venerdì 24 agosto 2012

Psicopatologia dell'arte marziale e dello sport.

  1. È eccessivamente assorbito dalle arti marziali (per esempio, il soggetto è continuamente intento a rivivere esperienze trascorse di combattimento, a valutare o pianificare la prossima impresa sportiva, a escogitare i modi per migliorare la propria performance)
  2. Ha bisogno di sfide sempre maggiori per raggiungere lo stato di eccitazione desiderato
  3. Ha ripetutamente tentato di ridurre il volume di allenamento, controllare o interrompere l'attività sportiva, ma senza successo
  4. È irrequieto o irritabile quando tenta di ridurre o deve interrompere la pratica sportivo/marziale.
  5. Si dedica alla pratica marziale per sfuggire problemi o per alleviare un umore disforico (per esempio, sentimenti di impotenza, colpa, ansia, depressione)
  6. Dopo aver perso un confronto, spesso torna per competere ancora, ripromettendosi di allenarsi di più.
  7. Mente ai membri della propria famiglia, o ad altri per occultare l’entità del proprio coinvolgimento nell'attività marziale, o è in imbarazzo per il tempo che vi dedica di fronte a colleghi o amici.
  8. Ha commesso azioni illegali come l'assunzione di integratori non notificati in Italia, ha falsificato certificati medici di idoneità agonistica, ha assunto farmaci dopanti o integratori in quantità irresponsabili.
  9. Ha messo a repentaglio o perso una relazione significativa, il lavoro, oppure opportunità scolastiche o di carriera per le arti marziali.
  10. Fa affidamento sugli altri per reperire il denaro allenarsi continuamente o prova a non pagare perchè non può permetterselo.
Se vi siete trovati in cinque dei dieci punti elencati, o vi siete riconosciuti con imbarazzo in alcuni è probabile che il vostro rapporto con l'arte marziale che praticate non sia esattamente sano e che sia la coperta (corta) di altri problemi.
I dieci punti, come del resto questo articolo, sono il frutto di una mia ricerca su quelle che scientificamente vengono catalogate come “dipendenze senza sostanza”. Dipendenze che spesso hanno in realtà la loro causa in alcune sostanze chimiche ma, al contrario delle altre, non le assumiamo volontariamente ma le secerne il nostro corpo. Un complesso di neurotrasmettitori, di catecolamine e ormoni, che causano a livello prettamente chimico dipendenza.
I dieci atteggiamenti sono stati presi da una di queste dipendenze che rientrano nella stessa nomenclatura scientifica, la dipendenza da gioco d'azzardo, semplicemente cambiando parole chiave.
Il problema in questo caso è ancora più subdolo che per altre dipendenze: qui non abbiamo fumose bische coi soldi sul tavolo, o incalliti fumatori obesi incollati ad una slot machine. Non abbiamo un comportamento evidentemente riprovevole a livello sociale, l'opposto. Abbiamo un comportamento che sembra l'esaltazione del corpo e della vitalità, l'esaltazione della volontà e delle proprie qualità psicofisiche. 
L'arte marziale è un ottimo calderone per pseudo etiche, pseudo valori e pseudo amicizie. L'ambiente marziale peraltro si contorna spesso anche di superficiali filosofie esistenziali, spesso mal interpretate o addotte a scusante per la propria condotta di vita che è evidentemente carente su altri fronti e sbilanciata. Il soggetto quindi si caratterizza anche per questo, secondo la Dottoressa Monica Monaco che scrive “Altre persone appartengono al gruppo degli “sportivi compulsivi”, in cui l’attività fisica è un modo come un altro per sostenere una precisa routine che conferisce un senso di controllo e di superiorità morale. “
Dietro addominali scolpiti o prestazioni sportive notevoli si cela spesso, quindi, uno squilibrio, un'incapacità di vivere appieno la vita e di accettare la varietà di stimoli e di difficoltà che essa propone. Una paura, spesso manifesta, di confrontarsi su altri piani che non siano quelli della propria disciplina. Una vita giocata ad escludere dalla propria scacchiera tutte le pedine che non condividono la nostra scelta totalizzante e, di riflesso, una vita dedicata a contornarsi da chi ha la stessa psicopatologia, la stessa dipendenza senza sostanza e gli stessi problemi di ego.
Allenamenti nei giorni più impensabili dell'anno, derisione da parte degli amici o colleghi, difficoltà o incapacità di gestire relazioni sentimentali o amicali esterne alle arti marziali, ideazione ossessiva di tematica sportivo/marziale, assenza di interessi esterni. Un quadro comune, che molti rigetteranno con forza, ma che sarà ancora una volta inequivocabilmente segno di un malessere e di una cattiva gestione di se stessi.
L'arte marziale può significativamente migliorare la qualità della vita per i suoi molteplici risvolti in fatto di forma fisica, socializzazione, autostima, autocontrollo, risvolti culturali, filosofici e morali.
Nello stesso modo può diventare un problema laddove questa via sia stata cavalcata non come scelta ma per ovviare alla mancanza di alternative.

