Per la prima volta un intervistato mi "scippa" l'idea che mi ero preparato circa la sua presentazione. Avere Andrea in condivisione su, ad esempio, un social network, significa scoprire un ragazzo colto, sensibile all'arte, all'attualità politica, alle problematiche sociali, appassionato di vari sport. E' un vulcano di spunti e passioni. Nella sua prima riga di questa intervista ce lo racconta lui stesso infatti. Appassionato di passioni e lettore attento dell'evoluzione del mondo che lo circonda, sia che l'evoluzione in esame riguardi il mondo marziale sia l'arte o la politica. Nel visionare gli incontri che lo hanno visto in veste di arbitro, come gli ho detto in privato, sono rimasto notevolmente colpito dal suo piglio attento, umano, responsabile e coraggioso. Un arbitro vero sa prendere anche decisioni difficili e, anche in questo caso, sembra far capolino la sua cultura, la sua sensibilità per la realtà circostante.
Autore e conduttore di un pionieristico programma radiofonico sulle MMA e "last but not least" praticante di arti marziali e sport da combattimento dalla più tenera infanzia.
Potevo chiedere di più?
L'intervista.
Ciao Andrea, presentati agli amici di Try To Fight che non ti dovessero conoscere.
Mi chiamo Andrea Bruni, 35 anni, appassionato di arti marziali, cinema, motociclismo e sport vari che non siano il calcio. Per diletto faccio radio da qualche anno, inizialmente a Radio Rock, ora con una trasmissione solo sulle MMA ogni Sabato mattina su una Radio che tratta solo di sport.
Forse il mio trascorso accademico, il mio essere considerato, a ragione, un pignolo “cacacaz...”, mi hanno dato accesso al mondo degli arbitri, cosa che quando ero giovane e praticavo Tae Kwon Do, ho sempre guardato con sospetto…Ora sono ufficiale di gara per la FIGBJJMMA e ho già un buon numero di presenze da arbitro e giudice in match di MMA pro.
Sei un pioniere radiofonico delle MMA.
Prova a spiegarci le difficoltà, gli oneri, gli onori e l'impegno necessario per la conduzione di una trasmissione del genere.
Non ci sono state grosse difficoltà, ho semplicemente dovuto spiegare il tipo di trasmissione e programma ai direttori della rete, ma soprattutto cosa fossero le MMA. Devo ringraziare Saverio Longo(Presidente della FIGBJJMMA) e Luca D’Amico(suo allievo ed ex dipendente di Radio Manà Sport) se finalmente in Italia c’è una trasmissione con scadenza settimanale che viene trasmessa sia in FM che in streaming, dedicata alle MMA. Comunque non c’è stato scetticismo o altro, anzi, sono stati così disponibili in seguito da permettermi di organizzare delle “notturne” in diretta degli eventi UFC. Tra gli oneri ci sono quelli di cercare di offrire sempre una programmazione interessante, riportando notizie agli appassionati, sia su eventi italiani, che su eventi internazionali e la responsabilità di essere una voce che faccia conoscere il nostro sport anche a chi lo ritiene un qualcosa di violento per violenti. Tra gli onori sicuramente la possibilità di intervistare atleti del panorama internazionale, lo stesso Dana White, ma anche atleti italiani in ascesa, e in attesa di una chiamata da qualche circuito importante…devo dire che mi manca ancora di intervistare Alessio Sakara e questo mi dispiace molto.
Altro tuo impegno è l'arbitraggio. Mi ha molto colpito un tuo intervento per interrompere un incontro dove un atleta aveva subito un poderoso e ben piazzato high kick. Traspare da questo evento e da altri un grosso senso della responsabilità e, devo dire, anche un certo coraggio perché probabilmente non sempre le scelte arbitrali sono condivise dagli atleti, dai sostenitori degli atleti o dal pubblico. Spiegaci insidie e gratificazione dell'arbitraggio.
