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lunedì 1 agosto 2011

 Quando mi arriva un'intervista, devo dire la verità, la mia prima preoccupazione è impaginarla, risolvere alcune problematiche di formattazione e via dicendo. Stavolta l'occhio mi è svolazzato su una domanda e su una risposta e quest'ultima mi è piaciuta talmente tanto che ho lasciato da parte l'impaginazione e mi sono tuffato con avidità nella lettura. Alessandro Federico è il tipo di persona che invidio (positivamente). Ha le idee chiare, è netto, ha le sue formule e questa sicurezza è anche data da un'esperienza marziale di ogni tipo davvero. Fa il mestiere che aspiravo a fare, ha la marzialità che disidero per me, ha le sicurezze, dei punti fermi, che io non ho e, in fine, è un atleta marziale di livello superiore, stimato e rispettato e anche per questo lo invidio. Al di là che si concordi o meno con le certezze di una persona, è comunque ragguardevole il fatto che questi sappia argomentarle e spiegarle senza troppo ghirigori anche in una situazione pubblica.
Alex Federico ci parla della sua marzialità a tutto campo: Dagli esordi nelle arti marziali, agli sport da combattimento, all'agonsimo, alle esperienze pionieristiche col Jiu Jitsu dei Gracie, all'insegnamento fino all'arbitraggio. Inutile commentare il valore di tutte queste esperienze.
E' un po' di tempo che mi salta per la testa di organizzare un torneo a inviti con la crème de la crème del Jiu Jitsu, un torneo con atleti di indiscusso valore e vario background, niente cinture, niente punti e altre cose ancora. Se tutto andrà bene si svolgerà in autunno e presto vi darò lumi su questo. Quando ho manifestato questo mio desiderio a illustri colleghi (magari!) marziali tutti non hanno avuto dubbi: se serve un arbitro chiama Alex Federico.
L'intervista entra nel vivo del Jiu Jitsu e delle questioni che avvolgono l'ambiente specifico ma anche il marzialismo in genere. Alcuni passaggi mi sono piaciuti al punto che saranno spunto di futuri articoli.
Non rimane che leggerla.


 Caro Alessandro ci parli un po' di lei e del suo percorso marziale, dagli inizi a oggi.
 Buongiorno a tutti, ho cominciato a 11 anni con un corso di Judo presso la palestra Jigoro Kano di Milano, cambiando qualche anno dopo per il Karate, con il maestro Aldo Bianchi (Yudanshakai Milano), una persona che per me è stata molto importante. Ho praticato contemporaneamente la boxe presso la palestra Ursus, maestro Orsatti, dove ho sempre pagato l’abbonamento con le “mance”natalizie e frequentato di nascosto, in quanto in famiglia non era gradito il pugilato. Anche per questo non ho disputato match.
Il Karate l’ho poi proseguito presso la palestra Fujiiyama di Milano, con i maestri Takeshi Naito e Carlo Fugazza. Era sicuramente un karate diverso da quello odierno e comunque mi ha dato una base educativa, atletica, ma soprattutto spirituale.
Diciottenne, sono successivamente partito da Milano, arruolato nell’Arma, il che seppur frutto di innumerevoli esperienze, anche in tema di confronti fisici reali, e con gente pericolosa, dal punto di vista della pratica sportiva mi ha tolto la lucidità, la regolarità e soprattutto una sede fissa dove allenarmi, in quanto ho girato spesso sedi di lavoro differenti. Nei dieci anni successivi, cioè sino alla soglia dei 30, ho comunque praticato tutto ciò che ritenessi utile a tenermi in forma ed efficace, per una difesa personale sempre pronta in caso di bisogno sia mio che soprattutto di altri, dalla Kick Boxing al Kyokushinkai, disputando anche dei match.
Proprio una decina d’anni fa, nell’ambiente del Judo che praticavo con passione a Bolzano (Judo Club Laives) ebbi occasione di conoscere il BJJ-Gracie Jiu Jitsu, prima per sentito dire, poi per video degli UFC, e via via, prima stage di ogni maestro che capitasse in Italia, poi in seguito mi decisi e mi avviai per quel di Barcellona, da Robin Gracie.
Da qui, una strada senza ritorno: sempre avanti e senza rimorso. Unico rammarico? Non aver scoperto il BJJ prima.

