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mercoledì 14 dicembre 2011

Di Salvatore Manzella:
Molti sostengono il corpo umano sia una macchina perfetta (per certi versi di fatti lo è, non potremmo dire l'opposto) personalmente al contrario e per il tema che analizzerò nel post, sostengo anche in maniera velatamente provocatoria questo sia una macchina imperfetta e ad essa bisogna far calzare sovente la pratica o meglio veicolare quest'ultima in rimessa di qualcosa che incontrovertibilmente non è permanentemente efficiente al 100%, non resta nel tempo in forma immutata al TOP e parlo proprio in termini empirici, 1 minuto prima stai bene, il secondo dopo c'è qualche mutazione (vedi sotto stress, uno dei tanti fattori modificanti) per cui non sei più nella condizione del minuto precedente e così via.
A tal proposito evidenzio che una pratica totalmente e globalmente incentrata sull'efficienza di questa macchina (efficienza che di fatto è effimera quanto verosimile) è una pratica parziale se non fuorviante così come altre; è impensabile che l'arte - marziale - funzioni solo ed esclusivamente nella più completa efficienza, nel più splendido dei piani di lavoro e dove il termine maggiorativo del "più" farà in larga misura il risultato vincente ergo sono più veloce di te dunque vinco la staffetta (passatemi il paragone con la corsa) ancora, la velocità è qualcosa di effimero, perdibile (difficilmente acquisibile) quindi l'intelligenza è capire come avere la meglio ma essendo non il più veloce (ho preso la velocità solo come esempio, dovete aguzzare la mente ed estendere questo ragionamento a tutti i parametri) ma colui che possiede a priori la strategia e/o il principio migliore che può mettermi in qualsiasi momento e soprattutto durante quello dell'inferiorità (anche situazionale 100% dei casi di un'aggressione) in serie condizioni di poter avere la meglio.
Il nostro corpo - non mi riferisco ad infortuni e simili (anche se da un infortunio ho capito molto e mi sto elevando realisticamente verso un aspetto più fine dell'arte) -non sarà mai - e ribadisco il MAI- di continuo nella sua più eccelsa efficienza ergo tutti quei sistemi che fondano la loro utilità ed efficienza appoggiandosi a pratiche fisiche prima o poi condurranno alla fine, una fine triste ed inesorabile; durante le 24 ore sono più i momenti in cui siamo "meno" che quelli in cui siamo "più", i secondi, i minuti, le ore, i giorni sono fluttuanti e a nostro totale SVANTAGGIO dunque più passa il tempo più peggioriamo è un dato di fatto che non possiamo cambiare quindi non possiamo far si che la nostra marzialità e l'efficienza ad essa connessa sia direttamente proporzionale a fattori allenabili ma che la natura di fatto ci toglie inesorabilmente, vuoi per l'età, vuoi per un banalissimo o serissimo infortunio e così via.
Un'arte fluida è un'arte che ti permette di poterla esprimere al 100% anche nell'impossibilità di farlo(e proprio perchè già alla base non fonda la sua efficenza sull'efficienza del corpo stesso, un'efficienza che ribadisco è biologicamente a perdere o su fattori atletici), non posso pensare che laddove abbia banalmente un'unghia del piede incarnita (problema poco serio rispetto ad altri) debba fermarmi mesi o addirittura condizionare in toto la possibilità che io possa difendermi efficacemente in un'aggressione.
Che sia chiaro, non sto spingendo nessuno a sottoallenarsi, sono il primo che nei tempi migliori ho penato anche 4/5 ore al giorno in più split organizzati quotidianamente e settimanalmente, ciò che voglio dire è che la pratica marziale che riveste solo o soprattutto l'aspetto YANG è fuorviante, il mio suggerimento ultimo è di spingere la vostra pratica verso una condizione equilibrata YIN/YANG, queste mie parole potranno con grossissima facilità sembrare scontate e venir fraintese ed è esattamente quello che mi aspetto ma un giorno, spero il più lontano possibile, basterà una infinitesimale (al negativo) mutazione, vuoi accidentale vuoi per il natural vivere, che la luce pervaderà la vostra pratica ed il modo in cui la concepite e vi renderete conto, contrariamente al pensato, di aver trascurato qualcosa che non conosce danni, non conosce tempo, non conosce età, non conosce mutazioni biologiche al negativo, non conosce l'esser meno, ciò che voglio battezzare come "il senz'età marziale" insomma in sintesi curate il TAO, usate la testa, non emulate, praticate e cercate di essere la via dell'equilibrio "marziale", non esiste solo l'attacco ma anche la difesa così come non esiste solo il giorno ma anche la notte, i migliori maestri di voi stessi siete voi, la vita e le esperienze a questa connesse.

L'articolo è stato redatto da Salvatore Manzella, esperto, praticante, divulgatore, appassionato di Jeet Kune Do. Spero di poter ospitare Salvatore nuovamente su queste pagine per delinearne meglio il grande lavoro marziale che svolge e se volete potete seguirlo sul Forum da lui ideato e gestito, http://jeetkunedo.forumcommunity.net/.
La "macchina imperfetta" è stata spesso oggetto dei nostri discorsi appassionati sulle arti marziali.
Ho avuto fin dalla prima adolescenza assillanti problemi ortopedici che mi hanno pesantemente limitato in diversi momenti della vita e che ad oggi non sono ancora assenti. Grazie a queste tribolazioni ho colto l'opportunità che dànno le arti marziali morbide e le pratiche multifattoriali, sempre marziali, volte alla conoscenza delle esperienze motorie, alla ricerca di una corretta respirazione (corretta sia per la concezione orientale sia per quella occidentale scientifica!), alle strategie per non cotrapporre forza alla forza, pratiche volte alla scoperta dell'economia di movimento, alla razionalizzazione delle energie e del corpo, alla costruzione di geometrie corporee vantaggiose per chi non può garantirsi sempre la forza.
Kronos, dio e titano del Tempo
Salvatore è stato vittima di un terribile incidente stradale, uno di quegli incidenti per cui tante persone muoiono e lui sa di essere fortunato a non essere rientrato nel triste novero di costoro. L'immobilità forzata, la sofferenza del corpo, la sofferenza della psiche, il dolore come costante giornaliera, il disiderio di ritornare efficienti come prima, sono emozioni ed esperienze che non posso non far maturare una riflessione diversa sulla propria vita. La consapevolezza della caducità delle nostre grazie anatomiche paradossalmente proprio nel mondo dell'usa e getta sembra persa. Il tabù del terzo millennio è la morte e la vecchiaia.
Alcune esperienze, necessariamente negative, ci portano però ad infrangere questo tabù, ed al mito del giovanilismo, dell'atletismo, dell'efficienza sempre, comunque e dovunque possiamo sostituire il pensiero della preservazione e del giusto uso.
Io penso e credo, anche se so che oggi questo pensiero non è di gran moda, che le arti marziali e i marzialisti non debbano mai abbandonare la ricerca della morbidezza, della tecnica contro la durezza e la forza. La forza perdura una sola stagione della vita, nella migliore delle ipotesi. La tecnica e la morbidezza possono accompagnarci sempre.
Non è un discorso alla portata di tutti e non lo dico per snobismo, forse servono determinate esperienze, e sia chiaro, negative, che ci fanno capire il senso di alcune pratiche e alcune finalità di queste.