Succede che le scelte arbitrali, non siano ben gradite né dall’atleta né dall’angolo né dagli spettatori. Dobbiamo però fare delle precisazioni. Match da pro e da amatori. I regolamenti sono diversi, sono pubblici e pubblicati, e spesso né gli atleti né i coach conoscono le regole con cui salgono sulla materassina o entrano nella gabbia. Ed è un problema serio, soprattutto se è un torneo, e i ragazzi sono principianti, parliamo quindi di serie C e D nelle mma amatoriali per esempio. Il regolamento è pubblicato sulla stessa pagina in cui c’è il link per l’iscrizione al torneo, l’orario e la location…ma nessuno lo legge. Spesso alcuni coach fanno domande poco prima di far salire i ragazzi sulla materassina, o contestano la regola una volta dato il punto…perché non conoscono il regolamento stesso o perché non hanno letto gli aggiornamenti.
Idem per i match da pro e semi-pro. Sono dell’idea che se il tuo atleta debba combattere con regole semi-pro, debba essere preparato con quelle limitazioni per dargli degli automatismi tali, che in caso di gnp non vada a scaricare subito sul viso dell’avversario o che non cerchi la ghigliottina dalla monta…cose così…nei match in gabbia, che siano pro o semi cambia poco, l’abitudine alla parete e quindi al non afferrarsi è più complicata da abituare, non tutti hanno la possibilità di allenarsi dentro una gabbia regolamentare, quindi sono più tollerante, aspetto 3 richiami prima di dedurre il punto e avviso al terzo richiamo. Attenzione però, la colpa è anche dell’atleta…è giusto che si fidi del proprio coach, ma alla fine è lui che entra in gabbia o sale sulla materassina a prendere e dare botte. E poi ci sono gli spettatori, molti dei quali amici e non compagni di allenamento, che non hanno quindi idea delle regole con cui stanno combattendo.
Probabilmente dopo tanti match dell’UFC e di altri eventi visti e alcuni osservati e studiati attentamente, non sono riuscito a non notare i vari comportamenti degli arbitri o i metodi di giudizio dei giudici. Cerco quindi in primis di far rispettare il regolamento a tutela degli atleti, soprattutto nei casi in cui ci siano molte più limitazioni, amatori o semi-pro, e poi lo spettacolo e la tecnica.
L’incontro cui tu fai riferimento è stato vagamente contestato in primis dall’atleta, il quale stava combattendo con un regolamento semi-pro, e poi dall’angolo e da altri allenatori di altri team, i quali hanno anche paventato un mio aver regalato la vittoria dato che mi hanno visto scherzare con il suo coach…quello che mi fa più imbestialire è l’aver dato un giudizio senza conoscermi. Ovunque vada, nella maggior parte dei casi, sia allenatori che atleti, che abbiano vinto o perso durante un mio arbitraggio, mi salutano e scherzano con me. Ora, sarei amico e favorirei tutte queste persone? Poi c’è da aggiungere che il mondo della arti marziali e degli sport da combattimento è piccolo, io sono nel giro da 24 anni, è normale che bene o male conosca qualcuno…e che con alcuni di questi si possano essere sviluppate negli anni, conoscenze e anche amicizie.
Il ko a seguito dell’high kick è stato netto, mi hanno contestato un pugno al viso nel breve gnp successivo, ma Amendolagine ha prima spinto e tenuto l’avversario a terra, poi l’ha colpito sul petto una prima volta e forse la seconda sul viso, ma sicuramente in modo non intenzionale, e comunque era un match di semi-pro, sarei dovuto intervenire anche prima del controllo a terra e del gnp. Quindi io mi contesto un leggero ritardo nell’intervento.
Ci sono ovviamente gratificazioni, e sono il sorriso sugli atleti che si abbracciano a prescindere dal risultato, significa che il mio intervento è stato limitato e quel poco non invadente e opportuno. Questa è anche l’immagine che più mi piace nelle MMA, e l’essere stato parte seppur “passiva” di ciò, mi fa molto piacere.
Passiamo alle domande tecniche: cosa consiglieresti ad una persona che vuole provare a costruirsi delle conoscenze e delle abilità funzionali per le MMA, di sperimentare i diversi ambiti del combattimento con i relativi specialisti o di formarsi direttamente in ottica globale, pertanto subito con un allenamento globale e generalizzato?
Domanda la cui risposta è impossibile, o almeno impossibile rispondere in modo politicamente corretto e diplomatico. Provo con un elenco…e cerco anche di spiegare i pro e contro…e le insidie…
1 – cercare una palestra di MMA e provare sarebbe la scelta migliore, ma siamo in Italia e i venditori di fumo sono ovunque, soprattutto nelle arti marziali, e ora soprattutto nelle MMA in cui iniziano ad esserci interessi economici non indifferenti.
