlino del 1936, per i quali commissionò a Leni Riefenstahl l'epico docufilm Olympia. O si pensi all'Urss: gli atleti russi erano sconosciuti fino alla guerra fredda e un paese senza una cultura sportiva divenne di colpo competitore per la vetta del medagliere olimpico. Si veda oppure la Cina attuale, uno strano paese ove sono state fatte nefandezze di ogni tipo per organizzare le Olimpiadi del 2008 e dove le donne autoctone attualmente nuotano più veloce degli uomini.
Potere del pathos olimpico. Ribalta anche le leggi di natura.
Divenire uno sport olimpico è un grande affare politico ed economico e come tale dovrebbe interessare a due sole categorie di persone: gli affaristi e i politici.
Lo sportivo no, non ne cava nulla dalle olimpiadi e dall'eventuale inserimento del proprio sport come sport olimpico.
Le olimpiadi hanno fatto tappa nei peggiori regimi della storia dell'umanità. Nel 1936 a Berlino, nel 1980 nell'ex Unione Sovietica fresca di invasione dell'Afghanistan, nel 2008 in Cina. Ma anche i democrazie/regimi immaturi come in Messico nel 1968, ove poco prima delle olimpiadi furono massacrati e uccisi oltre cinquanta studenti che scendevano in piazza per protesta politica. O come accadrà nell'immatura democrazia brasiliana con i giochi del 2016.
Se esiste un regime, un'economia emergente, un potere forte da supportare, beh, possiamo starne certi: vi faranno tappa le olimpiadi.
Paradigma del tutto i giochi olimpici del 1996 ad Atlanta. Il romantico centenario olimpico sarebbe dovuto spettare di diritto ad Atene. Ma il Comitato Olimpico Internazionale optò decisamente per Atlanta, dove uno dei più grandi partner economici delle olimpiadi, la Coca Cola, avrebbe potuto foraggiare i politici e gli affaristi del CIO (Comité International Olympique ). Gli americani che tornavano dal Golfo per far poi tappa nei Balcani avevano anche tanto bisogno di un'”operazione simpatia” e di un buon affare. Per evitare di sganciare bombe per far fronte alla crisi da sovrapproduzione ciclica niente di meglio che una bella olimpiade all'insegna della bevanda simbolo del capitalismo Yankee.
Qualcuno vorrebbe farci credere che le olimpiadi sono una manna per gli sport e si usano diverse argomentazioni. Una ad esempio è la severità dei controlli olimpici sul doping. Nulla di più falso. Le olimpiadi sono state e sono il laboratorio per le cavie umane dei regimi di ogni tipo sotto l'occhio socchiuso del CIO. Tutti sappiamo oggi delle scuole di “cultura fisica” dei regimi dell'Est dove gli atleti, indottrinati, privati della loro personalità e soprattutto pesantemente dopati facevano da gagliardetto umano per i loschi scopi propagandistici della politica internazionale. Casi come quello di Andreas Krieger, atleta della DDR nel lancio del peso diventato uomo in seguito alla somministazione di anabolizzanti e ormoni maschili o Ute Kraus, nuotatrice, soggetta per anni a bulimia e depressione per gli stessi motivi. Teneri mostri creati da autentici mostri. Affaristi e politici.
Basti vedere la nuotatrice cinese metà donna metà motoscafo Shiwen, di Londra 2012, che nuota più veloce dei maschietti e il CIO bonaccione non sembra prendere provvedimenti.
Altri sostengono che l'ingresso tra gli sport olimpici sia una vetrina di cui godranno tutti gli appassionati degli sport eventualmente ammessi. Falso. I più grandi movimenti economici sportivi se ne fottono delle olimpiadi come ad esempio il Calcio, il Basket o la Formula 1 che sono semplicemente tra gli sport più ricchi del mondo. Le olimpiadi sono uno spettacolo a sé, il singolo sport semmai viene massificato e generalizzato, omologato in una generica e falsa logica olimpica per cui ogni sport ha dei valori comuni. Ci pensa l'italico canoista che fresco di medaglia ci ha spiegato che gli sport in generale non hanno punti in comune e non si amano “ nel calcio serve una palla, nel mio sport due”.

Parte seconda