Try to fight! nacque prima di tutto avendo chiaro quello che non doveva essere: non doveva avere fini commerciali, non doveva essere il sito di un fan di una singola disciplina, non doveva essere uno sterile notiziario e non doveva essere uno dei tanti diari personali della rete. Unico dovere: doveva avere rispetto per tutte le discipline marziali.
Chiarito quello che non doveva essere, mossi le prime righe da alcune mie considerazioni sugli sport da combattimento e sulle arti marziali, considerazioni che credevo e credo condivise, magari anche segretamente, da molti.
Posso sintetizzare il pensiero fondamentale così: Nelle discipline marziali e negli sport da combattimento ci sono persone che non combattono affatto e c'è tutto un mondo di persone che si fa bello di una marzialità parolaia, in realtà mai provata e mai messa in discussione. Sia chiaro, non alludo solamente ad alcuni praticanti di arti marziali ultra-tradizionali o di difesa personale ma anche a tutti quei praticanti di alcuni sport da combattimento che non fanno altro che fare sacco e figure nelle maxi-palestre dei mega centri fitness generalisti. Ne ho scritto ad esempio nell'articolo “iscriversi in palestra per provare a combattere”.
Dall'altra parte invece ci sono coloro che se le dànno di santa ragione, professionisti o agonisti, persone sopra la norma, combattivamente parlando, persone fuori dal comune con corpo, coraggio, sprezzo del dolore, stile di vita, assolutamente inadottabili come modello.
Paradigmatica della società italica la situazione marziale: due opposti estremismi. Entrambe faziosi, convinti di possedere la verità quella vera, ma vera davvero, entrambe sprezzanti vicendevolmente.
Partendo da questa considerazione mi venne da pensare che c'erano un mucchio di persone, me incluso, che non si rispecchiavano né nell'uno né nell'altro schieramento. Persone che semplicemente bramosi di provare a combattere non si trovavano bene con i primi per mancanza assoluta di combattimento e stentavano a mantenere il ritmo dei secondi, così distanti dagli uomini comuni con umani giorni storti, mogli, compagne e ragazze rompi palle, lavoro, serrande da alzare e abbassare, vita sociale, faccia da dover presentare intatta a lavoro.
Ora, se i primi rifiutavano la logica del provare a combattere i secondi, mi ripeto, erano obiettivamente un modello inarrivabile, vuoi anche solo per età (non tutti iniziano l'agonismo a sedici anni per esempio), per impegni del quotidiano.
Nel mezzo persone comuni dunque, praticanti, ora vilipesi come uomini da dogmi, abracadabra, rituali, gerarchie, ora ridimensionati dalla partecipazione a mondi marziali dove sono presenti veri e propri superman.
La prima idea che mi venne fu quella di iniziare pian piano a caricare video, ove mostravo le ordinarie prove di combattimento di un uomo ordinario. Niente di spettacolare effettivamente, anzi spettacolare doveva essere proprio vedere una persona normale confrontarsi in un contesto informale. Un po' come nell'intento originario dei reality show (prima di perdersi negli abissi) lo “spettacolo” doveva venire proprio dall'osservazione della persona qualunque che nel mondo dei fenomeni diventa per contro spettacolare eccezione. Ovviamente i combattimenti non dovevano essere monotematici, altrimenti sarebbe bastato vedere una gara parrocchiale di qualsiasi disciplina, dovevano mostrare persone che si provavano in diversi regolamenti, in diverse abilità e anche in regolamenti inesistenti creati ad hoc per confrontarsi semplicemente. Nell'intento originario infatti dovevo spaziare dal combattimento armato a degli pseudo sparring di MMA, per capirci. Mostrare dunque che per provare a combattere non bisogna essere degli specialisti, se si vogliono prendere due guantoni anche se non si pratica di fatto pugilato puro, possiamo provare grandi e nuove sensazioni semplicemente confrontandoci liberamente. Le protezioni al giorno d'oggi sono tante e di ogni tipo e di ottima fattura. Scuse non ce ne sono. Mentre mi muovevo in questa direzione sono accadute diverse cose che mi hanno destabilizzato dall'intento originario. Prima su tutte l'aumento imprevisto delle visite di questo sito. Nel vedere salire le visite mi sentivo semplicemente in imbarazzo, perché molti video sono bellamente ridanciani e non volevo essere preso per qualcuno che aveva la faccia tosta di pretendere di insegnare qualcosa. L'aumento del pubblico quindi mi ha in un primo tempo frenato. Dall'altra parte la nascita quasi contemporanea di diverse iniziative tese a rendere fruibili a più praticanti le MMA che hanno mostrato persone se non proprio normali comunque non supereroi, dilettarsi nel combattimento. E' vero che le MMA erano solo una parte dei tipi di sparring suggeriti dal sito, però comunque sentivo che parte della novità era persa, le gabbie si erano distese ed erano diventate tatami o materassine, quindi nel complesso tutto era diventato più noto e di facile fruizione.