Come essere sicuri che la palestra di zona non ci sia un istruttore che venda fumo? Siamo nel 2012, google e youtube permettono di avere accesso a informazioni e video che potrebbero aiutare ad evitare situazioni poco chiare…e quindi verificare se i titoli millantati dall’istruttore o dagli atleti siano o meno validi. Ci sono anche dei gruppi di studio, che meriterebbero più rispetto e attenzioni rispetto a quelli che da stili tradizionali, si improvvisano maestri anche di MMA, mettendo video online in cui praticano uno sparring privo di tecnica e di scopo, in cui tentano proiezioni imparate su youtube direttamente sul parquet…
2 – praticante di una disciplina di specifica che vuole avvicinarsi alle MMA? Abbassare la cresta e iscriversi ad un corso di MMA(vedi punto 1), e qualora non dovesse esserci, andare in una palestra in cui praticano una disciplina diversa dalla sua. È ormai riconosciuto che le MMA moderne sono composte da 3 macro aree di combattimento, striking, wrestling e grappling. Sono delle aree che ormai non sono più thai + libera + bjj, ma sono thai adattato per il regolamento di MMA, libera adattata per…e così via. È folle pensare di allenarsi di thai, poi il giorno dopo di libera, poi il successo di bjj ed entrare dentro una gabbia con skills completamente slegati tra loro. Tornando al problema quindi in caso uno striker volesse avvicinarsi alle MMA, dovrebbe andare in una palestra in cui pratichino discipline lottatorie, preferibilmente il bjj o grappling, perché si può perdere per decisione contro un wrestler, ma è più pericoloso perdere per sottomissione o per ko. Fare presente quindi all’istruttore la volontà, in futuro, di provare un match con regole MMA, e capire se lui sia interessato a far vedere, qualora ne abbia le conoscenze, tecniche, passaggi, shoot, tutto adatto ad un avversario che può colpirti con pugni, gomiti, calci e ginocchia. Idem se si dovesse scegliere una palestra di libera o di greco-romana…Vale anche al contrario…un grappler necessita di imparare ad evitare i colpi in piedi, i tempi in cui Royce Gracie portava a terra a piacimento e sottometteva sempre a piacimento avversari che non sapevano cosa fosse uno sprawl o come difendere il braccio da un armbar, sono fortunatamente passati e lontani.
Ovviamente la chiave centrale è il wrestling, offre la possibilità di decidere dove portare il match. Liddell, wrestler fortissimo, ha usato i suoi skills lottatori per evitare di finire a terra, sprawl and brawl...Fitch e altri per sfruttare il grappling o il proprio jiu jitsu.
Come vedi oggi la dicotomia striker vs grappler? Tra i “main event” mi viene in mente l'incontro tra Werdum e Overeem, di nemmeno un anno fa, dove l'uno faceva di tutto per cercare il suolo mentre l'altro tutto per evitarlo. Premesso che personalmente gradisco gli specialisti, pensi che sia superata o si supererà come dualità?
Hai preso come esempio un “rematch”…in cui Overeem già punito a terra nel loro primo incontro, ha cercato di non ripetere l'errore commesso la prima volta. All'interno di questo “classico” delle MMA ormai si sono inseriti i wrestler, o almeno, il wrestling è ciò che può fare la differenza.
Non sono un amante dei pesi massimi, preferisco le categorie più leggere, uno dei match più belli che ho visto recentemente è stato quello tra Demetrious Johnson e Ian McCall.
Sicuramente un match tra “specialisti” vende molto di più, perché aumentano le possibilità di una vittoria per tko o per sub, ma allo stesso tempo saranno sempre di meno, e ne sono contento. Altro match da vedere e rivedere Ben Henderson vs Frankie Edgar, striker vs wrestler. Recentemente non ci sono più grappler puri, lo stesso Nate Diaz ha una boxe eccezionale, è un cecchino con quelle leve lunghe, ma allo stesso tempo ha un bjj letale.
