lunedì 28 febbraio 2011

Arti marziali utili per chi non ne ha bisogno

La scuola non deve servire a chi comunque anche senza d'essa si sarebbe fatto una cultura personale, avrebbe comunque sviluppato la propria brama di sapere, ma deve servire a coloro i quali senza l'istituzione scolastica non avrebbero mai da soli incontrato le istanze e le problematiche culturali. Questo era il filo conduttore di un bellissimo film del 1995, "La scuola".
Le arti marziali come giustamente mi faceva notare un mio amico sono "in fin dei conti sempre un fatto di menare le mani" per quanto possano essere, ovviamente, infinitamente arricchite da altri contenuti. Inutile negarcelo, talvotla l'animo violento, aggressivo, cattivo, trova una condizione di copertura in esse. Se a tale tipologia d'animo è precluso il meglio della marzialità, è altrettanto vero che comunque spesso, nel campo della più pratica applicazione, costoro trovano un innegabile vantaggio, soprattutto laddove il confronto è diretto. Insegnanti senza scrupoli usano spesso queste persone per ben figurare nelle gare, per darli in pasto a qualcuno scomodo in palestra oppure come prova della loro bravura. "Guarda che belva che ti ho creato" sembrano dire. Con la stessa assenza di scrupoli magari sono meno attenti verso chi ha, legittimamente, le proprie inibizioni, le proprie paure. Ora, se di arti marziali dobbiamo trattare, saper far picchiare qualcuno che sarebbe stato un picchiatore anche senza un'istruzione marziale, uno che avrebbe trovato il modo di confrontatsi comunque, magari per strada, non è una grande conquista. E' normale e non serve nessun titolo di insegnamento per fare questo. Persone che già da sé hanno aggressività, cattiveria, coraggio e via dicendo hanno ciò che serve (o almeno sostituisce) ed è facile farle passare per frutto della propria didattica ma ad ogni buon conto avrebbero avuto i detti attributi con o senza il maestro o la disciplina di turno.
Se ammettiamo che Royce Gracie è una persona con un approccio al combattimento fuori dal comune dobbiamo anche ammettere che lui in quanto tale non è proprio probantissmo della qualità del Jiu Jitsu, magari sarebbe stato una macchina anche se avesse fatto altro. Della famiglia Gracie, magari sono altri che davvero stupiscono e provano il valore del Jiu Jitsu. Quando i praticanti marziali battibeccano sui forum per dimostarsi vicendevolente che praticano, tutti poi, la migliore arte marziale al mondo spesso tirano fuori esempi davvero poco rappresentativi dell'uomo medio. Un'arte marziale che funziona solamente in mano a supereroi o tizi con un killer istinct superiore a quello dei puma ha fallito il suo obiettivo. Nello stesso modo quando insegnanti si trincerano dietro alunni che sarebbero stati comunque forti e che avrebbero saputo menare anche allenandosi solamente sul Grande Raccordo Anulare nell'ora di punta, dimostrano la loro insicurezza e le falle del loro sistema didattico e marziale. Ancora peggio quando, se gli allievi sono forti e abili è merito loro, se sono pippe è un limite dell'alunno e "sai non ci si può fare niente". Eh no, troppo comodo! L'arte marziale trova il suo peggior fallimento quando diventa utile per chi non ne ha bisogno. Try To Fight! nasce proprio per permettere a tutti coloro che semplicemente lo desiderano di avere un qualsivoglia tipo di confronto che altrimenti, oppressi dalle insicurezze, dalla timidezza e altro non avrebbero mai avuto.
Questa si chiama DIVULGAZIONE. Come ho già avuto modo di scrivere il fato non mi ha dotato più della media né di coraggio né fisicamente. Sono un uomo, con i suoi limiti le sue paure. L'arte subentra quando provi a superarle. E' un mio grandissimo orgoglio aver fatto mettere i guantoni e confrontare in ogni sorta di regolamento utile al fine persone che senza di me non avrebbero mai provato l'ebrezza e la gioia del combattimento. Far combattere aspiranti criminali, i cosiddetti "fiji de na mignotta", o persone con qualità fuori dal comune è facile, è come un medico che cura chi non ne ha bisogno e rinuncia di fronte al malato. O medico non è o la sua medicina non vale un cavolfiore. Far combattere ad esempio un laureato in Fisica, esile, pauroso in materia, vittima di aggressione, usando tutte le precauzioni possibili, è, secondo me, l'obiettivo di ogni marzialista che miri alla diffuzione della cultura marziale e dell'arte sottesa. Non ha importanza quanto forte si sia fatto o quanto appagante sia esteticamente il confronto, l'importante è che semplicemente è accaduto quello che dovrebbe succedere quando si parla di arti marziali: un uomo comune si è confrontato sfruttando le intelligenti scoperte di altri uomini. Persone che altrimenti non avrebbero mai conosciuto questo mondo, queste emozioni, si sono confrontate come hanno potuto anche grazie allo spirito di questa iniziativa, di questa filosofia. Prova a combattere, nulla di più. Prova ad apprendere i rudimenti di una qualche tecnica e prova ad applicarli. Come è? Che sensazione è? Come ti senti ora? Lo avresti mai fatto senza questo ambiente "protetto"? quando le risposte spiegano chiaramente che una persona ha fatto qualcosa che non avrebbe fatto altrimenti, ho la certezza che c'è stato un passaggio di conoscenze. Try To Fight! non è per campioni, mastini del ring, superuomini, maniscalchi e via dicendo. Non serve a loro e loro non servono a questo tipo di marzialità. E' per chi vuole provare, scoprendo che, sì, le arti marziali funzionano anche con chi ne ha davvero bisogno perché di suo non è Tyson.