La vedo spesso impegnato in veste di arbitro sia in incontri di MMA sia di Jiu Jitsu. Come cambia la responsabilità e il ruolo dell'arbitro dalle MMA al Jiu Jitsu?
Paradossalmente è molto più facile arbitrare un incontro di MMA che di grappling o bjj, anche se, logicamente, in un incontro di MMA l’incolumità degli atleti corre più rischi e devi esercitare un po’ d’autorità ed energia in più.
Nelle gare di bjj e grappling c’è il problema dei punteggi e tutti i cavilli annessi e connessi, le penalità, i piccoli dettagli ai quali tutti s’attaccano quando l’esito di un combattimento è magari dipeso da quello. Questo è uno dei problemi connessi all’eccessiva sportivizzazione di una disciplina. Una cosa è certa, non ho mai visto un lottatore con trascorsi o praticante di MMA, attaccarsi a cavilli di regolamento o a errorucci arbitrali nel corso di gare di grappling o bjj. Purtroppo nell’ambiente del bjj-grappling si è attualmente integrato anche il prototipo del fighetto con GI, rash guard e pantaloncino trend, secchione delle tecniche più arzigogolate, che gareggia con strategie pro vantaggio o mezzo punto, ma che contemporaneamente ostenta di essere un atleta che pratica il BJJ di Werdum, quello che finalizza Fedor col triangolo…No caro, siete gente di pasta diversa; guarda cosa faceva Werdum nelle varie ADCC e come e dove s’è allenato lui; il suo Jiu Jitsu non è come il tuo e tu non sei come lui.
Tornando alle difficoltà d’arbitraggio, la maggior difficoltà di gestione che incontro, è sicuramente negli incontri di BJJ - Grappling infantili, quando arbitro i bambini, lì ho veramente una preoccupazione notevole, per due motivi fondamentali: incolumità e correttezza. La correttezza intesa da parte dell’avversario, dello staff di gara, da parte mia, insomma, margine d’errore ZERO. Il bambino non deve percepire mai di aver subito una qualsivoglia ingiustizia, non capirebbe il concetto di errore involontario da parte di qualche adulto.

Spesso mi hanno parlato dell'arbitraggio come di un “lavoro” ingrato, pieno di polemiche e veleni, anche nascosti. Le risulta?
In parte ho già risposto sopra come la penso. Faccio una domanda ai più e i meno esperti: cosa ci guadagno io? Soldi ? quando va bene un rimborso spese; non sono mica Bigjohnmccarthy.
Fama? Quella è, giustamente, per gli atleti;
Carriera federale o arbitrale ? Non me ne importa niente.
L’arbitro, un po’ come il poliziotto, è in una posizione in cui se fa tutto bene passa inosservato, appena sbaglia qualcosa, apriti cielo.
Il guadagno che ne scaturisce, per quello che mi riguarda, è che durante le fasi d’arbitraggio prendo cognizione di tutti gli errori e le tecniche pregevoli che accadono, facendone tesoro per la mia Scuola. Qualche soddisfazione specifica arriva, anche se rara, come quando qualche atleta o coach mi ringraziano per quanto fatto, o chi mi dice che quando arbitro io, si sente tutelato, sicuro sul buon andamento del match, inteso sia nelle MMA che nel resto. Anche il fatto di esser ricercato per l’arbitraggio delle MMA mi lusinga.
Purtroppo io ho uno spirito guerriero dentro e spesso questa posizione di arbitro mi frustra, lo confesso, ma a quasi 43 anni debbo riconoscere di essere ormai vecchio per fare l’atleta; bisogna avere rispetto per se stessi.
Il problema è differente invece: io ce l’ho con arbitri che non hanno nemmeno idea di dove si trovino, quello sì; ma un vero arbitro dev’essere uno che le cose le ha fatte prima dell’atleta; conosca più tecnica dell’atleta, per cui possa capire cosa sta accadendo e procedere di conseguenza, sia per corretta attribuzione dei meriti e demeriti che per tutela dell’incolumità. Non ne parliamo in relazione ai comportamenti; io debbo capire immediatamente se un atleta sta agendo slealmente e avere una conoscenza Maestra della disciplina , per potermi permettere di riprenderlo ed eventualmente sanzionarlo o comunque agire al meglio di ogni situazione. Sostanzialmente, secondo me l’arbitro ideale dev’essere semplicemente un buon ex atleta, un insegnante, che con la testa possa stare dietro ai combattimenti, ma non sia più in grado di sostenere da atleta i ritmi di un combattimento agonistico. Allora si verificherà che la maggior parte delle situazioni che si verificano durante i suoi arbitraggi, lui l’abbia già vissute, quindi sia in grado di intervenire correttamente e con autorevolezza, ossia godendo anche del rispetto di atleti e coaches.