sabato 18 agosto 2012

Le emozioni dei protagonisti del LDE.

Una breve rassegna delle dichiarazioni rilasciate da alcuni di protagonisti del primo Lutador De Elite.

LUCA ANACORETA
Mi piace confrontarmi e adoro la competizione soprattutto quando si vince per finalizzazione e non si punta a fare il mezzo punto o il vantaggio. Mi ero già preparato per gli europei di grappling e quindi ne ho approfittato anche per il Lutador de Elite.
Il mio primo obiettivo era la finalizzazione, come seconda scelta era prendere la schiena e prendere il punto, in quest'ultimo periodo mi ero concentrato, nel prendere la schiena in ogni lotta, durante l'allenamento.  Lottare con questo tipo di regolamento, non mi ha cambiato moltissimo il modo di lottare perchè in genere prediligo la finalizzazione, anche se i miei avversari sono stati bravissimi a non lasciarmi spazi per le finalizzazioni.

PAOLO STRAZZULLO
Quando ho ricevuto la telefonata di Nicola Mercuri, che mi invitava a partecipare a questa innovativa formula agonistica, mi sono sentito allo stesso tempo onorato ed eccitato.
Onorato per essere stato scelto tra tanti lottatori che in Italia hanno dato prestigio al BJJ, onorato per essere stato ritenuto all'altezza di quello che ci si aspettava dovesse essere un torneo di alto livello (almeno per gli standard italiani).
Eccitato dall'idea di potermi confrontare con altri sette lottatori di quel livello, dall'idea di affrontarli con un regolamento che piu' di altri si avvicina all'anima piu' profonda della disciplina alla quale ci siamo votati con dedizione, senza troppe astuzie e cavilli.
Per prepararmi a questo appuntamento, a parte l'abitudine a lottare sui dieci minuti, come previsto dal regolamento, il mio è stato piuttosto un processo di “de-costruzione”, ho cercato quindi di togliere più che aggiungere: rimuovere tutte quelle dinamiche, quelle furbizie e quelle strategie proprie delle sportivizzazioni lottatorie e che privilegiano la conquista del punticino, del vantaggio, le fasi di stallo e l'uso improprio del regolamento piuttosto che la ricerca della finalizzazione ad ogni costo. Direi che è stata un'esperienza liberatoria, considerato che abitualmente vengo (senza troppi torti) definito un lottatore “catenacciaro” per via del mio comportamento in gare che prevedono altri regolamenti. E' stato senza dubbio divertente potersi buttare nella mischia, come dico io, con la “baionetta in canna”.
La mia strategia di gara consisteva quindi nel NON avere strategie: affrontare la gara senza preoccuparsi delle posizioni dominanti, ma cercando piuttosto di essere insidioso, sfruttare gli errori dell'avversario anche quando questi apparentemente sembrava dominare la lotta. Direi che, indipendentemente dal risultato, posso ritenermi soddisfatto perché sono rimasto coerente alla linea di condotta che avevo impostato, e questo esperimento per me è valso più di molte altre esperienze.
Purtroppo pero' calato nella pratica la mia non-strategia ha cozzato con quella degli avversari, che invece in alcuni casi mi è sembrata molto strutturata e precisa, sicuramente meglio disegnata.
In alcune lotte ho notato una certa tendenza a risparmiarsi nei primi 6 minuti, mantenendo un atteggiamento conservativo, per poi esplodere negli ultimi 4 minuti...cercando di capitalizzare punti e inducendo l'avversario a recuperare gli stessi esponendosi al rischio di essere finalizzati.
In ogni caso non ho rimorsi, e credo che sia stata un'esperienza fantastica e istruttiva quanto mai.
Sarei veramente felice se si riuscisse a organizzare nuovamente un evento simile, magari anche in una variante NOGI, e ovviamente sarei onorato di parteciparvi qualora fossi nuovamente invitato. Grazie a tutti.

