mercoledì 8 gennaio 2014

Refugium Peccatorum

Abbiamo parlato spesso, poprio su queste pagine, della migliore e maggiore allenabilità delle discipline di puro grappling rispetto a quelle ibride o a quelle di esclusivo striking.
Questa evidenza, innegabile, è una vera delizia per gli appassionati della lotta e delle sue sfaccettature e li porta ad allenarsi quanto più duramente possono, sfruttando a pieno le potenzialità dei rispettivi regolamenti sportivi.
L'appassionato ad esempio di submission wrestling potrà dunque allenarsi sempre con un' ottima intensità, del tutto analoga alla gara.
Ma questo già lo ho scritto.
Quello che non ho scritto invece è che la durezza delle discipline lottatorie è una durezza "diversa" da quella delle discipline dove si colpisce. Un KO, non ha la violenza oggettiva di nessuna sottomissione possibile laddove si lotta.
Addirittura questo fu un cavallo di battaglia dei Gracie, che reputavano speciale il Jiu Jitsu per la capacità di far arrendere un avversario lasciandolo sostanzialmente illeso.
La bellezza della lotta però, nel tempo delle federazioni ibridate, nel tempo moderno, tempo dei poser, ha una sinistra applicazione.
Una carovana di insegnanti o ex insegnanti di discipline che contemplano i colpi si sono riversati nel grappling o nel Jiu Jitsu, così terribilmente evocativo delle MMA ma così evidentemente lontano.
Maestri e insegnanti di Kick Boxing, di Boxe, di Kung Fu, ma anche di MMA, non hanno fiato, tempo e voglia di fare le gare delle discipline di appartenenza ma sono spesso esaltati dalla partecipazione alle gare di grappling.
Come spesso accade nella storia umana la bellezza è lasciata all'abuso, di quanti la sfruttano non amandola veramente.
Verrebbe da chiedersi perché una persona che insegni nuoto non voglia confrontarsi nel nuoto ma desideri farlo, ad esempio, nel canottaggio.
Verrebbe da chiedersi se la diversa durezza dei colpi non sia terrificante per quanti insegnano o hanno insegnato discipline che ne prevedono, magari ne prevedono anche a KO, e che in queste hanno latitato sportivamente e si riscoprono agonisti dopo pochi mesi di Jiu Jitsu ad esempio.
Sia chiaro non c'è in questo articolo nessuna esortazione al "machismo", o a prendere botte (lo si vedrà nella conclusione): perché lo stesso vale per il maestro di Karate che rifiuta il point fighting di un certo Karate, decisamente sicuro, ma prende parte allo sport lottatorio.
Ed è anche evidente, proprio argomentando, che il discorso riguarda solo ed esclusivamente i maestri ed insegnanti, i quali notoriamente amano cimentarsi in molteplici attività purché non sia quella che insegnano.
Lo ho visto chiaramente organizzando dei tornei. Il maestro di Jiu Jitsu statisticamente è poco presente alle gare dello stesso. Se ne lamentava anche una nota cintura nera tempo fa: "tutte cinture nere, ma dove sono alle gare?", questo il suo messaggio.

Il punto è dunque questo, mentre è lampante che c'è qualcosa che non va nel Santone Maestro di Grappling che rifiuti o che abbia sempre rifiutato il confronto sportivo nella sua disciplina, il discorso diventa più capzioso laddove i Santoni Maestri di altre discipline non volendosi arrischiare dove sono titolati, cercano qualcosa di molto accessibile a tutti per ricrearsi una verginità e darsi una nuova livrea sportiva.
Il Karate ha le sue molteplici tipologie di gare, il coacervo delle discipline di Kick Boxing ne offre di diverse tipologie, il Kung Fu ha il Sanda e altri format ancora, le MMA hanno diverse serie amatoriali e così via.
Eppure tutti evitano le proprie e corrono nel grappling/Jiu Jitsu... a meno che non insegnino Jiu Jitsu.
Un autentico Refugium Peccatorum.