Secondo lei esiste una differenza tra il Jiu Jitsu brasiliano e il Gracie Jiu Jitsu? O sono la stessa identica cosa?
una volta erano la stessa cosa. Ora no.
Io considero il Gracie Jiu Jitsu un metodo di lotta volto ad avere la meglio su di un’avversario disarmato, di qualsiasi taglia, in un combattimento senza regole, a mani nude.
L’allenamento e la competizione agonistica di Gracie Jiu Jitsu, non prevedono tempi di pausa o limiti di alcun tipo; vinci quando finalizzi l’oponente con qualsiasi tipo di chiave o strangolamento, senza esclusione di questa o quella tecnica considerate più o meno pericolose (heel hook, cervicali ecc.).
Il bjj sportivo, oppure l’attuale forma di Grappling FILA, o il professionistico ADCC, sono delle ottime forme di confronto agonistico, ben regolamentate e divertenti. Forniscono ai praticanti, soprattutto ai più giovani, degli obiettivi, danno anche dei parametri, di valutazione sul proprio livello raggiunto. Nulla da dire. E’ veramente un gran bella cosa e reputo che siano qualcosa di veramente unico e onesto, dove il più allenato viene sempre premiato per i sacrifici fatti.
Chi pratica Gracie Jiu Jitsu, e vuole avventurarsi nel mondo agonistico del bjj, grappling, dovrà comunque adattarsi e creare delle strategie, nonché degli allenamenti specifici di preparazione in base al regolamento di gara da affrontare.
Ho sostenuto spesso su questo blog che le gare del Jiu Jitsu pur nella loro bellezza hanno qualche insidia. Una è la perdita di marzialità. L'altra è sicuramente la difficoltà di dare un senso alle categorie di cintura. Le è mai capitato di notare persone nettamente fuori categoria? Le gare possono in qualche modo impoverire il Jiu Jitsu?
Anche i giocatori di rugby avevano da dire la stessa cosa sui “moderni” praticanti di soccer, il tempo da poi ragione a chi ce l’ha, o semplicemente separa e fa sì che ognuno prenda il volo per i fatti suoi.
Io non la vedo così drasticamente, ritengo invece che le due realtà possano tranquillamente convivere, anche all’interno della medesima palestra, fruendo l’una delle evoluzioni dell’altra.
La marzialità un po’meno accentuata che esiste in altre discipline tradizionali più note, secondo me è proprio ciò che ha portato molti ad apprezzare di più il BJJ, proprio in quanto disciplina più concreta, dove il rispetto è più guadagnato che imposto.
Alessandro Federico in azione!
LE CINTURE? Fosse per me, in gara le toglierei. (completame dello stesso parere ndr)
Vedo molti insegnanti di difesa personale che non hanno mai combattuto in nessun evento sportivo documentato (avendo la buona fede di pensare che almeno lo abbiano fatto in privato...). Secondo lei è corretto? Può un insegnante di difesa personale non aver mai combattuto in competizione? Peraltro la maggior parte di queste discipline di difesa personale non hanno metodologie proprie per confrontarsi, come invece accade nel Jiu Jitsu o negli sport da combattimento ove si possono seguire le linee guida dei rispettivi regolamenti.
Molti dicono che con le “loro” tecniche di difesa personale ci si ammazzerebbe quindi... come provarle? Quale sarebbe secondo lei un contesto idoneo?
L’insegnante di una disciplina sportiva deve aver praticato e gareggiato, quindi combattuto in competizioni di quella disciplina, mi pare alla base di un’onestà di fondo che chiunque dovrebbe avere. Può insegnare a nuotare uno che non ha mai nuotato bene ? E se devo competere in qualche gara, andrò incontro a difficoltà che l’insegnante deve aver conosciuto prima di me, per potermi insegnare a come superarle.
Secondo questa logica, un insegnante di “difesa personale” deve essersi dovuto difendere veramente, grazie alla sua disciplina, che sulla scorta di esperienza reale poi può trasmettere all’alunno. La competizione sportiva non ha a che vedere con la lotta di una realtà di strada, tra l’altro dalle 1000 forme possibili e imprevedibili, può essere utile, ma non confiderei troppo in questo.
Già un confronto e allenamento di MMA, sicuramente possono assicurare al praticante una conoscenza della realtà di scontro più realistica. Anche un buon allenamento di jiu jitsu di quelli senza troppe regole e regolette, alla soglia del vale tudo per intenderci, può dare una mano. L’importante è, secondo me, esserne consapevoli. Conoscere i propri limiti aiuta molto.
Se non esistesse il Jiu Jitsu che arte marziale farebbe?
Penso che mi dedicherei al Triatlhon, è un bellissimo sport sano dove sei in sfida con te stesso continuamente. Se non ci fosse stato il jiu jitsu, avrei proprio cambiato e basta. 