domenica 27 febbraio 2011

Ju Jitsu studio

Un allenamento nell'ordine delle dinamiche del Ju Jitsu tradizionale.
Si provano gli schemi e le situazioni caratteristiche, ponendo l'attenzione su nient'altro che sulle tecniche, sui principi, dell'arte della cedevolezza, della più antica arte del Giappone.

sabato 26 febbraio 2011

7 giorni dopo. Il viaggio Try To Fight!

Ormai è passata quasi una settimana da quando mi sono confrontato nella gara di Jiu Jitsu del Salento. La parziale delusione è quasi passata e, sempre più, affiorano pensieri positivi e il ricordo di un vissuto gradevole. Un solo rimpianto forse è quello di aver dovuto finire la lotta anzitempo per colpa delle mie usurate ginocchia che non hanno retto alla pressione dei ganci in monta, forse accentuata dal mio tentativo di uscita.
Il primo complimento a dire la verità mi è arrivato proprio dal mio avversario, per il quale nell'enfasi del dopo gara avevo sviluppato una sorta di livore, che si è dimostrato un vero gentiluomo nel consolarmi anche con complimenti circa la mia, breve in termini di tempo, condotta di gara. Ancora più notevole è stato il suo contattarmi nel dopo gara per sincerarsi delle mie condizioni, temendo mi fossi fatto male. Lo ringrazio di cuore, ha dimostrato di essere un marzialista con valori spirituali notevoli, oltre che abile nel combattimento. Un altro momento molto bello è legato all'abbraccio del Maestro Rogerio, che mi ha proferito parole per mio pudore irripetibili, riempiendomi di complimenti e di apprezzamento. Una cosa la posso dire, il suo pragmatico "Tu vai, tu prova, la prossima volta vai meglio". Importantissima poi la presenza e le parole della mia compagna di vita, ma questo si sa "ogni scarrafone è bello a mamma sua". Eppure ho percepito nelle sue parole qualcosa di non scontato o dovuto e un sincero apprezzamento.
In fondo Try To Fight! era questo. Nel suo esprimersi talvolta elitario, si sintetizza in una frase di un mio ex compagno di Jiu Jitsu su FaceBook: Onore a chi sale su un ring o un tatami. Ad oggi ho avuto l'onore di salire su tutti e due. Aggiungo io, onore a chi sperimenta, a chi, in qualsiasi contesto, prova a combattere. Immagino che Try To Fight! agli  occhi di quanti siano avvezzi alla competizione, al combattimento, al contatto pieno sia poca cosa. Coloro che di regola salgono un ring sicuramente non saranno rimasti basiti dai video che ho pubblicato. Così come coloro che lottano con ottimi risultati, non vedranno certo nel racconto di una "garetta" niente di notevole. E' giusto così. Try To Fight! è soprattutto per coloro che vogliono unire la ricerca, la passione, gli impegni e gli acciacchi della vita quotidiana, dell'età, alla prova del combattimento. Magari questo può essere penalizzante nell'ottica della pura competizione sportiva. Sarebbe meglio lasciare la ricerca, la passione per il resto delle discipline marziali, ridurre gli impegni per allenarsi di più. Ma questo è il mio umanissimo provare a combattere. Tre giorni dopo la gara ero ad allenarmi di MMA con Michele Verginelli per fare ancora una volta una nuova esperienza. Non sono un esaltato e la natura non mi ha particolarmente dotato, né di chissà quale coraggio né di chissà quale corpo. Provo a fare del mio meglio, mentre leggo l'hagakure o mentre studio Ferdinand De Saussure, cercando l'applicazione, laddove sembra esserci un solco tra quanti si provano agonisticamente e quanti si fanno belli di un marzialismo in realtà mai messo alla prova, fatto di forme e geometrie. Per me, per noi, per chi apprezza queste pagine, è già bello mettersi due guanti e provare coi pugni, poi provare un allenamento ground & pound o andare in salento per chiedere di essere accorpati alla categoria superiore pur di combattere il più possibile. Non avrei rinunciato ai miei recenti sudi sul Tai Chi per questa gara anche se mi avessero garantito che sarebbe stato meglio. Non posso chiedere a me stesso ciò che non sono e non voglio che questo sia un alibi. Lo chiarisco quindi. Non abbiamo né ho velleità superomistiche, a me vincere o perdere mi sa di gratta e vinci, di lotteria. E allora perché partecipi, perché sei andato? Per provare. Perché questo mi ero ripromesso e perché questo avevo scritto. Oltre alle prove private ci sarebbero stati eventi in cui partecipare. Provarmi mi dà gusto a maggior ragione quando sento che lo stress e la tensione e la cattiveria della gara non fa del tutto per me. Proprio in questa distanza tra me e le mie prove ravvedo il tentativo di crescita. Fossi nato per combattere non esisterebbe questo blog o al massimo sarebbe "I Fight!". Invece no, è un monito, prova a combattere.
Un ringraziamento va ad una persona al 100% inconsapevole di quanto mi sia stata utile, Gian Paolo Doretti, ex compagno di corso. I suoi scritti, la sua etica marziale, di cui mi nutro seguendo il suo blog, sono per me un'esortazione a continuare, sapendo che esistono ancora coloro i quali provano, arrischiandosi mettendoci la faccia, mettendoci le proprie idee.
Tra poche ore starò provando il Karate a contatto pieno, che vedo per regole e filosofia come particolarmente adatto a chi come me si vuole provare. Anche questo è il viaggio Try To Fight!
Una delle cose più belle della settimana scorsa è stato un sms, arrivatomi poco prima di salire sul tatami, che recitava:
Non avere avere paura di andare male perché alle prime gare è inevitabile. Goditi anche la sconfitta e sii orgoglioso anche di essa, perché hai avuto il coraggio di metterti in gioco. Try To Fight!
Grazie anche a te, Andrea.