Ti presento una mia opinione: negli anni e nel mondo, sia in grandi eventi sia in eventi minori, le MMA mi pare che ci abbiano mostrato ottimi atleti provenienti dalle più disparate esperienze marziali. Ovviamente alcune discipline di provenienza risultano più presenti di altre, ma credo sia un dato da attribuire alla vocazione più o meno competitiva e sportiva di alcuni settori, magari tradizionalmente più votati all'agonismo e al confronto e probabilmente anche alla storia delle MMA. Detto questo: pensi che possiamo ancora affermare che alcune arti marziali non siano efficaci o che invece lo siano l'abitudine a non confrontarsi e alcune metodologie di allenamento?
La risposta devia leggermente dalla domanda... tutte le discipline “classiche”, sono piene di tecniche, forme, principi e metodologie in alcuni casi volutamente desuete o che comunque su un ring o su una materassina o in una gabbia non trovano ambito di applicazione anche in un regolamento come quello delle MMA che permetterebbe il confronto tra diversi stili.
Tornando alla domanda, sì, la mancanza di un confronto “serio” è il motivo principale per cui molte discipline marziali basate sul concetto di difesa personale o ancorate a dogmi di vario genere e specie, stanno morendo, e non è la moda delle MMA a farle morire, ma il loro non voler accettare un concetto semplice semplice, l'evoluzione.
Come ho già scritto, alcuni di questi per sopravvivere stanno improvvisandosi istruttori di MMA, proclamando che i propri ragazzi prenderanno parte a tornei o match...la cosa strana, è che grazie anche alle MMA amatoriali della FIGBJJMMA, questi presunti istruttori potrebbero testare loro stessi o far provare ai propri ragazzi cosa sia un match a contatto pieno, con le protezioni e con varie limitazioni.
Devo aggiungere un qualcosa, non concordo con l'esistenza delle serie C e D. Troppo distanti dalle MMA, troppo.
Poi ci sono praticanti di tali stili “classici” che si testano, che integrano e lo fanno con dedizione e serietà, riconoscendo i limiti del proprio stile di provenienza, e quelli meritano rispetto, al contrario dei primi che invece reputano così invincibile il proprio stile, perché secolare, che non capiscono quanto ridicoli siano.
Una nuova domanda per quello che riguarda questo sito: tu hai fatto tante esperienze, tradizionali e non, hai visto tanti ambiti del combattimento e tanti eccelsi atleti. Non ti è mai venuto in mente di creare un tuo approccio al combattimento. Sebbene in Italia sia una cosa sempre ostracizzata, tu personalmente che ne pensi? Ti piacerebbe? Come organizzeresti, al di là che lo faresti o meno, una tua “scuola”?
Ognuno di noi, soprattutto se proveniente da uno stile specialistico, avrà delle preferenze come combattimento, allo stesso tempo, c'è da considerare che non si sale da soli sul tatami o dentro la gabbia e quindi si dovrebbe essere abbastanza versatili, qualora non si abbia avuto modo di preparare e studiare un gameplan. Detto ciò, no, non aprirei mai una mia “scuola” intesa come nuovo stile. Al momento il concetto di scuola/stile è un po' contro quello che professo, cioè l'allenamento nelle varie fasi del combattimento, che sia per un match o per semplice divertimento.
Se proprio dovessi aprire una palestra, credo che applicherei il metodo Hung Mun, cercherei di offrire vari tipi di corsi, attrezzature adeguate per la preparazione atletica, uno staff di istruttori sempre presenti e ragazzi con cui fare sparring. Niente di innovativo, niente di esotico, solo qualcosa di pratico e funzionale.
Gioco della torre, ti dico due discipline mi dici chi butti giù e perché... ovviamente scatenati pure nell'analisi e nei commenti! Iniziamo. Karate o Taekwondo?
Questa è facile facile, butto giù il karate...diciamo che ancora prima del dualismo striker vs grappler c'è stato quello tra noi del tkd e loro del karate...mi riferisco al karate tutto forme e contatto leggerissimo...credo che sia un'aberrazione del concetto stesso di arte marziale...senza botte, che arte marziale è???
Boxe o Kick boxing?
Questa è molto più difficile. La boxe mi piace molto di più da vedere, ma la kick boxing è decisamente più completa...forse butterei giù la kick boxing.
Krav Maga o Wing Chun?
Krav Maga, ma più per una questione di tipo di marketing che altro. Alla fine sono lo stesso tipo di prodotto, stesso tipo di drill e di “entrate”, chiamate e allenate in modo diverso, ma la sostanza è sempre la stessa.
