Breaking News
Loading...
martedì 1 novembre 2011

Io adoro le forme sia chiaro da subito.
Kata, taolu, tao, quan, Taegeuk, forma. Parole per indicare quelle che Bruce Lee chiamava “nuotate sulla sabbia” ovvero le forme, i kata, i taoulu.
Io amo le forme. Ho fatto studi che reputo degni di nota per il mio livello “dilettantistico” sulla forma Sanchin del Karate. Sono passato dal Giappone propriamente inteso, per Okinawa, fino ad arrivare nel sud-est della cina. Sono passato per gli stili di Karate post-Funakoshi e a ritroso ho trovato il Karate di Okinawa per finire in almeno quattro stili di Kung fu che condividono il seme di questa forma: Gru bianca, mantide del sud e/o pugilato degli Hakka, Hung Ga e pugilato dei cinque antenati. Ma oggi non vi volevo parlare delle mie ricerche oziose.
Sulle forme, particolarmente negli ultimi tempi, si fa un gran parlare e ogni scuola, Sensei o Sifu sente il bisogno, talvolta patetico, di spiegare perché le forme sono utili, perché è giusto farle e perché lo studente ne abbia bisogno. Con verbose apologie di una pratica desueta e discutibile passano in rassegna motivi, storici, salutistici, didattici, mistici e chi più ne ha più ne metta. Questa pratica sempre più ricorrente di difendere le forme suona un po', come dicevano l'adagio latino, come un “excusatio non petita, accusatio manifesta” o come dicono i saggi italofoni “chi si scusa si accusa”.
Vediamo un po' di capire a che servivano le forme. Per farlo ci serviremo più che di un argomentare continuo, di punti chiave.
-Le forme servivano a tramandare le tecniche e i principi sottesi ai posteri in assenza dei moderni mezzi di cattura video e di conservazione dell'informazione visiva e scritta.
-Le forme erano un mezzo facile per ovviare alla mostruosa carenza di informazioni relative alla preparazione fisica. Per questo erano oltre che un bignami di tecniche, un autentico mezzo per offrire al praticante una ginnastica codificata, per esperienza annosa priva di rischi. Basti pensare alle acrobatiche forme di Kung Fu del Chang Quan (boxe lunga-stili del nord) o ai nomi che evocavano la forza delle gambe o delle braccia. La forma Sanchin, con le sue varianti una delle più diffuse nel panorama tradizionale asiatico, è anche un insieme di esercizi isometrici ante litteram. Per capire l'enorme povertà di cultura ginnica basti pensare due cose: gli orientali non trovavano di meglio per la preparazione al combattimento che sbattere le ossa o tra di loro o su una qualsiasi cosa per “condizionare le ossa” (pratica che può favorire l'insorgere di tumori alle ossa) e che gli occidentali hanno sviluppato una piena consapevolezza della scienza dell'allenamento solamente diversi decenni dopo l'avvento delle prime olimpiadi della modernità, quindi oltre il secondo dopoguerra. Viste queste condizioni era normale quindi ovviare con i collaudati movimenti delle forme le lacune nella conoscenza dell'esercizio fisico.
-Le forme erano anche la manifestazione dell'esercizio fisico e spirituale di società con un'ampia cultura monastica e ascetica. La pratica della solitudine, dell'ascetismo la troviamo fino ai giorni nostri o quasi nella storia di Mas Oyama il fondatore del Karate Kyokushin. Il ritiro in allenamento solitario è un'immagine non a caso particolarmente ricorrente negli stereotipi sulle arti marziali, perché di fatto queste ultime nascono e crescono laddove l'ascetismo era particolarmente diffuso, erano presenti monaci erranti e vagabondi spesso vittime di espulsioni da villaggi o clan.
-I Clan e le società segrete: le forme talvolta servivano anche come riconoscimento per membri di società segrete, cospiratori o clan. Per questo troviamo nelle forme orientali riferimenti non sempre marziali. Erano in talune realtà come una parola in codice, un saluto particolare per riconoscere quelli della propria setta.
-Le forme erano talvolta l'espressione di rituali religiosi, mistici e astrologici. Per questo siamo pieni di esempi di sette stelle, buddha, fiori di questo e quello, cancelli e via dicendo. Cose che talvolta avevano un'applicazione marziale ma che spesso erano puro misticismo pagano o superstizione.