venerdì 25 febbraio 2011

Multistile e specialista

Anche temi dibattuti recentemente su questo sito, mi suggeriscono di trattare questo argomento, questo dibattito: Avere l'esperienza di diverse discipline o abbracciarne una e divenirne specialisti.
Veniamo all'esperienza più recente in termini di nascita e regolamentazione, le arti marziali miste. Senz'altro nate con lo scopo di far confrontare diverse discipline, diversi specialisti quindi, gli atleti di arti marziali miste hanno finito col privilegiare una preparazione globale al combattimento. L'idea dello specialista è relegata agli anni '90 del secolo scorso. Oggi, nella più recente evoluzione di questo approccio, l'idea di cross training, ovvero di allenarsi in più discipline, è quella ritenuta più efficacie. Al di là di quali siano le discipline in questione, è evidente e risaputo che un buon combattente di MMA deve avere un un buon repertorio nelle varie fasi del combattimento possibile in questo tipo di confronto.  Approccio estremamente funzionale, legato indissolubilmente al risultato talvolta anche a scapito dell'estetica e dello spettacolo, quella delle MMA sembra una sentenza senza possibilità di appello. In un contesto così libero, allenarsi in diverse discipline è la cosa migliore, secondo ormai tutte le scuole di pensiero.
Un altro spunto interessante è dato dall'approccio delle arti marziali tradizionali. Al karate veniva e viene spesso affiancato il Kobudo, al Judo spesso viene affiancata la difesa personale del Ju Jitsu (goshin Jitsu), Il Kung Fu, termine generico per le arti marziali cinese, è spesso visto nell'approccio di studiare diversi stili di combattimento cinese. Sempre nell'ambito tradizionale, ci sono arti marziali che di loro, già sono unione di più istanze. Così l'Aikido che prevede lo studio del bastone e della spada (bokken in verità) così tante Koryu dell'antico Ju Jitsu. In numerosi stili di Kung Fu abbiamo l'affiancamento del combattimento armato a quello a mani nude. Nell'ambito delle discipline di più moderna scoperta e diffusione troviamo un ottimo esempio nel Kali filippino che, sebbene abbia nell'uso delle armi il suo aspetto più saliente, è in realtà una complessa varietà di abilità marziali, che spaziano dalla lotta, al pugilato, ai calci, alle leve articolari. Difatti sempre più spesso viene indicato anche sotto il nome di arti marziali filippine. In una delle molteplici forme moderne il Ju Jitsu, nella sua versione Fighting System, prevede un confronto con percussioni, proiezioni e lotta al suolo. Nel scuola di pensiero del Jeet Kune Do di Inosanto, e in generale del "concepts", si effettua una sintesi di diverse discipline utili al combattimento da strada. Nello stesso Krav Maga l'approccio è tutt'altro che specializzato. Nato con l'intento di essere una difesa globale dell'individuo, lo studio sarà inevitabilmente privo di parzializzazioni e stilizzazioni. In ultimo registro un dato che reputo significativo ovvero che molti corsi di Kick Boxing affrontano anche differenti regolamenti quali il Full Contact (American Kick Boxing), il Low Kick rules (Kick Boxing), il semi-contact e il regolamento della Thai Boxe, al fine di rendere edotti sul vasto campo delle discipline affini gli studenti.
Abbiamo visto quindi, per il versante multistile, sia percorsi affiancati sia discipline che sotto un solo nome racchiudono un vasto bagaglio di abilità.