Senza nessuna pretesa di messianicità volevo mostrare semplicemente che provare a combattere non costa nulla, lo si può fare anche nella comodità dell'ambiente domestico, con le dovute precauzioni.
Cambiando il tiro, per i suddetti motivi in particolar modo, ho lasciato alle chiare lettere le mie idee, per cui ho iniziato a scrivere che l'agonismo non è necessario se si vuole veramente provare a combattere (e che non essere agonista non può essere una scusa per non combattere affatto), anzi, proprio chi vuole provarsi in varie abilità avrà più comodità nel farlo informalmente che in eventi riconosciuti che richiedono un alto grado di specializzazione. Alcuni, non ho mai capito se per malizia, difficoltà di lettura, corna o altro hanno voluto intendere (fraintendere) che io fossi contrario all'agonismo e che pertanto fossi contrario al confronto. Niente di più sbagliato. In primo luogo io mi auguro di trovare quella serenità necessaria per gareggiare, desidero farlo. Tant'è che ho preso parte ad un evento della WFC di Franco Scorrano e alla Salento Open Cup. Comparsate intendiamoci, niente più, solo per dire che non ho nessun pregiudizio verso l'agonismo. In secondo luogo devo dire che nell'ultimo anno solare mi sono confrontato in una marea di regolamenti, prendendo una valanga di botte, spaziando, tanto per dire, dal boxe al Karate a contatto pieno, dal Grappling al BJJ. Qualcuna è stata una fugace esperienza, altre no. Sempre un minimo comun denominatore però: ho combattuto, e in certi casi lo ho anche espressamente chiesto e, ohimé, ottenuto.
Fraintendimenti dicevamo. Sempre per non fraintenderci sarei lieto che i nostri agonisti dei più disparati campi dicessero apertamente che l'agonismo richiedo sforzi talvolta al limite dell'eroismo. Farsi minestroni lassativi, saune, dieta low carb, dormire otto ore a notte, allenarsi 6 giorni a settimana a volte anche due volte al giorno, fare lunghi viaggi alla ricerca di sperduti palazzetti dello sport, tornare a lavoro il giorno dopo abbozzati non è per tutti. Mi dispiace ma dobbiamo essere onesti e dire che alcuni ritmi non sono per tutti. Bene, io non voglio togliere il minestrone lassativo a nessuno! Che ciascuno si faccia le gare che si merita, sono felice e un giorno, giuro, anziché fare comparsate sarò più presente! Però, come da obiettivo originario, non possiamo scordarci la pratica dell'uomo comune, quello che alcuni impegni non li può prendere o quello sempre un po' infortunato perché madre natura o il fato non lo ha fatto performante come voi che siete delle Forumla 1. Volevo far solo notare questo con alcuni scritti. Visto che, ad esempio, mi arrivano visite di persone che hanno cercato su google “iniziare Jiu Jitsu brasiliano a 40 anni”, mi piacerebbe che costoro sapessero che si può e che tutti quegli impegni necessari per essere un agonista vero e non per andare a fare una gita fuori porta, non sono necessari, basta, semplicemente, magicamente, confrontarsi e scegliersi il corso adatto con le persone adatte. Ci sono medioman che non reggono il ritmo dei superman e ovviamente non parlo di bjj, era solo un esempio. Vale anche per le MMA. Non tutti hanno il beato coraggio di entrare in una gabbia e pestarsi, ma a qualcuno può far piacere provare le abilità che hanno questi impavidi, che oggettivamente sono fuori dalla norma. Provare a combattere dunque voleva dire “il combattimento è un'esperienza formativa, bella, sana, non preoccuparti se il mondo marziale sembra bipartito tra persone che non si confrontano neanche se gli righi la macchina e supereroi privi di calzamaglia, non ti preoccupare se ci impegniamo troviamo spazio anche per noi, per noi che vogliamo provare a combattere”.
Try To Fight! Memorandum
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