Bjj o Submission (gi o no gi)?
Il panno resta, il grappling giù dalla torre. Forse allenarsi con il panno è come correre con gilet zavorrato, una volta che lo togli e corri vai il doppio! Quindi giù la submission grappling.
Striker o Grappler?
Anche questa è facile... Striker tutta la vita!!!
Ti ringrazio della disponibilità, Andrea. Come e dove possiamo seguirti?
Grazie a te dell'opportunità! Per chi volesse, ogni Sabato mattina dalle 11 alle 12 su Radio Manà Sport 90.9 in FM a Roma e in streaming in tutto il mondo dal sito della radio, oppure su facebook https://www.facebook.com/MMACafeRadio e sul blog (ancora in aggiornamento) www.mmacaferadio.blogspot.com
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domenica 20 maggio 2012
venerdì 18 maggio 2012
Intervista a Gianluca Boni

L'intervista
Ciao Gianluca, presentati agli amici di Try To Fight!, quale è la tua storia marziale?
Salve a tutti, mi chiamo Gianluca Boni, sono nato nel 1981 a Bologna, città nella quale tuttora vivo, lavoro e insegno BJJ. Attualmente sono Cintura Marrone di BJJ del M° Roberto Atalla (RioGrapplingClub) e Maestro di Grappling della FIGMMA. Fin da piccolo ho sempre praticato sport e avuto l' interessa per le AM. Dopo aver praticato alcuni stili (Semi e Light Contact, Capoeira, ecc...) iniziai il mio percorso nel BJJ e nel Grappling verso la fine del 2001, al mio ritorno dall' Esercito, in una piccola e improvvisata palestra locale (non c'era quasi nulla all' epoca!!!). Durante una della mie prime gare (penso fosse l' International Italian Open) venni a conoscenza del M° Manzo della Lynx Academy e per anni andai a Varese nei weekend per apprendere il BJJ. Abbandonata la piccola palestra iniziale, nel 2003 iniziai a lottare nel Grappling (allora si chiamava Submission Wrestling) e nella ShootFighting per lo ShootTeam del M° Lanci, per i quali, una volta conseguita la qualifica da Istruttore in Svezia x la ShootersMma, aprii il primo corso a Bologna nel 2004. Dopo queste esperienze iniziali, la vera svolta nella mia carriera marziale avvenne alla fine del 2006 quando conobbi, tramite l' amico M° Bernardo Serrini, il mio attuale Maestro, Roberto Atalla e, al ritorno da un meraviglioso viaggio-studio in Brasile gli chiesi di entrare a far parte del Rio Grappling Club, la mia attuale Squadra.
Quali sono i motivi che ti hanno spinto a dedicarti al Jiu Jitsu?
Penso fosse intorno al 1996 che vidi per la prima volta una VHS dell' UFC1 e rimasi a bocca aperta davanti alle prodezze di un giovanissimo Royce Gracie che sottometteva avversari molto più grossi di lui... questa visione, unita ai cartoni animati dell' Uomo Tigre e di Ken il Guerriero che vedevo fin dall' infanzia, penso siano state le cause principali del mio inizio nelle AM e successivamente nel BJJ :-) hehehehe
Secondo te un buon praticante di Jiu Jitsu dovrebbe conoscere anche diverse proiezioni e conoscere la difesa personale propria del Gracie Jiu Jitsu?