L'ambito dello specialismo è quello più spesso legato all'agonismo. Laddove l'atleta debba gareggiare in una specifica disciplina si allena, ovviamente, esclusivamente per le abilità legate a quella disciplina (eccezion fatta per i contesti sportivi ibridi citati). A mio modesto parere, lo specialismo, diviene talvolta un riflesso pigro della dimensione hobbistica della pratica marziale e viene spesso riscontrato in quei soggetti in cerca di una dimensione ricreativa.
L'ambito multistilistico sembra invece usato, se non addirittura necessario, nei contesti legati alla difesa personale. Non a caso alcune arti marziali altamente specializzate ma votate alla difesa personale hanno cercato di rimediare inserendo difese da avversari che potremmo definire extrastile (esempio ricorrente il grappler-antigrappling) o inserendo lo studio delle armi preso da altre arti marziali. Questo accade precisamente in diverse associazioni di Wing Chun.

Quale sia migliore è un dibattito ozioso e pericoloso. Il pericolo risiede nel fanatismo, male endemico dei marzialisti, che è sempre bene evitare. Evidentemente chi vorrà gareggiare per primeggiare dovrà focalizzare i propri allenamenti. Così il pugile se ne vedrà bene di arrischiarsi in calci o cadute, così come il lottatore liberista non farà sacco. Chi vorrà mantenere un aspetto ricreativo egualmente non necessita di districare le complesse matasse delle diverse arti del combattimento. Chi invece ricerchi la difesa personale o necessiti di una sua particolare "via" alle arti marziali dovrà confrontarsi con i diversi aspetti del confronto fisico.

Poi c'è la passione che rompe ogni schema e che mischia le carte e fa di ciascuno che l'abbia onorevole marzialista, a prescindere da tutto.

giovedì 24 febbraio 2011

Recensione Libri TTF: Savate - La Boxe Francese

Tra le varie discipline normalmente incluse nelle federazioni di Kick Boxing, come la FIKB ad esempio, la Savate è quella che si differenza di più. Per prima cosa è l'unica disciplina di origine nitidamente europea a essere inclusa in ambito di dominio esclusivo asiatico. Per seconda cosa è l'unica di queste discipline ad essere praticata con calzature vere e proprie, simili a quelle per la lotta. Questo non è un particolare estetico, le scarpe cambiano notevolmente le possibilità dei calci. Terzo, la savate si pratica generalmente con una sorta di "monopezzo olimpico" che dona agli atleti una particolare eleganza nei movimenti. Nel libro in esame possiamo apprezzare le caratteristiche di ogni buon manuale: storia, origini, diffusione, tecniche, tecniche non sportive o antiche, metodologie di allenamento, regolamenti per competizione. La cosa che più colpisce il lettore è sicuramente il fatto che questa disciplina ha nel suo arsenale tecniche e bersagli da colpire di sua esclusiva proprietà. Scopriamo così un calcio nuovo, il charlemont, sconosciuto alle altre discipline di "calci e pugni" sportive. Ancora, scopriamo la possibilità dello chassè (tipo side kick) sul quadricipite o sul retro della gamba. La terminologia dei calci è totalmente francese. La savate si origina, sviluppa e diffonde in Francia, con particolare presenza a Marsiglia e con il coinvolgimento della limitrofa Liguria. Non a caso il libro è scritto da un esponente della gloriosa scuola genovese: Giorgio Messina. Libro decisamente gustoso, fantastiche le immagini dei colpi "d'epoca" e delle particolari posizioni della savate, sembra inevitabile, anche per assenza di concorrenza, acquistarlo se vogliamo saperne di più sulla Boxe Francese.

