giovedì 29 marzo 2012

Boxing Pivot. La rotazione dei piedi nel tirare pugni.

Diceva il grande filosofo Schopenhauer che la sofisticazione "E' vero in teoria ma non in pratica" è il più sciocco degli ingannevoli cavilli nel quale ci si imbatte quando abbiamo di fronte un interlocutore poco serio e corretto. Se la teoria è fatta bene si deve manifestare nella pratica, altrimenti la teoria non ha tenuto in considerazione tutte le varianti della pratica. Una teoria giusta si verifica nella pratica. Il mondo evoluto, tecnologico, scientifico vive sulla base dell'applicazione di teorie nella pratica. Se qualcosa dovesse essere vero nella teoria ma non nella pratica ci troveremmo in quel che solitamente viene definito paradosso e quest'ultimi riguardano i filosofi e nella realtà è impossibile.
Da sempre le arti marziali hanno un problema: l'estetica. Che sia inefficace, che sia inutile, che non sia la scelta tecnica migliore ma che sia bello. Bello a vedersi, bello a percepersi per il praticante, per l'avversario e per il pubblico. Non è un caso che l'insulto del marzialista verso un collega verte spesso il ballo. "Sei una ballerina" offenderebbe a morte qualsiasi combattente. Ma non è un caso. L'eleganza del gesto tecnico comunque la si veda ha un suo ruolo, talvolta vergognoso per il praticante stesso. Poi, e qui diventa davvero un problema filosofico stabilire ciò che è bello e non, c'è sempre una certa tradizione, una certa succhevole ritrosia a scardinare insegnamenti datati ed ecco che magari bello diventa sinonimo di usuale, convenzionale, abituale, "da manuale".
In quasi tutti i contesti dove si boxa per sport si usa insegnare che tutti i colpi, ad eccezione in genere del jab, devono essere accompagnati da un'ampia spinta rotatoria che avrà il suo perno (pivot significa proprio questo) nel piede. Un'affermazione del genere per qualunque pugile, kick boxer e via dicendo corrisponde ad una semplice ovvietà da proferire all'imbelle neofita. Per gli amanti dell'inglese una ricca spiegazione http://www.theonetwopunch.com/lefthook.htm ...
Ebbene vediamo nella pratica cosa accade e visioniamo dei filmati oppure potete saltare alle conclusioni.

Il primo video mostra come solitamente sono insegnati i colpi. E' evidente il sollevamento del tallone per tutte le meccaniche, ad eccezione del jab e di alcuni shovel hook, ovvero un colpo a metà tra gancio e montante che si porta generalmente al corpo.


Vediamo Tyson, re dei colpi medio-corti. Notiamo che il suo movimento coinvolge raramente il piede. Sta sulle punte e questo è frequente negli sport da ring ma di fatto più che torcere il corpo dal piede in su, sembra avere una meccanica ascendente, in cui stende la spina dorsanle, con la l'uso simultaneo o alternato dei muscoli erettori spinali, addominali, dorsali, trapezi. Un movimento piuttosto ad onda, dal basso verso l'alto e i piedi non seguono con quella sfacciata evidenza il corpo quasi mai.


Clemente Russo, altro pugile di potenza che in quelle meccaniche torsive dovrebbe trovare il suo punto di forza... ebbene neanche lui le usa davvero, sta sin dalla guardia sulle punte e ogni alzarsi del tallone sembra seguire il corpo armonicamente, ma mai puntare, spingere, fare perno a terra. Anzi proprio laddove aumenta la circolarità i piedi sono fissi a terra e non ruota. Specialmente in combinazione.


Cassius Clay, notoriamente dotato di un gioco di gambe danzante e instacabilmente eseguito sulle punte. Ebbene laddove le inquadrature ce lo permettono non troviamo questa meccanica del piede perno. A vedere come boxa anche senza osservare direttamente i piedi sembra prorpio che abbia un pugilato di sole braccia, con un uso della torsione del corpo molto limitato.


Sembra proprio che non sia il solo ad avere dubbi sull'assoluta utilità di queste dinamiche  http://www.saddoboxing.com/boxingforum/20690-pivot-not-pivot.html

Ecco come si esprime Bas Rutten: "Dont't pivot" http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=5LEQJtWap0M#t=522s