-In una società come quella orientale, piena di segreti, sette, gelosie e rivalità non esistevano le grandi classi collettive dei maxi centri benessere-marziali odierni. Oltre a motivi ai citati motivi ascetici, l'individuo spesso non aveva molte persone con cui confrontarsi e talvolta il solo maestro che però poteva rifiutare addirittura ogni contatto con l'allievo.
-I maestri erano molto gelosi del loro sapere e preferivano diffonderlo nella forma secretata della forma piuttosto che con le applicazioni pratiche.

Sciorinati i motivi d'uso delle forme possiamo da subito notarli come tutti inattuali. Il moderno combattente di ogni credo, gode di attrezzi specifici per l'allenamento fisico, il fior fiore degli scienziati del moto umano, di macchine di ogni tipo nonché spesso della chimica farmaceutica. La cultura fisica ha preso posto addirittura nell'ambito accademico con un'apposita facoltà universitaria. Così come va scomparendo la tradizione orale delle cose e il rischio della perdità delle informazioni (anzi secondo alcuni nell'era attuale manca il diritto all'oblio) per via dei potenti mezzi per registrare o raccontare il reale. Registrazioni di applicazioni reali delegittimano l'uso del bignami delle forme.
La pratica, che per gli occidentali è croce e delizia, delle arti marziali come evento collettivo o di classe rende inutile l'esercizio di pratiche solitarie e misantrope come le forme. Hai un compagno? Allenati con lui!
Motivi mistici non ne esistono più per le dissacratorie civiltà occidentali e tantomeno servono per distinguersi tra membri di una setta.
Nella realtà, di buona parte delle forme, si è persa la memoria delle applicazioni che difatti, per chiunque ami documentarsi è cosa nota, differiscono in maniera incredibile da maestro a maestro, lineage a lineage. Ognuno sembra cercare un po' a culo, diciamo così, applicazioni credibili e utili. La triste realtà è che questo strumento di conservazioni non è servito del tutto. Pare funzioni meglio la cinepresa, parola dei fratelli Lumiere.
I taolu, i Kata e via dicendo sono oggi un potente mezzo di marketing attraverso le quali si confezionano pacchetti di informazioni marziali pronti alla vendita. Sono anche un altrettanto potente mezzo per insegnanti pigri e privi di fantasia di collaudare nuove metodologie.
Attraverso la pratica delle forme si crea, dicevamo, un pacchetto marziale di pronta vendita, inscindibile e indiscutibile. Si convince l'allievo, incolto e impreparato marzialmente, della loro utilità e che le applicazioni sottese saranno utilissime e la cassa è pronta a ricevere il nuovo denaro.
A ben vedere non c'è ragione per desumere le applicazioni dalle forme perché questo è un lavoro da archeologi marziali o da studiosi coi baffi non da semplici iscritti ad un corso di arti marziali, magari acchiappati con la scusa della difesa personale. Chi vuole si vuole difendere o combattere non ha bisogno di questo cavilloso e polveroso studio che è l'analisi delle applicazioni della forma. Le applicazioni reali gli dovrebbero essere fornite senza bisogno di questo antico tramite. E soprattutto non dovremmo trarre le applicazioni dalle forme ma le forme dalle applicazioni. Intendo dire che lo studio palloso e inutile per il 90% degli studenti marziali delle forme alla meno peggio dovrebbe essere posto come risposta alle nuove tecniche conosciute e non viceversa.
Persone che un tempo volevano imparare a combattere o difendersi vengono abilmente circuite con PNL, dogmi e sudditanza psicologica e finiscono col volere imparare le forme dimenticando il loro originario fine: combattere. Viene posta un'equivalenza indebita tra il saper combattere e le forme conosciute e la truffa, pardon, il gioco è fatto. In realtà nulla nega l'insegnamento di alcune tecniche svincolato totalmente dalle forme e in realtà la forma non aiuta in nessun modo a combattere e, ancora, il succedersi delle forme è spesso totalmente arbitrario neanche correlato a ciò che tradizionalmente accadeva... eppure vengono fatte proprio in nome della dogmatica tradizione!