In gara si parte da in piedi e aprire il punteggio è fondamentale perchè in competizione i primi punti sono quelli che più influenzano l' andamento della lotta... per questo ritengo che le proiezioni e l' avere una strategia nella lotta in piedi sia importante nel BJJ ma soprattutto indispensabile nel Grappling. Anche se sono un guardeiro e amo la lotta al suolo, spesso mi capita di allenarmi con amici provenienti dal Judo e dalla Lotta... bisogna cercare di essere il più completi possibile e ricordarsi che siamo in primis tutti lottatori: lo scambio tra atleti di diverse modalità è, a mio avviso, utilissimo e altamente formativo. Diverso è il mio punto di vista riguardo la Difesa Personale, un aspetto del BJJ che non mi interessa, non pratico e a cui non credo. Mi spiego meglio: è ovvio che un Jiujitero sa difendersi da un' eventuale aggressore, ma questo perchè è abituato a competere contro avversari non collaborativi, a gestire lo stress, la fatica, il dolore ed ha un corpo allenato e forte... non certo perchè ha ripetuto all' ossessione sequenze prestabilite con Uke assecondanti. Il mio pensiero è semplice: solo combattendo si impara a combattere... meglio 1 ora di sparring e preparazione fisica che una settimana di Kata e simili. Quali obiettivi dovrebbe porsi secondo te un praticante che non partecipi a competizioni? Ognuno di noi è spinto alla pratica del BJJ da motivazioni differenti... l' importante è divertirsi, migliorarsi e stare in sintonia con i Fratelli/Sorelle con cui ci rotoliamo e sudiamo tutti i giorni. Competere è importante perchè ci aiuta a progredire e ci mostra i nostri difetti su cui lavorare ma non è tutto: il vero BJJ è quello che si fa ogni sera in palestra, è capire l' importanza del gruppo con cui condividi gioie e delusioni, è imparare il valore della costanza e del sacrificio... il BJJ è sia uno Sport che una forma d' Arte perchè ci migliora come uomini e ci da gli strumenti per esprimere la nostra interiorità attraverso la tecnica e il confronto (sia esso in palestra e/o in competizione)
Parliamo di strategia: secondo te come varia la strategia di lotta ad esempio in funzione di una più o meno marcata preparazione atletica o a seconda delle proprie caratteristiche fisiche? Tarchiati e potenti passador, e, longilinei e agili guarderi?
La strategia varia a seconda di 4 fattori principali: 1) Il regolamento con cui si compete 2) Il tuo gioco 3) il gioco del tuo avversario 4) Il tuo livello di preparazione atletica. Differente è la creazione del tuo gioco con le proprie posizioni preferite: in questo caso ritengo che la cosa più importante sia allenare al meglio i Fondamentali (senza i quali non avremmo i mezzi per sviluppare movimenti più complessi e avanzati con precisione). Il BJJ non è altro che la ricercare la maniera più efficiente di applicare il peso e la forza, è normale che ognuno di noi abbia un proprio modo di muoversi perchè, grazie a Dio, ognuno di noi è diverso e unico. Vedo il BJJ come un abito che, una volta indossato, veste a seconda della tua persona: sarà solo con la pratica che il tuo corpo deciderà i movimenti più congeniali per se stesso.
Molti muovono critiche allo sviluppo attuale delle competizioni di bjj, quali sono, se ne hai, le tue? Fortunatamente il BJJ è uno sport vivo e in continua crescita: è normale che cambi sia come dinamiche che come regolamenti durante gli anni... tutto questo grazie alla componente sportiva che, tramite le competizioni, spinge i praticanti a ricercare sempre nuovi attacchi e difese. Tutto ciò che possa aiutarci a farci alzare il braccio alla fine della lotta è da studiare e non trovo differenza di valore tra una vittoria ai punti o una per finalizzazione... l' importante è muoversi bene e chi vince (seguendo le regole prestabilite) ha ragione. Accetto di buon grado quasi tutti i regolamenti e le relative migliorie ad essi... ciò che non mi piace sono le guerre tra le Federazioni che indeboliscono il bacino d' utenza e dividono gli stessi praticanti tra di loro invece che unirli sotto il comune amore per questa Disciplina. Dal punto di vista tecnico, invece, mi piacerebbero meno limitazioni possibili... ad esempio nel BJJ le chiavi agli arti inferiori sono soggette a grosse restrizioni perchè considerate pericolose: ritengo che causino più infortuni delle altre tecniche soprattutto perchè la gente è meno abituata ad utilizzarle e a subirle... se si potessero utilizzare fin dalla bianca con meno restrizioni tecniche, gli atleti (compresi i neofiti) sarebbero più abituati a difenderle e ci sarebbero gli stessi infortuni che negli attacchi agli arti superiori e negli strangolamenti.
Come insegnante quali sono le tue metodologie didattiche, come distingui l'allenamento a seconda delle diverse cinture e tra agonisti e non?

Che cosa significa per te “provare a combattere”?