I video potrebbero continuare. Ma penso che siano sufficienti per dire che la regoletta d'oro del "gira anche il piede mi raccomando, è fondamentale" non sia poi una teoria da portarci nella pratica. Sembra essere utile per allungare il cross, ma niente più. Se il vezzoso modo di torcere i piedi fosse teoricamente sempre giusto lo troveremmo applicato quantomeno in una netta maggioranza di casi, ma non è così. La teoria non funziona, non si verifica nella pratica. Se sì verifica non è una regola, forse un'eccezione. Non bisogna poi neanche confondere quegli pseudo pivot che avvengono quando il piede segue la torsione del busto per inerzia e per accomodare il movimento libera la parte bassa del corpo, alzandosi, evitando la disarticolazione del ginocchio. Nelle MMA, abbiamo già visto come tirare pugni sia molto differente per molti motivi e abbiamo già visto come queste dinamiche non siano utili. Eppure vengono insegnate come oro colato sempre.
Non aspettate di diventare Tyson per non fare inutili, complicati, pericolosi perché ledono il nostro equilibrio alla base, dispendiosi movimenti.
Se poi credete che teoricamente quello è il miglior modo di tirare i ganci, per dire, allora vi rimando a Schopenhauer...

mercoledì 28 marzo 2012

Due facce di una sola medaglia.

Non saper mai rifiutare uno sparring è codardo come rifiutarlo sempre. Chi d'abitudine non si confronta dovrebbe rivedere il suo animo come chi non sa dire mai di no al confronto per paura di essere giudicato. C'è spazio per l'allenamento e per il confronto. La paura di essere battuto e la paura di essere giudicato codardo sono due facce di una medaglia.

Appunti. Try To Fight! short post

Con questo post vorrei inaugurare un nuovo modo di intendere Try To Fight!.
Ho iniziato spesso articoli che mi hanno coinvolto in lunghe ricerche, che tra un impegno e l'altro, sono anche arrivate a durare giorni e a volte settimane. E' evidente che questo modo di scrivere porti ad una rarefazione dei post e soprattutto viene meno al fine ultimo di un blog/sito come questo: condividere esperienze e sensazioni, non solo ricerche e approfondite opinioni.
Pertanto insieme ai soliti post di approfondimento e di critica, sussisteranno post brevi, riflessioni un po' più snelle di quelle solite.

giovedì 22 marzo 2012

Gli ultimi samurai.

Avevamo tutti una splendida utopia. Figli del qualunquismo, dell'edonismo reaganiano, della caduta delle ideologie novecentesche, ci era stato facile darci a una nuova ideologia, un nuovo culto. Le arti marziali erano per noi qualcosa di misterioso, segreto e iniziatico che ci avrebbe finalmente donato quella giustizia che madre natura non aveva saputo dare. Sempre un po' distratta nel distribuire le sue grazie pensavamo che l'avremmo superata, la natura. Con qualche movimento segreto, una respirazione, una "mossa" (quando le tecniche erano le mosse!) avremmo appianato divari fisici, colmato la nostra irrimediabile ritrosia ad allenarci duramente e percorso quel do, quella via, che in questo caso sarebbe stata un po' una scorciatoia, perché con il potente strumento delle arti marziali avremmo potuto fare tutto senza forza, senza badare a chi pesava più o agli indici di massa magra. Utopia toccante in fin dei conti: democratica, egalitaria, non classista. Meglio della polvere da sparo, saremmo stati tutti uguali di fronte il colpo del marzialista. I divari di ormoni e muscoli striati erano cose per primitivi, l'uomo nuovo avrebbe avuto il Ki o il Chi, energia interna o sublimi geometrie da applicare al combattimento.
Forse in primis fu il Full Contact che iniziò a distruggere i vari totem apotropaici. Persone muscolose (oggi sarebbero dei seccacci al cospetto di qualsiasi grappler di ultima generazione), che con tecniche troppo, terribilmente simili a quelle del Karate si mettevano knock out secondo la legge del più forte, quella legge di natura che non sempre segue la bontà della tecnica e tantomeno dell'energia interna. E, perbacco, si allenavano duramente. Allenamenti moderni e funzionali, altro che forme. A traino arrivarono tutte le discipline del complesso detto genericamente Kick Boxing.
Per chi è nato e cresciuto con la Katana è dura far spazio ai moderni eserciti. Come nel Giappone verso la fine del periodo feudale, quando i samurai dovettero essere sostituiti dai moderni eserciti, modellati sull'avanzare della tecnologia, sul sentimento scientifico occidentale. Meglio morire che posare la Katana. Molti samurai per mano propria o d'altri perirono in quella transizione storica. Ma cos'era quella tragica scelta se non la paura dell'ignoto, della potenza del nuovo mondo, la paura di una transizione che avrebbe spostato tutti i valori?
Tutti un po' fregnoni e creduloni, non ce lo siamo mai detti, ma noi ultimi samurai, abbiamo visto nei Gracie rinascere il mito dell'uomo che distrugge le leggi di natura. La realtà era ben diversa, semplicemente i Gracie lottavano su un livello di scontro che gli altri ignoravano. Oggi sappiamo che la lotta, di qualsiasi tipo, a meno che il divario tecnico non sia molto, ma molto, marcato concede sovente le sue grazie a chi è più forte, più allenato, più plasmato sui moderni allenamenti e sui moderni integratori. Nella stessa maniera degli sport ove si colpisce con le mani e i piedi. L' "Homo Gracius" avrebbe lottato disegnando bracci di leva, e posizionando fulcri, nel fluire del gioco degli scacchi umani, laddove un buon intelletto, una conoscenza archimedea delle leve avrebbe fatto tutto, a sfavore del volgare, scimmiesco muscolo.
Ma i samurai si sa, sono un po' coglioni.
Sì per noi, per quelli che sono nato nati in quei circa quindici anni che vanno dagli ultimi anni Sessanta ai primissimi Ottanta, è davvero difficile cambiare quell'impostazione, quella maniera di vedere le cose che, tutto sommato, era stata proprio la spinta ad iniziare le arti marziali. Se riusciamo a farlo, se riusciamo a darci alla modernità, lo facciamo con la rabbia scomposta, con l'eccesso infantile del pupone deluso e ci scagliamo tronfi contro il vecchiume, contro i samurai, in nome della modernità ma in verità la nostra rabbia è delusione verso la nostra creduloneria stessa. E per quanto la modernità ci faccia tutti i giorni bagni di realta, basta poco per ricadere in tentazione e rimpugnare la katana gettando l'arma da fuoco. La katana. Allegoria di tutte le arti marziali, di tutti gli amanti delle culture combattive dell'oriente. L'utopia, dicevamo, quella di un mondo ove le diseguaglianze fisiche sarebbero state livellate da abilità marziali che immaginivamo sarebbero state in quantità proporzionale allo spessore morale del possessore. Solo i giusti, i nobili d'animo, avrebbero potuto accedere ai piani più alti della conoscenza marziale.
Sì, facciamo i dimentichi, gli smemorati. Magari diciamo "Eh sì, ma ero un ragazzino!". No, non lo eri, per biologia e per intelletto. Abbiamo creduto alla superiorità di cose che stanno morendo. Ma anche questo mio è l'atteggiamento deluso ed eccessivo di tutti coloro che nella Storia hanno scritto qualcosa dopo la Restaurazione.
L'utopia tale è rimasta e mentre vi scrivo mi accorgo sinistramente, come scriveva Paolo Villaggio, che se continuo finirò a parlarvi di uno dei miei argomenti collaudati, l'operaio della catena di montaggio della Ducati.

