martedì 28 giugno 2011

Chi sono, cosa faccio, da dove vengo.

Non ci avevo mai pensato. Avevo dato per scontato che il raccontarmi pagina per pagina potesse fornire un'inquadratura valida dei miei ideali, della mia persona e del messaggio che vorrei dare. Un commento un po' sgarbato pervenuto mi ha fatto pensare che non è così, che forse non è chiaro chi sono e cosa faccio e perché mi prendo la bega di questo piccolo spazio nel web.
Ho iniziato a praticare le arti marziali da bambino, iniziai col Karate, come capita a molti. Devo dire che fu una mia precisa scelta, chiesi io a miei genitori di poterlo praticare, forse affascinato da questa arte marziale perché l'aveva praticata mio fratello, più grande di me. Praticava Karate e Kobudo mio fratello. Essendo molto più grande di me, vedevo i suoi Sai e i Nunchaku con il fascino che può provare un bambino di fronte a queste armi esotiche e strane. La mia esperienza col Karate terminò pressoché definitivamente quando iniziai ad avere lancinanti dolori alle ginocchia, che ad oggi sono presenti, per motivi non del tutto chiari allora e, anche nel futuro, mai chiariti. Questo mi portò a supplire con la lettura marziale. Circa venti anni fa mio padre mi comprava il mio primo libro marziale, testo sul Karate Wado Ryu dei Maestri Folgori e Cervini.
La lettura, ovviamente, non poteva bastare. Presi così l'abitudine, che mi ha poi condizionato per il resto della mia attività marziale, di allenarmi da solo facendo quello che potevo. Nel tentativo di escludere i calci e l'ampia sollecitazione delle ginocchia di questi provai la Boxe, sebbene mi allenassi a casa anche nel Karate. Provai nuovamente la strada del Karate, insoddisfatto del pugilato di bassa qualità che mi fu proposto in una palestra generalista, ma purtroppo niente. Dolori lancinanti mi perseguitavano. Di qui cercai altri stili, con un uso meno marcato delle gambe, di quel Karate molto sportivo che mi era stato proposto. Questo mi portò, in sintesi, a fare delle ricerche tra diversi stili, soprattutto di Kung Fu che, al tempo, vedevo come l'alter ego naturale del Karate. Di qui feci delle prove per qualche palestra finché non decisi di praticare Wing Chun che rispondeva benissimo alle mie esigenze del tempo per poi passare subito (o forse ritornare) al JKD concepts. Col tempo i problemi alle ginocchia si risolsero, si alleviarono e ad oggi li sopporto serenamente sebbene amareggiato dalla scienza medica che non mi ha mai dato risposte soddisfacenti. Con la risoluzione parziale di questi annosi dolori mi si accesero nuove prospettive. Volevo combattere in un qualche contesto sportivo, provarmi. La moda delle MMA non poté in un qualche modo non travolgermi. Di lì, rispettando il mio amore naturale per il kimono (Gi), mi buttai sul Jiu Jitsu Brasiliano. Superando lo scetticismo iniziale verso questa disciplina, me ne innamorai e ne capii, o così credo, le profonde connessioni con il Ju Jitsu nipponico. Capii anche l'importanza "spirituale", passatemi il termine, di praticare e allenare questa disciplina. Lo sparring, sebbene sostanzialmente privo di rischi, è molto duro e si viene posti in situazioni davvero spiacevoli che rievocano le nostre paure più recondite e conseguentemente ci smaliziano circa l'atavico timore del contatto fisico. Con una certa sorpresa notai le correlazioni tra il Karate Wado Ryu e il Ju Jitsu nipponico, per poi scoprire la loro parentela in quanto il fondatore dello stile Wado aveva praticato Ju Jitsu Shindo Yoshin Ryu. I kumite prestabiliti di questo stile erano pieni di quei concetti e principi caratteristici del Ju Jitsu, sia esso brasiliano, cubano, italiano e via dicendo.
Per questo iniziai a studiare anche il Ju Jitsu giapponese che vedevo un po' come una forma tradizionale di MMA. Percussioni, proiezioni, lotta a terra, leve, soffocamenti. Chiesi anche a chi mi insegnava il Brazilian Jiu Jitsu di insegnarmi quelle tecniche di difesa personale che sono in fondo comuni. Di qui ho cercato a lungo, seguendo quello che per me è il concetto di MMA, diverse abilità marziali, sia nell'ambito degli sport da combattimento che non.