“Provare a Combattere” è fondamentale, sia in palestra che nei tornei indifferentemente. Senza metterci alla prova non sapremo mai chi realmente siamo, il vivere momenti carichi di emozioni (siano esse positive o negative) ci rafforza e rafforza lo spirito di gruppo. Un uomo, per essere tale, deve sapere sia vincere che perdere e soprattutto deve serenamente conoscere i propri limiti e i propri punti di forza... il “Provare a Combattere” è l' unico metodo per raggiungere tale consapevolezza. Come dice un proverbio, chi sale sul tatami non perde mai, o vince o migliora, la vera sconfitta è il non mettersi alla prova.
Dove possiamo trovarti Gianluca, quali sono i tuoi riferimenti per chi ti volesse contattare?
Attualmente a Bologna ho 2 corsi: uno di BJJ alla Palestra Boxe le Torri in via A.Negri 2 (Martedì e Giovedì alle 21:30) e uno principalmente di Grappling al Club Atletico Bologna in via di Corticella 147/3 (Lunedì Mercoledì e Venerdì alle 20:00). Chiunque fosse interessato alle attività del mio gruppo può seguirci tramite il mio Bloghttp://joaolucabjj.blogspot.it/ e/o contattarmi al 335-6647903. Grazie mille per l' intervista Nicola e un abbraccio a tutti gli amici di TRYTOFIGHT... a presto sul tatami! Osss :-)
Grazie a te!
venerdì 11 maggio 2012
Hikite. La mano incompresa.
La più grande presunzione dell'uomo
occidentale, notoriamente malato di etnocentrismo, è quella di
pretendere di travasare contenuti tecnici dalle arti marziali
orientali senza immergersi almeno un po' nella cultura matrice di
queste tecniche. Proprio per questa diffusa ignoranza, spesso l'Homo Oeconomicus, utilitarista e pragmatico fino allo sterile
meccanicismo, non riesce a capire bene alcuni gesti tecnici
provenienti dal lontano e oscuro oriente. Uno di questi gesti è
l'Hikite, ovvero il richiamo della tecnica, il ritornare quindi della
mano opposta mente l'altra esegue una tecniche. Sebbene in contesti
applicativi differenti questo principio è presente sia
nel contundente Karate sia nel lottatorio Judo, contesto che vedremo un altra volta.
Per l'uomo del sol calante, dunque,
istruito nella nobile arte del tirare pugni, il lavoro della mano che
ritorna sui fianchi, sembra risibile, illogico e privo di quella
basilare strategia del non scoprirsi durante l'attacco. In realtà ci
sono diversi motivi, tutti inscindibilmente fusi con la cultura
nipponica, che spiegano la ragione di questa manovra. Iniziamo da
quelli più evidenti e forse pratici:
Il ritorno della mano sul fianco permette il riposizionamento dell'arto che non attacca in una posizione di neutralità corporea. Da questa posizione tanto colpi montanti, quanto curvilinei, quanto diagonali, non avranno bisogno di accomodamenti complessi di tutto il corpo per essere sferrati. Un esempio di facile comprensione, sebbene forse non il migliore, potrebbe consistere nel provare una combinazione diretto-montante partendo prima da una guardia pugilistica e poi sferrare il diretto con il ritorno della mano opposta per poi sferrare il montante. Noteremo nella pratica che nel primo caso il montante per essere credibile deve avere una traiettoria curvilinea piuttosto accentuata mentre nel secondo caso la traiettoria è molto più diretta e per certi versi naturale, poiché non abbiamo un movimento di discesa e risalita ma solamente quest'ultimo
- Secondo alcune testimonianze documentarie del Karate di Okinawa, come i Kumite di Choki Motobu o il Bubishi, l'hikite era spesso usato per intrappolare e trazionare l'arto dell'avversario e contemporaneamente colpirlo.
Uno dei motti più famosi del Karate è “Karate ni sente nashi” ovvero il Karate non prende mai l'iniziativa. Tutti i kata iniziano con una parata. Per questo dobbiamo pensare che l'attacco era anche, ma non solo, concepito come un avvenimento ben successivo alla distruzione della tecnica dell'avversario. La logica conseguenza è il puro attacco...