Esiste una spiritualità, un migliorarsi come persona nella pratica marziale? 
Nel jiu jitsu si impara presto che “oggi c’è il sole, ma domani può piovere” per questo non puoi mai permetterti di vantarti più di tanto, qualsiasi cosa tu abbia fatto, il giorno dopo puoi subirla dal primo che capita e molto trasparentemente.
Vedi che puoi migliorare solo se hai passione e dedizione, solo se tiri fuori un po’ di personalità e umiltà tali da metterti in discussione sempre, mettendo da parte l’ego, senza mai ostentare o parlare vantando delle tue imprese in allenamento con tizio e caio, che non serve a nulla; questo è l’unico modo che nel jiu jitsu io ho trovato per migliorare e che cerco di trasmettere a chi sta con me. L’umiltà e il rispetto per tutti dal più capace al principiante sta alla base di tutto questo, e penso anche nella vita; il non tirarsi indietro solo per paura di perdere, ma la soddisfazione di aver fatto qualche seppur piccolo miglioramento, anche grazie ad una sconfitta. Anche la consapevolezza e il coraggio di dire no, oppure “ok per oggi basta, sono stanco”. Questo è per me il warrior spirit.
 
Cosa significa secondo lei “provare a combattere”? Il Jiu Jitsu permette di provare a combattere?
E’ un’idea. Sei un combattente ogni volta che affronti una persona sullo stesso piano, in qualsiasi contesto, anche in bicicletta. Se lo fai nel rispetto delle regole prefissate, sei un guerriero, perché hai gli attributi per rinunciare a eventuali ingiuste situazioni di vantaggio.
Filosofia a parte, ritengo che il jiu jitsu sia un ottimo modo di provare a combattere, senza il rischio di grossi traumi iniziali per il principiante soprattutto; ovviamente, più il livello sale, più tutto si complica, ma è sicuramente una disciplina grazie alla quale puoi esser sicuro di aver imparato a combattere.

Che consiglio darebbe a Try To Fight! per migliorarsi?
Non saprei, sono per il libero arbitrio, nel rispetto altrui ovviamente, se a voi piace lavorare così, perché non proseguire ? “Fai ciò che ti piace e proponi ciò che sai fare”; dico io.
La ringrazio Alessandro e complimenti per la sua unanimemente stimata attività
Grazie mille per la considerazione e complimenti per l’impegno nella divulgazione della nostra stupenda disciplina.

Nicola Mercuri