Lo studente tipo dei corsi ginnico-marziali quando torna a casa non pensa più al suo hobby orientaleggiante, non ha nessun libro sull'arte che pratica e spesso non sa nemmeno quale ramo della sua disciplina pratica. Lo giuro ho conosciuto praticanti di Tang Lang Quan non sapere quale ramo praticassero... e magari fosse stata una scelta della scuola, come a dire “lasciamo perdere le stronzate, prendiamo le strategie della “mantide” nel complesso”, magari! Non lo sapevano perché, semplicemente, al praticante medio non interessa niente di questione che al più interessano gli studiosi. Il semplice praticante non dovrebbe nemmeno avvicinarsi alle forme perché sono, lo ripeto, uno studio avanzato, noioso e non correlato direttamente al combattimento per maestri, studiosi, antropologi, archeologi, uno studio inutile per combattere e per difendersi.
Bruce Lee, abbiamo detto in apertura era ostile alle forme. “nuotate sulla sabbia” le chiamava. Non a caso creò quasi ex novo tutto ciò per cui servivano le forme: allenamenti mirati alla perfezione fisica e alla funzione marziale, cercava sparring partner, studiava le tecniche con altre persone ricercando l'efficacia, scriveva libri e si faceva fotografare e riprendere, aveva creato dal nulla appositi attrezzi per migliorare le qualità fisiche che riteneva necessarie e per il suo lato spirituale si nutriva di letture di filosofi e di saggi orientali. Faceva tutto ciò per cui erano state create le forme, per questo non ne aveva bisogno. In definitiva, chi vi insegna le forme non vuole insegnarvi a combattere né per difesa personale né per altro, vuole vendere, vendere, vendere e confondere il dito che indica la luna con la luna stessa.
"Ma come hai detto che ami le forme e ora sei così definitivo e drastico?" Sì perché io che sono un mediocre combattente sono anche e, forse ohimé soprattutto, uno studioso. Imparo una forma con lo stesso spirito con cui leggo saggi marziali per cultura e completezza. Sono fiero della mia sterminata, e in parte smarrita nel mio caos casalingo, biblioteca marziale e sono fiero dei miei studi che so che non sono pertinenti con le mie abilità pratiche. Pier Paolo Pasolini credeva che le persone venissero corrotte dalla cultura e che perdessero purezza con questa, purezza che si poteva trovare negli ignoranti o solamente nelle persone estremamente colte, ma non nelle persone di media cultura. Avere una cultura marziale di forme, senza sapere tante altre informazioni storiche e culturali corrompe solo il nostro fine, che dovrebbe essere quello di combattere, meglio non saperle quindi. Persone che attingono alle più svariate fonti sulla marzialità di continuo possono eventualmente beneficiare delle forme, perché sono parte di un percorso coerente. Lo studente medio non ne ha bisogno. Il corso in palestra medio non ne ha bisogno. Nell'immediato non ne hai bisogno. Sono una ciliegina piccola piccola sulla torta niente più e per mangiarla bisogna pure avere palato fino e specializzato sennò crea solamente una scarica diarroica.
Non sono più un gagliardo ventenne, mi interessa combattere ma anche altri percorsi ed è così da sempre. Ho comprato il mio primo libro marziale che ero bimbo e non ho più smesso. Mi piace la tradizione talvolta ma perché la so riconoscere e ho imparato a conoscerla non perché me l'hanno imposta. Mi piacciono i misticismi orientali perché prima di praticarli nelle forme ne ho letto in merito allo Zen, al Taosimo, allo Scintoismo, all'Induismo e al Confucianesimo. Mi piace il rito perché ne ho voluto sapere il significato e le sfaccettature non perché me lo hanno venduto spacciandomelo per combattimento. Non picchierò mai nessuno con i miei studi sul Sanchin. E ne sono consapevole. Dicevo, non sono più un forte ventenne e il treno dei tatami arbitrati e dei ring sembra ormai irrimediabilmente perso, sono uno “splendido trentenne” e posso permettermi di studiare le forme, ma so che questo non è provare a combattere.
Voi urlavate che le forme erano utili e altre cose orrende e violentissime e siete invecchiati male e imbruttiti io urlavo cose giuste e sono uno “splendido trentenne”. Vedere video sottostante per capire la citazione.

Fonti: Kiefer e Zanini "il Kung Fu", Roger Itier Corso di Kung fu-Wushu, Tredici Saggi sul Tai chi chuan, I grandi maestri di okinawa