martedì 20 marzo 2012

Seguimi su Facebook

Se ti piace Try To Fight! e se vuoi avere un rapporto più diretto con chi lo scrive (e con eventuali iniziative) puoi aggiungermi su Facebook tramite il pulsante sulla colonna di destra.

martedì 13 marzo 2012

Pancrase Rules. Estinzione di un regolamento funzionale.

L'evoluzione delle cose spesso non segue le logiche dell'utilità e della funzionalità per il semplice praticante. Forse per motivi commerciali, forse per moda o per chissà quale motivo il regolamento del pancrazio giapponese è stato perso pressoché definitivamente, dimenticato nella cultura odierna delle discipline multifattoriali. Un vero peccato. Il complesso di regole che formano questo tipo di confronto poteva, se non essere una disciplina a se stante, quantomeno essere un regolamento propedeutico o amatoriale delle MMA. Vediamo i punti salienti del regolamento classico e le differenze rispetto al regolamento consueto delle arti marziali miste:
- Per ciò che riguarda la lotta le regole sono sostanzialmente le stesse di una competizione di grappling
- Non sono permesse gomitate in viso né in piedi ne al suolo
- Non sono consentiti pugni al viso né in piedi né a terra (solo palmate e schiaffi)
- Non è permessa nessuna forma di percussione di calcio al suolo