Autore: Giorgio Messina
Titolo: Savate - La Boxe Francese
Casa editrice: Edizioni Mediterranee

mercoledì 23 febbraio 2011

Grazie

 Parlare di sé è difficile. Far parlare male gli altri è facile. Far scrivere di sé è una cosa che prima di lusingarci, ci fa tornare un po' bambini, quando, tutti, pensavamo che qualcuno avrebbe notato le nostre gesta.
Leggere questo scritto, che mi è stato dedicato mi commuove, anche perché la stima che ho per chi lo ha scritto, lo rende un tatuaggio più che una pagina web. Sapere che Salvatore, in un momento importante della sua vita privata, ha avuto desiderio di scrivere queste righe è un onore, una emozione intensissima. Grazie.

Dedicato a Nicola Mercuri

Nicola è un caro amico marziale, uno dei POCHI dei quali ho stima come modus operandi nell'ambito dell'attuale panorama in cui versano indistintamente tutte le arti marziali.
L'ho conosciuto qualche annetto fa in quel della Capitale e da quel tempo abbiamo mantenuto una proficua corrispondenza telefonica, virtuale e privata probabilmente di natura quotidiana e ci siamo anche visti seppur mio rammarico di rado.
La cosa che mi colpì di lui fu soprattutto la sua cultura, il suo spirito ed approccio alle arti guerresche e sport da combattimento indifferentemente "Open Mind"; parlava e disquisiva passionale indistintamente di Karate come dello Judo per poi passare al Brazilian Jiu Jitsu e planare verso il Wing Chun, insomma un appassionato serio ed acculturato marzialista, uno che probabilmente è raro incontrare sui Forums, colui che disquisisce di arti marziali senza bandiera, di combattimento, di principi e mai di superiorità di questo o di quello, l'ho reputato d subito come qualcuno molto vicino al pensiero di Bruce Lee, più di quanto possano essere gli stessi praticanti del Jeet Kune Do.
Posso dire con fermezza che lui, all'epoca della nostra conoscenza era già sulla via del non attenersi ad alcuna forma rigida ed incatenata o appartenente ad alcuna scuola, era diciamo parte di tutto/i e di nessuno e questa fu la prima cosa per cui lo apprezzai poichè soprattutto odiernamente in quest'era marziale di prime donne lui manteneva un profilo basso, in penombra e mai vincolato o rafforzato dal nome di un terzo, tutto ciò che mostrava erano solo i suoi studi e i suoi test.
Ricordo con felicità quella gelida serata di metà Febbraio a Roma fuori dall'albergo in cui risiedevo per un Seminario - dopo un'intensa giornata di allenamento - disquisire fino a notte tarda con lui riguardo alcune metodiche del Wing Chun legate all'autodifesa e da li vedere come ci ritrovassimo quasi su tutto nonostante il filo conduttore si spostasse perennemente da Nazione a Nazione, Paese a Paese, cultura a cultura e così via, ad unc erto punto esisteva il combattimento, i principi e non più l'arte X o Y.
Stessa emozione provo nel ricordare quando in altra occasione, sempre a Roma mi portò a visitare in una splendida mattinata primaverile alcune zone davvero belle e dove potemmo inscenare luogo opportuno - un prato immenso - dove mettere a confronto le cose di cui ci occupavamo apprezandoci vicendevolmente, ricordo lui rimase di stucco quando mi vide parlare di Kali ed arti marziali filippine mimando aluni movimenti, rimase credo malissimo in quanto mi aveva da sempre letto fra le righe come fermo oppositore delle arti marziali del sud est asiatico ma sostanzialmente ebbe modo di capire che il mio era solo un puntualizzare che certe cose avevano poco a che fare con l'arte di Bruce Lee.
Lui tra le tante ha avuto anche modo di avvicinarsi al PFS di Paul Vunak e nonostante le divergenze rispetto a ciò che io definisco o meno Jeet Kune Do tra di ni non ci sono mai stati fraintendimenti anzi al contrario, interessantissimi spunti di crescita e ciò la dice lunga riguardo le varie distinzioni in stili e scuole.
Insomma regalo a lui questo TRIBUTO poichè è uno che come me rifugge da ogni politica, da ogni forma di adesione alle attuali logichè in cui versano le arti marziali ma soprattutto perchè come gli ho promesso lui sarà una delle persone con le quali nel mio "spero" futuro marziale vorrò confrontarmi per un vicendevole scambio e come gli ho detto per comprendere ancor meglio il MIO.