- ...Il puro attacco. Se pensiamo che nella seconda guerra mondiale i giapponesi sacrificavano se stessi per attaccare i nemici, attraverso i Kamikaze, possiamo avere un quadro, per quanto iperbolico, della mentalità e del concetto di attacco di quei popoli. Mentre per noi occidentali l'attacco è strategicamente connesso con la difesa, potremmo forse affermare che per la cultura nipponica l'attacco è una scelta precisa che non conosce ritirata. Questo ci è anche confermato da alcune guardie usate nell'arte della spada, Kenjutsu, ove l'arma veniva posta ed impugnata ben al di sopra della linea mediana del corpo (jodan no Kamae). Questa pratica, ovviamente strategicamente svantaggiosa in chiave difensiva, serviva per usare il peso della spada e attaccare senza alcun caricamento, alla sola percezione dell'intenzione, “sen”, dell'avversario.
Nella pratica delle arti marziali
giapponesi, ma soprattutto nel Karate, troviamo il concetto e le
sfaccettature di “sen” ovvero l'iniziativa o intenzione. Il
Karateka dunque non sarà concentrato nel lanciare un attacco che
contempli anche la difesa perché se l'intenzione e l'iniziativa,
tanto propria quanto dell'avversario è còlta correttamente l'attacco
avrà il suo effetto e la sua efficacia senza necessità di mediare con istanze difensive. Quello che noi occidentali
chiamiamo “timing”.
Altro insieme di principi che sono ad
uso dell'Hikite, sono racchiusi nel termine “Shin”, ovvero mente.
Sono diversi gli stati mentali che vengono suggeriti dai saggi, con
diversi prefissoidi di “shin”, ma uno su tutti rappresenta quello
che vogliamo spiegare: Fudoshin, ovvero mente inamovibile.
Nell'attacco la nostra mente deve essere inamovibile, incorruttibile
dai sentimenti e dalle premure difensive, che inesorabilmente ci
renderebbero privi della pura intenzione offensiva.
In buona sostanza, dunque, possiamo anche dissentire dalla strategia e dalla pratica dell'hikite ma possiamo farlo solo dopo averne capite le più evidenti ragioni d'uso e la cultura di origine.
In buona sostanza, dunque, possiamo anche dissentire dalla strategia e dalla pratica dell'hikite ma possiamo farlo solo dopo averne capite le più evidenti ragioni d'uso e la cultura di origine.
giovedì 3 maggio 2012
L'aneddoto di Egami

Una sera rimase solo nel Dojo e inziò a
praticare il Kata Tekki (Naihanchi in altri stili). Si lasciò andare
a qualche virtuosismo e ad esecuzioni più potenti del solito, aveva
la palestra tutta per lui in fondo. Decise di sferrare un potente
Fumikomi a terra e in quel momento esatto avrebbe desiderato che ci
fosse qualcuno a vedere la sua impresa. Aveva tagliato, come raccontò
lui stesso, una tavola del parquet. Sembrava proprio tagliata con un
coltello o con una sega non spezzata. Si precipitò dal Maestro
Yoshitaka Funakoshi ( figlio di O'Sensei) per chiedere un poco
ipocritamente le scuse per quello che aveva fatto. Sapeva di aver
compiuto in realtà una sorta di impresa e voleva con le sue scuse
causare delle lodi per il suo gesto di enorme potenza. Portò
Yoshitaka sul posto e gli disse quanto era accaduto. Il giovane
maestro di Egami disse: “E' incredibile! Non sembra nemmeno rotto,
si direbbe che sia stato tagliato! Per il parquet non ti preoccupare
basta ripararlo...”

Chiese O' Sensei “Egami, è stato lei
a rompere il parquet?” “Sì, Maestro la prego di perdonarmi”
rispose sapendo di invocare in realtà nuove lodi. “Mi segua, Egami...”
replicò secco il Maestro e lo portò nel suo studio. Si sedettero e
Gichin Funakoshi disse “Egami, è la seconda volta che lei fa una
cosa simile. Noi non facciamo cose brutali come questa. Un autentico
allenamento si esegue mettendo uno strato di carta a terra e
versandoci dell'acqua sopra: a questo punto lei deve allenarsi a
starci sopra e ad eseguire le tecniche senza rompere la carta.
Comprende perché dobbiamo perfezionare la tecnica, Egami?”.
Shigeru Egami diventò una leggenda del
Karate anche grazie a questo evento secondo sua stessa ammissione. Si
dice che alcuni giapponesi sentissero la sua persona avvolta da
qualcosa di misterioso e potentissimo e credevano che avesse poteri
soprannaturali.