Mi permetto di scrivere quello che penso su un blog perché non ho niente, ma niente davvero da insegnare. Proprio questa considerazione mi ha portato a desiderare di provare a vedere le arti marziali dal punto di vista dei semplici praticanti. Come in un cinema rovesciato, provo a far uscire fuori la storia, la trama del film, non dal grande schermo ma dalla platea, dagli spettatori. Per questo mi piace mostrare gli studi di un praticante. Di siti di grandi maestri il web ne è pieno. Non è pieno, invece, di siti di praticanti che, forse, possono raccontare con un filo in più di disinteresse il mondo marziale. Avendo sempre aborrito la pratica della diffamazione, della rivalità tra arti marziali o discipline sportive provo su questo blog a dare pari dignità a diverse arti marziali, facendo non sempre facili ricerche sul web e raccontando sotto forma di recensione le mie letture marziali. Mi piace leggere saggistica e manualistica marziale di ogni tipo. Provo anche a rimettere in circolo le tante informazioni che ho avidamente sottratto al web, sperando di essere utile a qualcuno come altri lo sono stati per me.
Ho anche avuto la fortuna di conoscere, vedere all'opera o allenarmi con molti marzialisti di eccelso livello che mi hanno infinitamente arricchito, anche quando hanno mostrato le loro umane debolezze. Mi sento, quindi, molto fortunato ad avere avuto la possibilità di girare molto per il mondo marziale, prendendone, a volte, il meglio sulla piazza. Fare la lista delle persone che ho incontrato, che mi hanno colpito, che mi hanno allenato sarebbe impossibile. Con molti, anche per colpa del mio carattere, non sono più in buoni rapporti o semplicemente non gradirebbero citazione. Porto rancore a diverse persone ma solamente perché gli ho voluto e gli voglio bene, è una diretta conseguenza. Molte delle persone che ho incontrato sono presenti, nominate, su questo sito. Devo dire che conservo di tutti coloro che mi hanno allenato, anche nell'occasione di una visita fugace di prova, un buon ricordo. Con molti altri vorrei riallacciare i rapporti, ma non è sempre facile e più che l'orgoglio frena la paura di un diniego.
Uno dei messaggi chiave di questo sito è di "provare a combattere". Provare a combattere in questo caso significa non formalizzarsi troppo e anche a casa propria trovare il modo per confrontarsi, senza pensare a cerimonie, coppe, stili. Proprio per questo mostro volentieri i video di un umile praticante: me stesso.
Ogni post che faccio è frutto di una, a volte palese a volte no, profonda ricerca tra le fonti, le esperienze personali, siti web, libri.
Non vendo niente. La mia attività è finora stata tutta a perdere. Sia per i numerosi infortuni che spesso mi hanno tenuto bloccato (anche ora che scrivo) sia per le spese economiche sia per il tempo che dedico a questo sito. Ho profondo rispetto per tutte le discipline del combattimento umano e non ho mai capito come per molti possa non essere così, legati a concetti di superiorità marziale o di scherno verso praticanti di alcune discipline. Ho portato severe critiche alla boxe e ad alcuni sport da combattimento perché mi piacerebbe che si trovassero soluzioni per renderle più fruibili, come accade per il Jiu jitsu e gli stili di lotta in genere, ai praticanti paurosi e incerti come me.
Ho avuto l'onore di fare una piccola incursione su di un ring e di cimentarmi nel Jiu Jitsu sportivo.
Mi piace l'allenamento e la pratica delle MMA e mi sto allenando in tal senso.
Sono in costante ricerca di una Via ma la ricerca è dura e piena di insidie e proprio a questa ricerca devo il mio multidisciplinarismo. Recentemente sono stato affascinato da uno stile di Karate ma non è presente in Italia e trovare referenti sarà dura, forse impossibile.
Il commento sgarbato, anche di persona che conosco, era questo "Aoh fai tutto...te manca la danza..."
L'elevatissimo livello di scambio culturale che l'avventore mi propone mi inibisce nel rispondergli direttamente. Dovrei scartabellare Sartre, Kierkegaard, Barthes, Hegel e Nietzsche. Troppo lavoro, il mittente è troppo sofisticato e mi arrendo.
Come sempre si suol dire basta non leggere queste righe se non piacciono.