Un caro augurio nel suo prosieguo marziale, sportivo e nella vita quotidiana,

Salvatore

http://jeetkunedo.forumcommunity.net/?t=44087514

Beato te, lungaccione!!!

Roger Gracie, pluricampione di bjj
Per il principio della pnl del modellamento mi sono fatto una super scorpacciata di immagini di "vincenti" nel Jiu Jitsu brasiliano. Mi sono visto di tutte le cinture, di tutti i pesi, di varie nazioni, di vari livelli chi genericamente vince. L'analisi dei soggetti che risultavano vincenti nelle competizioni mi ha dato un quadro piuttosto nitido di quale tipologia corporea sembra essere avvantaggiata e di quali problemi questo crea.

Facciamo un piccolo passo indietro. Senza bisogno di filologia marziale si può ricostruire con certezza una cosa; quando l'uomo ha messo in piedi dei regolamenti per confrontarsi, ha poi provato ad ovviare al problema delle differenze anatomiche tra gli individui. Come? Col modo più semplice: il peso.
Pesanti coi pesanti, leggeri coi leggeri. Il mondo del combattimento, che mi appare sempre pronto alle mode ma poco incline a cambiare alcuni criteri ormai dati per comandamenti, trovato questo elementare sistema di accoppiamento degli atleti non lo ha più abbandonato. Il peso. Ora il peso di per sé non dice nulla di una persona, ci sono fattori molto più significativi come altezza, taglia ossea, somatotipo, percentuale di massa magra. I giapponesi, che forse in fatto di arti marziali la sanno un po' più lunga degli altri, hanno trovato un'interessante alternativa all'obsoleta pesata. Nel Daido Juku- Kudo si usa il "Physical Index" ovvero altezza (in cm) sommata al peso (in kg). La differenza tra i contendenti non può essere maggiori di 20. Quindi anche se un atleta pesa 70 kg ma è alto 190cm (260 di Physical Index), giustamente, può scontrarsi con un con un tarchiato di  90kg  per 170 cm. 
Rimane evidente che sono molte le variabili per categorizzare e che il peso di per sé è una pratica un po da pizzicaroli (alimentari-norcino per i non romani).

Torniamo a noi. Ormai abituati a tisici Kick-Thai Boxer che si prosciugano dimagrendo ma anche catabolizzando, pensavamo (vabbè magari solo io) che il bjj ci avesse proposto alla lunga una categoria fisica differente da quella degli altri sport da combattimento. Laddove conta l'affondo si fa di tutto (scusate l'equazione impropria) per guadagnare centimetri di stoccata togliendo peso.
Forse pensavamo alle morbide fisicità di molti Judoka. Pensavamo che una nuova tipologia fisica sarebbe stata padrona e emblematica di una disciplina. Oppure, ancora meglio, vedendo al Jiu Jitsu come panacea di tutti i mali pensavamo che avremmo giocato, come Archimede, solo con bracci di leva e fulcri, nel gioco degli scacchi umani...
Per la mia ricerca ancora una volta la tipologia fisica avvantaggiata è quella dei longilinei. Arti lunghi, lunghissimi. Tralasciando qualche bombato, i "fini" sembrano dominanti, statisticamente. Filiformi, un po' più alti della media, agili come ginnasti, gambe lunghe, ectomorfi o al massimo meso-ectomorfi, flessibili e di forza resistente.
Un mio amico è 180cm per 59kg. Gli dico sempre che deve gareggiare anche se ancora non conosce il Jiu Jitsu, vincerebbe di sicuro, ori e allori... certo in palestra verrebbe sodomizzato (così come in altri contesti meno regolamentati), sono pochi quei chili in media, ma sai che soddisfazione dominare legalmente una categoria quando sei scientificamente un fuori categoria?!? ovviamente è una provocazione
Gambe chilometriche a fare da guardia al tronco o ad annodarsi in profondi ganci nelle monte piene.
Forse abbiamo scienza e tecnologia per lasciare la sola pesata al pizzicarolo, che ne dite?