CIRO RUOTOLO
Il piacere di esser stato invitato ad un torneo di lottatori scelti.
Mi sono allenato come sempre in vista di una competizione.
Finalizzare non è il mio forte, quindi ho impostato il macth sul dominare l'avversario e al momento giusto prendere la schiena.
Sono soddisfatto che in palestra col mio team stiamo lavorando bene e prenderò spunto da questo torneo per migliorarmi.

ALESSANDRO FEDERICO
mi ha spinto a partecipare prima di tutto il prestigio di poter combattere contro avversari degni della massima stima e rispetto con una formula ad invito e a fronte di un regolamento molto più genuino di qualunque altro attualmente sul terreno delle competizioni di lotta per sottomissioni.
 Data la mia inferiorità fisica generale, peso,età, disponbilità di tempo per allenarmi, la mia strategia è stata quella di rimessa, stile orazi e curiazi, purtroppo andata non del tutto bene, non avevo tenuto conto di alcuni dettagli che ora potrò rivedere. Già questo significa tanto, migliorerò grazie a questa esperienza, proprio in quanto stimolato dagli errori commessi, sia prima che durante la gara. Ritengo che un vero jiujitero non si debba mai adagiare sulle vittorie, ma debba riflettere sulle sconfitte e sugli errori fatti.
 Avevo lottato solo con Ciro Ruotolo senza gi sui cinque min. E sicuramente su questo piano al LDE mi sono trovato meglio. Con Luca era la prima volta, non posso sapere ... Con entrambi sono convinto che il mio stile di lotta mi avrebbe maggiormente favorito in un confronto no-gi.
- preciso che mi ha inoltre fatto molto piacere pensare di potermi confrontare con una Elite di lottatori prescelti non solo in quanto forti e tecnici, ma anche in quanto persone degne di rispetto e soprattutto fiducia sul buon andamento dell'evento anche in termini di una PULITA rappresentazione del Brazilian JiuJitsu.


DAVIDE CIRELLI
avrei voluto che il mio spirito, vedendo l'importanza della gara, mi avesse dato uno stimolo per rinascere cosa che purtroppo non c'è stata... ormai mi alleno da più di un anno 3 volte a settimana e non mi sento inferiore a nessuno e solo che adesso non passo un momento felice ma spero in momenti migliori...
Comunque è stato un vero onore partecipare a questo evento e spero un giorno che si possa ripetere per dimostrare a tutti il mio vero valore

venerdì 3 agosto 2012

Perché non possiamo aspirare alle olimpiadi (parte seconda)

Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina, Oreste Leonardi, Domenico Ricci.
Nomi, nient'altro che nomi. Non vi dicono niente vero? Proviamo con questi allora.
Alberto Tomba, Clemente Russo, Aldo Montano, Valentina Vezzali, Andrew Howe...
inutile continuare avrete riconosciuto sicuramente di chi parliamo.
La prima lista dei nomi, quelli che non ci dicono nulla, ha qualcosa in comune con la seconda.
Sono tutti Servitori dello Stato. I primi però sono tutti morti.
Questi anonimi non sono morti né di vecchiaia né di malattia, né sono eroi risorgimentali. Oggi sarebbero ancora vivi e vegeti, forse tutti. Questi anonimi sono morti ammazzati, sotto i colpi d'arma da fuoco o d'esplosivo, chi delle Brigate Rosse chi della mafia. Sono nomi presi dalla scorta di Aldo Moro e di Paolo Borsellino. Questi anonimi Servitori dello Stato sono morti senza presenziare a reality show, senza farsi leggere sui rotocalchi rosa, senza nessuno che li sponsorizzasse. Sono tutti morti ammazzati.
E' un'anomalia tutta italiana e del nostro Comitato Olimpico (quello che gestisce indirettamente il Calcio... e non ci dobbiamo dire altro, vero?), quella di avere “atleti di Stato”, accorpati alle Forze dell'Ordine. Succedeva nella dittature, sembra che sia una nostra peculiarità in occidente.
La lista dei secondi, quella dei nomi famosi, li abbiamo dapprima pagati noi, poi li hanno pagati gli sponsor che si sono procacciati grazie al fatto che il nostro Stato gli ha permesso di divenire delle Star dello sport. Sono formalmente poliziotti, carabinieri o altro, ma non saranno, o non lo sono mai stati, davvero operativi. C'è un sottobosco di persone che paghiamo noi che vengono insigniti con le più alte onorificenze di questa Repubblica e che vestono una divisa, quella dei primi, di quelli tutti morti. Una divisa che non hanno spesso rispettato per comportamento e per contegno, una divisa che gli hanno messo lo Stato e il Comitato Olimpico nazionale a tutta spesa nostra. Colleghi di persone che non li conoscono e che loro non conosceranno mai, perché sono morti e perché i loro nomi suonano come Mario Rossi, anonimi.
Clemente Russo, al reality "la talpa"
Tra le tesi a favore dell'ingresso di determinate discipline nel circolo olimpico, c'è anche questa: tale ingresso favorirebbe il professionismo e alzerebbe il livello globale, anche grazie ai gruppi sportivi delle Forze Armate.
Il professionismo viene favorito dagli imprenditori, pertanto dalle economie. Ai miei amici talentuosi che vivono di Jiu Jitsu, ad esempio, non auguro di indossare una divisa che non sentirebbero, di divenire dei parassiti del nostro Stato. Preferisco augurare loro di trovare qualche ottimo imprenditore illuminato disposto a cacciare soldi e a farli girare, che li tratti per ciò che sono. Atleti. Non falsi militari, non Sputnik umani da lanciare per la propaganda politica, che non indossino la divisa degli eroi della Democrazia ma degli eroi della loro disciplina. Auguro loro di trovare un libero mercato dove possano scegliere il circuito che preferiscono e dove li pagano di più.
Perchè siamo rimasti noi e qualche dittatura delle banane a far fare il militare a coloro che militari non sono e non devono essere. Un costo sociale. Ma non solo, un costo storico immenso, perché la lista dei primi, quelli che, come nella “Spigolatrice di Sapri”, come loro erano giovani e forti ma sono tutti morti potrebbe oggi dirvi qualcosa. O potrebbe dire qualcosa a me, che pure non li conoscevo e li ho cercati per redigere queste righe. Eroi senza medaglia in vita, solamente postuma, che sotto terra non brilla. Eroi senza nome e volto, un volto divorato dal Comitato Olimpico e dai loro colleghi che anche quest'estate occuperanno i rotocalchi rosa, piagnuculeranno per una preparazione non all'altezza, che stringeranno sodalizi a tre o quattro zeri con una qualche multinazionale. Colleghi di nulla. Atleti di Stato ad uso dell'Olimpiade, dei suoi affaristi e dei suoi politici.


http://it.wikipedia.org/wiki/Atleta_di_stato

Parte prima

Perché non possiamo aspirare alle olimpiadi (parte prima)