Se le parole non fossero abbastanza esplicative lo saranno le immagini che chiariranno come un regolamento del genere sia sostanzialmente incruento, sostenibile e di facile allenamento.
Le MMA sono bellissime, questo lo sappiamo. Ma sappiamo anche che è davvero difficile anche solo allenare uno sparring che abbia una vaga somiglianza con ciò che vediamo negli incontri con regole per professionisti. Caschetti e guantini molto protettivi sembrano essere una buona soluzione per allargare il bacino dei praticanti ma condannano inesorabilmente alla pratica di una disciplina edulcorata, inesistente se non nel dilettantismo, che concede troppi colpi alla testa senza conseguenze significative per il match e al contempo senza un'adeguata tutela dei microtraumi cerebrali da decelerazione. Inoltre, con un certà paradossalità, sebbene i colpi al volto circolari siano sostanzialmente dispensati in ampie quantità nei regolamenti dilettantistici con caschetto e guantini più protettivi, i colpi di pugno diretti hanno conseguenze simili a quelle di un contesto professionistico.
Come accade nel Karate a contatto pieno, pur relegando alle competizioni altissime intensità, il regolamento del Pancrase permetterebbe di allenarsi a livelli di poco submassimali ai semplici praticanti, facendo così uno sparring che davvero ricalca in versione leggera quanto avviene negli incontri professionistici.
Con piccole modifiche per ciò che concerne le chiavi articolari e calci e schiaffi al capo, sarebbe di facile creazione un regolamento di "serie A" e uno di "serie B". In quest'ultimo sarebbero semplicemente banditi colpi al capo d'ogni fattura.
Come evocativamente campeggia nel logo della Promotion giapponese "Pancrase-Hybrid Wresltling" il lato lottatorio è ovviamente quasi sempre dominante in un incontro con le suddette regole pertanto si ottiene spesso un confronto con un lato di grappling dominante e con un lato percussivo di tutto rispetto che comunque arricchische e completa il grappling.
Per comprendere meglio l'Hybrid Wrestling, Pancrase o pancrazio giapponese che dir si voglia, basta provare a confrontarci sulle basi di quel regolamento. Sì capirà che anche in un contesto amichevole si possono raggiungere ottime intensità, impensabili con altri regolamenti. Ovviamente salendo di intensità e usando le palmate al volto, rimane una disciplina molto dura e non per tutti, però con gli accorgimenti che si dovrebbero al puro allenamento possiamo toglierci belle soddisfazioni. Davvero un peccato che non abbia quegli agganci "politici" per suggerire queste regole ad una federazione interessata. Sono sicuro che avrebbe un buon successo e che potrebbe essere una disciplina anche del tutto autonoma dalle MMA. Ma purtroppo non ho le conoscenze federali necessarie... o per fortuna.
comunque...
Non scomodiamo il solito Bas Rutten per il Pancrazio e vediamo combattimenti di anonimi fighters.





Non lasciamoci ingannare dalle mimetiche e dal contesto poco "main event"... Questi ragazzi se le danno di santa ragione. Una nota di interesse sussiste nel fatto che hanno evidentemente la possibilità di aggrapparsi alla mimetica.

lunedì 12 marzo 2012

Ma perché pratichiamo? Sondaggio.

Consentita risposta multipla.

Perche' pratichi arti marziali/sport da combattimento?
 
 
 
 
 
 
 



  
pollcode.com free polls 

lunedì 5 marzo 2012

"Se incontri Buddha per la strada uccidilo"

Le arti marziali sono un cammino. Come ben sappiamo i giapponesi, ad esempio, volevano che questo fosse compreso e hanno indiscriminatamente suffissato tutte le moderne arti marziali con "do", cammino.
Caspar Friedrich - Viandante sul mare di nebbia (Der Wanderer über dem Nebelmeer






Ogni cammino è un percorso solitario, personale, unico e irripetibile come il DNA. La moderna mercificazione delle discipline del confronto disarmato umano ha portato alla standardizzazione dell'iter, del "do", del cammino, in favore di improbabili algoritmi universali, studiati per piacere un po' a tutti come il gusto e la consistenza dei mangimi per cani. Questi papponi vengono presentati ormai in qualsiasi ambito, sportivo come tradizionale. Nella stessa maniera le mode del momento suggeriscono che ci siano cose efficaci indiscriminatamente per tutti nella stessa maniera. Sappiamo grazie ad un'analitica osservazione delle arti marziale miste, che ogni atleta ha suoi speciali punti di forza e, benché farebbe comodo a chi le MMA le vuole vendere, ancora si è del tutto lontani da quell'omogeneità stilistica, di approccio, di allenamento, di background che molti vorrebbero vedere. Spiacente, le MMA non sembrano proprio essere uno stile. Ma non ci perdiamo in quisquilie! Lo "stilismo" delle MMA è solo un esempio dei tanti tentativi di impossessarsi del nostro cammino in cambio di trenta denari. Generalizzazione, aspecificità, massificazione, standardizziazione, omologazione dei trend culturali e tecnici, tendenza all'uniformazione alle mode sono, a mio modo di vedere, gli aspetti più deprimenti del panorama delle arti del combattere. Mali che, sia un caso o no, troviamo anche nelle nostre moderne, globalizzate, società.
Niente e nessuno potrà dirci cosa è migliore per noi, qualunque sia la nostra pratica, dobbiamo ricordarci che non esistono maestri che hanno gambe così lunghe e forti da farci fare l'intero percorso con loro. Qualche indicazione sarà tuttavia concessa, ma nei limiti della tipica incertezza questuante del viandante, niente più.
"To name is to destroy to suggest is to create" Stephane Mallarmé, o anche attribuita a Shakespeare.
Nominare, identificare significa distruggere, suggerire, dare un'impressione è l'autentico creare.
Il viaggio si percorre nella silenziosa solitudine del pellegrino. E nessuno sulla strada potrà svelarci nulla su come e dove è giusto andare.
"Se incontri Buddha per la strada uccidilo"