martedì 22 febbraio 2011

In verità vi dico

Come si vede dall'esterno il maestro di arti marziali
Una concezione che potremmo dire, impropriamente, romantica, probabilmente frutto di un'idealizzazione di alcuni miti orientali, porta a vedere alla figura del maestro di arti marziali come una sorta di sacerdote laico, maestro di tecnica bellica e di vita. Allievi d'ogni età dunque, circuiti forse da questa visione preconcetta, si trovano ad imitare, scimmiottare il maestro a tutto tondo. Il maestro quindi diviene Maestro e la maiuscola amplia notevolmente i suoi campi di azione. Gli allievi ne assorbono movenze, gusti, ideali, idee politiche, filosofia di vita, locuzioni, espressioni ricorrenti e stilemi vari. Anche quando il maestro è fuori dal dojo pretende lo stesso rispetto che, neanche troppo per scontato, gli si deve nel luogo ove egli di fatto è mentore. Diviene quindi, senza letture o studi, filosofo anche se alla seconda subordinata si inabissa in dubbie coniugazioni verbali, e Socrate gli pare un giocatore della fiorentina degli anni ottanta. Dispensa esoterismi e massime, conosce il bene e il male. In alcuni corsi addirittura riesce ipnoticamente a deviare gli studi sui suoi interessi peculiari. Per esempio un corso di un'arte marziale a caso a poco a poco diventa un tacito laboratorio delle sue teorie. Niente di male, se solo fosse esplicito però. Persone che si erano iscritte in palestra per difendersi, magari, si trovano ora ad impazzirsi sulle forme che fatte dal maestro diventano più che forme curve di coniglietta di playboy. Oppure si trovano ad appassionarsi a discipline che non sono propriamente quelle del corso. Il maestro di Thai Boxe, che magari è un appassionato di MMA, riesce a far sì che tutti i suoi allievi si sentano provetti valetudisti, non si sa bene perché, ma come per osmosi l'hobby del maestro passa ai discepoli. Il maestro poi diviene inevitabilmente esperto di anatomia. Dispensa consigli su esercizi, vede un suo allievo infortunato e ne fa accurata diagnosi. Non sa nemmeno dove sia l'omero o il radio ma è maestro. Molto prosaicamente, nella relatà, alcuni di questi maestri mi hanno anche crepato soldi e tempo e alle mie rimostranze non si sono lanciati in sonetti o haiku ma in triviali vaffanculo. In quei frangenti ho faticato a non vederli come tutti gli esseri umani, un po' eroi, un po' sterco.
Quando poi il maestro diviene canuto allora l'abito fa il monaco e il gioco è ancora più facile. Orde di discepoli ne seguono le gesta, partono slogan e abracadabra vari. Quando te lo ritrovi a mangiare con gli adepti mangia come tutti noi umani e si sporca la camicia come un fanciullo, sbava e aggiusta di diaframma la digestione. Come tutti gli uomini lancia sguardi indiscreti sui glutei delle virgulte eppure rimane anche fuori dal tatami, maestro. Pretende lo stesso rispetto anche se lo chiami per informazioni, quando, senza nessuna filiazione, è per te un illustre sconosciuto a cui dare del lei: se non lo chiami maestro, sensibilmente, rosica.
Purtroppo nella vita di noi materialisti è già difficile conoscere una qualche abilità motoria detta marziale... sapere anche sulla vita poi, neanche a pensarci.