Infine non mi rimane che congedarmi con la morale di tutto ciò.
Sua Santità Pio XI disse ad un'adunanza di parroci che si lamentavano di non si sa bene cosa: "Quanto a noi sapevamo bene fin dal principio che non saremmo riusciti ad accontentare tutti: cosa che non riesce d'ordinario a fare neppure Iddio benedetto"

Nicola Mercuri

domenica 26 giugno 2011

Scrivi su Try To Fight!

Se pensi di avere qualcoda da dire, qualche considerazione, riflessione nell'ambito del marzialismo scrivi su Try To Fight!
Qualunque contenuto, anche una storia personale, uno sfogo, una bella esperienza, una volta in cui si è provato a combattere... tutto è ben accetto.
Scrivi e invia qui!
"la libertà è partecipazione" G.G.

sabato 25 giugno 2011

Isshin-Ryu Karate, gruppo di studio Roma

Chiunque fosse interessato a partecipare ad un gruppo di studio di Karate IsshinRyu a Roma (ovunque per scambi tecnici e altro) può contattarmi alla mia mail (clicca sopra).
In attesa di un articolo su questo stile (che da un po' di tempo mi ha rapito) una breve e tradizionale clip.

giovedì 23 giugno 2011

(ri)metterci la testa.

In diversi paesi varie associazioni si battono per fermare la boxe. La British Medical Association, ad esempio, si era espressa per proibire la boxe. Si calcola che il 20% dei pugili avrà problemi neuropsichiatrici, e purtroppo, un numero imprecisabile di amatori. La boxe, per ovvi motivi dati dal regolamento, è la disciplina legata al combattimento che ha nella testa il bersaglio preferenziale e più ripetuto. Questa situazione porta il cervello a cozzare continuamente, a causa delle accelerazioni impresse dai colpi, contro la volta cranica. Il colpo singolo può avere effetti devastanti ma più subdolamente agiscono i colpi ripetuti: anche senza la presenza del KO, colpi inferti alla testa possono avere conseguenze molto gravi e nella continuità possono portare ad una encefalopatia nota come dementia pugilistica. I caschi protettivi non sembrano essere la risposta

martedì 21 giugno 2011

Il cavaliere nero

Il cavaliere nero è l'incubo di ogni marzialista, anche di quelli che ne negano l'esistenza, anche di quelli forti e virtuosi.
Eravamo in un ristorante, se non ricordo male zona Talenti-Nomentana. Era una tranquilla serata, eravamo due coppie e cenavamo e conversavamo serenamente in un carino locale, del tutto incuranti dei grandi guai del mondo com direbbe l'Alex di Arancia Meccanica. Entrarono nel locale due ragazzi, normali direi, forse con l'aspetto reso appena torvo da qualche tatuaggio di troppo, ma insomma non è certo insolito vedere persone tatuate.

sabato 18 giugno 2011

Quanto è importante combattere al 100% (parte 3)

Continuando sulla scia delle considerazioni fatte nei primi due post con questo titolo, vediamo di trarre una conclusione.
Ehi, colpitori, striker, pugili svegliatevi! Sarebbe ora che le discipline di striking fossero fruibili anche da chi fa il rappresentante o l'assicuratore e non può andare a lavoro abbozzato come un migrante naufrago! Sarebbe ora che che Boxe, Kick Boxing e similari fossero praticabili da tutti a pieno, all 100% e che tutti abbiano la gioia di tirare sti benedetti ganci a forza piena, scoprendo presto che quelli accademici col gomito a 90/100° non funzionano!

giovedì 16 giugno 2011

Come scegliere un Maestro di arti marziali

Il Maestro di arti marziali, o sport da combattimento, è stato spesso analizzato in queste pagine. Ne abbiamo visto i suoi lati più infimi come quelli possibilmente più nobili. Il passo successivo è fare una rassegna di punti chiave per consigliare la scelta dell' insegnante marziale.

Non fatevi insegnare le arti marziali da un boia!!!
  • Essere un appassionato di insegnamento. Al di là di gradi, onorificenze, cinture, diplomi e via dicendo la persona che si avventura nel difficile compito dell'insegnamento deve voler fortemente divulgare la propria arte. Troppo spesso troviamo persone che arrivano all'insegnamento per cursus honorum, per carriera, per inerzia. Assicuratevi che chi vi guida abbia la passione di insegnare. Altrimenti è semplicemente una persona che prima si allenava sotto le direttive di un'altra e ora sotto le proprie.
  • Avere cultura marziale. Chi insegna dovrebbe sempre prendersi la briga di conoscere molto bene la materia che insegna, avere padronanza della terminologia tecnica e della storia della disciplina in questione. Se dopo il secondo libro che avete comprato capite che il vostro maestro ha una grossolana cultura marziale dubitate di lui. 
  • Avere cultura fisica e di primo soccorso. Qualunque persona che insegni discipline che necessitano di un certo vigore fisico dovrebbe conoscere un po' di letteratura scientifica in merito all'allenamento. Test: chiedete al vostro caro insegnante se "esercizi isometrici possono essere utili alla nostra arte marziale".