C'è qualcosa di davvero potente ed evocativo nelle olimpiadi. Basti pensare all'uso che ne hanno fatto i totalitarismi. All'importanza che attribuiva Hitler ai giochi olimpici di Berlino del 1936, per i quali commissionò a Leni Riefenstahl l'epico docufilm Olympia. O si pensi all'Urss: gli atleti russi erano sconosciuti fino alla guerra fredda e un paese senza una cultura sportiva divenne di colpo competitore per la vetta del medagliere olimpico. Si veda oppure la Cina attuale, uno strano paese ove sono state fatte nefandezze di ogni tipo per organizzare le Olimpiadi del 2008 e dove le donne autoctone attualmente nuotano più veloce degli uomini.
Potere del pathos olimpico. Ribalta anche le leggi di natura.
Divenire uno sport olimpico è un grande affare politico ed economico e come tale dovrebbe interessare a due sole categorie di persone: gli affaristi e i politici.
Lo sportivo no, non ne cava nulla dalle olimpiadi e dall'eventuale inserimento del proprio sport come sport olimpico.
Le olimpiadi hanno fatto tappa nei peggiori regimi della storia dell'umanità. Nel 1936 a Berlino, nel 1980 nell'ex Unione Sovietica fresca di invasione dell'Afghanistan, nel 2008 in Cina. Ma anche i democrazie/regimi immaturi come in Messico nel 1968, ove poco prima delle olimpiadi furono massacrati e uccisi oltre cinquanta studenti che scendevano in piazza per protesta politica. O come accadrà nell'immatura democrazia brasiliana con i giochi del 2016.
Se esiste un regime, un'economia emergente, un potere forte da supportare, beh, possiamo starne certi: vi faranno tappa le olimpiadi.
Paradigma del tutto i giochi olimpici del 1996 ad Atlanta. Il romantico centenario olimpico sarebbe dovuto spettare di diritto ad Atene. Ma il Comitato Olimpico Internazionale optò decisamente per Atlanta, dove uno dei più grandi partner economici delle olimpiadi, la Coca Cola, avrebbe potuto foraggiare i politici e gli affaristi del CIO (Comité International Olympique ). Gli americani che tornavano dal Golfo per far poi tappa nei Balcani avevano anche tanto bisogno di un'”operazione simpatia” e di un buon affare. Per evitare di sganciare bombe per far fronte alla crisi da sovrapproduzione ciclica niente di meglio che una bella olimpiade all'insegna della bevanda simbolo del capitalismo Yankee.
Qualcuno vorrebbe farci credere che le olimpiadi sono una manna per gli sport e si usano diverse argomentazioni. Una ad esempio è la severità dei controlli olimpici sul doping. Nulla di più falso. Le olimpiadi sono state e sono il laboratorio per le cavie umane dei regimi di ogni tipo sotto l'occhio socchiuso del CIO. Tutti sappiamo oggi delle scuole di “cultura fisica” dei regimi dell'Est dove gli atleti, indottrinati, privati della loro personalità e soprattutto pesantemente dopati facevano da gagliardetto umano per i loschi scopi propagandistici della politica internazionale. Casi come quello di Andreas Krieger, atleta della DDR nel lancio del peso diventato uomo in seguito alla somministazione di anabolizzanti e ormoni maschili o Ute Kraus, nuotatrice, soggetta per anni a bulimia e depressione per gli stessi motivi. Teneri mostri creati da autentici mostri. Affaristi e politici.
Basti vedere la nuotatrice cinese metà donna metà motoscafo Shiwen, di Londra 2012, che nuota più veloce dei maschietti e il CIO bonaccione non sembra prendere provvedimenti.
Altri sostengono che l'ingresso tra gli sport olimpici sia una vetrina di cui godranno tutti gli appassionati degli sport eventualmente ammessi. Falso. I più grandi movimenti economici sportivi se ne fottono delle olimpiadi come ad esempio il Calcio, il Basket o la Formula 1 che sono semplicemente tra gli sport più ricchi del mondo. Le olimpiadi sono uno spettacolo a sé, il singolo sport semmai viene massificato e generalizzato, omologato in una generica e falsa logica olimpica per cui ogni sport ha dei valori comuni. Ci pensa l'italico canoista che fresco di medaglia ci ha spiegato che gli sport in generale non hanno punti in comune e non si amano “ nel calcio serve una palla, nel mio sport due”.

Parte seconda