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venerdì 25 febbraio 2011

Anche temi dibattuti recentemente su questo sito, mi suggeriscono di trattare questo argomento, questo dibattito: Avere l'esperienza di diverse discipline o abbracciarne una e divenirne specialisti.
Veniamo all'esperienza più recente in termini di nascita e regolamentazione, le arti marziali miste. Senz'altro nate con lo scopo di far confrontare diverse discipline, diversi specialisti quindi, gli atleti di arti marziali miste hanno finito col privilegiare una preparazione globale al combattimento. L'idea dello specialista è relegata agli anni '90 del secolo scorso. Oggi, nella più recente evoluzione di questo approccio, l'idea di cross training, ovvero di allenarsi in più discipline, è quella ritenuta più efficacie. Al di là di quali siano le discipline in questione, è evidente e risaputo che un buon combattente di MMA deve avere un un buon repertorio nelle varie fasi del combattimento possibile in questo tipo di confronto.  Approccio estremamente funzionale, legato indissolubilmente al risultato talvolta anche a scapito dell'estetica e dello spettacolo, quella delle MMA sembra una sentenza senza possibilità di appello. In un contesto così libero, allenarsi in diverse discipline è la cosa migliore, secondo ormai tutte le scuole di pensiero.
Un altro spunto interessante è dato dall'approccio delle arti marziali tradizionali. Al karate veniva e viene spesso affiancato il Kobudo, al Judo spesso viene affiancata la difesa personale del Ju Jitsu (goshin Jitsu), Il Kung Fu, termine generico per le arti marziali cinese, è spesso visto nell'approccio di studiare diversi stili di combattimento cinese. Sempre nell'ambito tradizionale, ci sono arti marziali che di loro, già sono unione di più istanze. Così l'Aikido che prevede lo studio del bastone e della spada (bokken in verità) così tante Koryu dell'antico Ju Jitsu. In numerosi stili di Kung Fu abbiamo l'affiancamento del combattimento armato a quello a mani nude. Nell'ambito delle discipline di più moderna scoperta e diffusione troviamo un ottimo esempio nel Kali filippino che, sebbene abbia nell'uso delle armi il suo aspetto più saliente, è in realtà una complessa varietà di abilità marziali, che spaziano dalla lotta, al pugilato, ai calci, alle leve articolari. Difatti sempre più spesso viene indicato anche sotto il nome di arti marziali filippine. In una delle molteplici forme moderne il Ju Jitsu, nella sua versione Fighting System, prevede un confronto con percussioni, proiezioni e lotta al suolo. Nel scuola di pensiero del Jeet Kune Do di Inosanto, e in generale del "concepts", si effettua una sintesi di diverse discipline utili al combattimento da strada. Nello stesso Krav Maga l'approccio è tutt'altro che specializzato. Nato con l'intento di essere una difesa globale dell'individuo, lo studio sarà inevitabilmente privo di parzializzazioni e stilizzazioni. In ultimo registro un dato che reputo significativo ovvero che molti corsi di Kick Boxing affrontano anche differenti regolamenti quali il Full Contact (American Kick Boxing), il Low Kick rules (Kick Boxing), il semi-contact e il regolamento della Thai Boxe, al fine di rendere edotti sul vasto campo delle discipline affini gli studenti.
Abbiamo visto quindi, per il versante multistile, sia percorsi affiancati sia discipline che sotto un solo nome racchiudono un vasto bagaglio di abilità.
L'ambito dello specialismo è quello più spesso legato all'agonismo. Laddove l'atleta debba gareggiare in una specifica disciplina si allena, ovviamente, esclusivamente per le abilità legate a quella disciplina (eccezion fatta per i contesti sportivi ibridi citati). A mio modesto parere, lo specialismo, diviene talvolta un riflesso pigro della dimensione hobbistica della pratica marziale e viene spesso riscontrato in quei soggetti in cerca di una dimensione ricreativa.
L'ambito multistilistico sembra invece usato, se non addirittura necessario, nei contesti legati alla difesa personale. Non a caso alcune arti marziali altamente specializzate ma votate alla difesa personale hanno cercato di rimediare inserendo difese da avversari che potremmo definire extrastile (esempio ricorrente il grappler-antigrappling) o inserendo lo studio delle armi preso da altre arti marziali. Questo accade precisamente in diverse associazioni di Wing Chun.

Quale sia migliore è un dibattito ozioso e pericoloso. Il pericolo risiede nel fanatismo, male endemico dei marzialisti, che è sempre bene evitare. Evidentemente chi vorrà gareggiare per primeggiare dovrà focalizzare i propri allenamenti. Così il pugile se ne vedrà bene di arrischiarsi in calci o cadute, così come il lottatore liberista non farà sacco. Chi vorrà mantenere un aspetto ricreativo egualmente non necessita di districare le complesse matasse delle diverse arti del combattimento. Chi invece ricerchi la difesa personale o necessiti di una sua particolare "via" alle arti marziali dovrà confrontarsi con i diversi aspetti del confronto fisico.

Poi c'è la passione che rompe ogni schema e che mischia le carte e fa di ciascuno che l'abbia onorevole marzialista, a prescindere da tutto.