domenica 12 giugno 2011

Imparare la Forma 10 di Taijiquan

La Forma 10 dello stile Yang di Taijiquan è una delle forme di moderna codificazione fatta appositamente per permettere un facile primo approccio nonché una micropresentazione di questo stile interno di Kung Fu.
Ho selezionato per chi desidera imparare questa forma dei video. Per provare a restituire al Web quel che tanto ci ha dato mi sono fatto una passeggiatina sui siti di oltreoceano e non per cercare dei video e informazioni utili all'apprendimento di questa forma introduttiva ma densa di significato.
Con un po' di pazienza riuscirete facilmente a praticare che questo piccolo esercizio di Taijiquan.



giovedì 9 giugno 2011

Se il maestro parla male di te

Probabilmente per le persone che vivono su mondi normali la frase che dà il titolo a questo post non ha senso. Per noi invece, che bazzichiamo i satelliti del marzialismo, ce l'ha ed è un significato di umana povertà.
Da cronista dell'umanità del marzialismo, sfatiamo anche questo tabù e proviamo a sezionarlo e capirne gli oscuri meandri.
Come sappiamo, lo abbiamo visto in diversi post, il maestro marziale è spesso un mediocre figuro che si ammanta di un alone di fascino dato delle sempre suadenti arti marziali. Il Mediocre, conscio del suo essere un miserrimo medioman,

Quanto è importante combattere al 100% (parte 2)

Nel precedente post abbiamo visto le differenze relative all'intensità e ciò che essa comporta per grappler e per striker. Abbiamo visto come un grappler di qualsiasi livello sia abituato all'uso massimale delle tecniche che conosce mentre lo striker no.

Gli sport ove si colpisce, come la Boxe o la Kick Boxing, hanno dunque il pesante limite della difficile simulabilità del confronto al 100%. Ho potuto seguire dall'esterno la preparazione per le competizioni sia di grappler sia di striker, anche di alto livello. Mentre il grappler simula la gara giornalmente, anche più volte al giorno, lo striker quasi mai allena le condizioni proprie della competizione della sua disciplina.

lunedì 6 giugno 2011

Quanto è importante combattere al 100%

Sono profondamente convinto che non esistano arti marziali migliori di altre. Ormai, dopo quasi venti anni di popolarità dei combattimenti nelle gabbie, penso che si sia visto combattere un po' in tutti i modi. Al di là dei nomi delle discipline di provenienza dei combattenti, abbiamo visto tirare i ganci in mille modi, i diretti in altrettanti, abbiamo visto proiezioni o leve articolari che nemmeno pensavamo potessero esistere. Tante discipline hanno dato vista a tanti campioni: Lotta libera, Jiu Jitsu, Sambo, Muay Thai, Karate, Judo, Kick Boxing, Taekwondo (Cinture nere come Cung Le e Anderson Silva), Sanshou...

mercoledì 1 giugno 2011

"Ho paura Mik"

Il Mik è Michele Verginelli. L' "ho paura", ma guarda un po', sono io.
Difficile dirlo, c'è sempre qualcosa di strano, paura fa sempre rima con vergogna, ma è stato spontaneo. Quando mi setto per studiare il combattimento umano provo sempre a tirare fuori il meglio, provo sempre a usare quell'onestà d'analisi che mi fa sentire sempre un marzialista, sia che abbia una cintura nera, o blu sui fianchi sia con due guantoni. E l'onesta è arrivata di botto d'avanti gli occhi, e prima era passata per la spina dorsale e poi è esplosa sulla lingua. L'ho detto chiaramente, senza possibilità di fraintendere eppure senza volerlo, senza davvero pensare. Spontanea come un colpetto di tosse, è uscità così in libertà la favella: "Ho paura Mik".

Solamente un allenamento in fondo, dei guanti leggeri e tecnici. Però vedere muoversi di fronte un uomo che ha palesemente ancora troppo margine di spinta inquieta. Mi spiego meglio. Capire che quei colpi che già ti fanno male e che già ti spaventano sono una percentuale bassissima del potenziale del tuo partner/avversario, mentre tu stai spingendo a livelli in fin dei conti di poco submassimali, dà un certa vertigine. E' come se il potenziale che si intuisce solamente, fosse percepito come troppo pericoloso per giocarci così, alla leggera.
Poi, a somma di tutto, la sua mole rocciosa e la sua velocità da Ken Shiro.