lunedì 21 febbraio 2011

Ripartire sarà difficile

[...]
Questo post era in origine ben più lungo di quanto ora sia presente. La parte mancante riguarda l'analisi della gara, della mia lotta. Per motivi di rispetto verso persone che sarebbero state tirate in ballo in una querelle certamente indesiderata non lo pubblico integralmente. Ho scelto invece di pubblicare la parte rimanente -con qualche errata corrige- poiché, scritta a caldo, tratta i temi fondanti di questo sito.
La parte seguente riguarda il mio immediatissimo dopo gara, le sensazioni appena sceso dal tatami.
 [...]
Nella confusione [del dopo gara, appena persa ndr] mi arrivano mentori d'ogni tipo e tutti hanno la loro verità incrollabile. Arriva quello che con l'aria di chi la sa davvero lunga mi prende con le dita la circonferenza del polso e dice che ho "la struttura" da -76. Arriva quello che mi dice che secondo lui dovevo prima farmi le gare da bianca, togliendomi qualche soddisfazione e provare l'europeo delle bianche e poi farle da blu. Qualcuno mi dice che devo combattere in -88,3. Altri mi dicono che combattere e metterci la faccia è già onorevole. La maggior parte pare si siano scordati che sono stato accorpato alla categoria superiore.
Il "professionista mascherato". Croce e delizia di ogni sport amatoriale
Penso alle gare, ai miei dubbi, alla mia visione del marzialismo. Cintura bianca e campionato europeo, sono due cose che giustapposte suonano come una presa per il culo. Mi immagino se me lo fossi sentito dire qualche anno fa, quando non sapevo del Jiu Jitsu brasiliano. "Ciao Nicò, come stai? ma lo sai che sono campione europeo delle cinture bianche?". Avrei riso di gusto. Eppure oggi è realtà (non per questo non bisogna riderci di gusto). La cintura che significa "privo di esperienza, non fategli male", ha un campionato europeo e se lo vedete sono accaniti e navigati come le puttane del far west. Parlando un altro saggio, fortunatamente non riferendosi a me, mi spiega che secondo lui è assurdo progredire di cintura senza gare. Mi dice che una marrone deve aver visto e vinto questo e quello sennò non lo può essere. Una nera idem. Inizio ad aver difficoltà anche con la matematica e con le statistiche. Queste persone che mi parlano sono una maggioranza nel Jiu Jitsu Brasiliano? Che percentuale sono? Ma non è che "i miei" sono una triste, trita, sfigata minoranza? Ma sta a vedere che loro hanno ragione e che io voglio la bicicletta ma non so pedalare? Ma sta a vedere che alla fine sono io che non ho capito un cazzo di questo Jiu Jitsu?
Tornando, chi mi fa i complimenti per il coraggio, chi mi dice che devo dimagrire e tirarmi.
Da massiccio sono passato a ciccio. Non capisco davvero. Quando lotto tutti apprezzano la mia fisicità ora sono diventato un nano con ambizioni di categorie da giganti... ma, cazzo, io sono pure un insicuro e a me questa stazza rassicura... e se diventando filiforme e/o definito non mi sentissi forte come prima? ... magari avrei risultati in gara, ma se poi nella vita perdessi la sensazione di sicurezza che mi dà oggi il mio corpo? Sarebbe una conquista marziale?
Quanto dovrei sacrificare, quanto peso dovrei perdere? Che categoria?
Per cosa poi?
Sarà la delusione, sarà che in fondo siamo tutti rosiconi e perdere fa prudere il culo a tutti, ma quando vedevo Helio o Royce non pensavo che la loro fosse l'arte, della dieta, della ricerca della categoria attraverso una complessa equazione "peso, forza, altezza, cintura", l'arte dei bicipiti gonfi e dell'addome a tartaruga.
Penso a quando mi fu detto in un italo-portoghese di mediazione linguistica, in risposta alle mie rimostranze verso un bravo uomo che mi lussò la spalla (una spalla lussata, se non operata, è un danno permanente)
Jiu Jitsu è cacciveria
E io non sono caccivo, neanche un po'.

venerdì 18 febbraio 2011

Andiamo a combattere

Sono molto emozionato. il "combate!" si avvicina. La tensione si alza e si abbassa ipertrofizzando il cervello, come in un esercizio ginnico. Partecipare ad una gara per me è strano. Sono sempre stato contro la competizione marziale, per diversi e tanti motivi, qui spesso enunciati. Certo, dirlo prima di partecipare ad un evento sportivo è sicuramente una posizione vulnerabile. Se vai male pare che hai messo le mani avanti, se vai bene sembra il vezzo intellettuale di un narcisista. Ma chi vorrà essere malizioso, lo sarà comunque, indipendentemente da quanto scriverò ora.
Morihei Ueshiba
La società ci classifica spesso, forse continuamente. Classifica anche ciò che ci piace, i nostri gusti e li chiama audience o "hit parade". Queste classifiche influenzeranno ciò che ci piace a loro volta e ciò che no, in una circolarità, ove sarà impossibile rinvenire la causa e l'effetto. Le arti marziali non sono nate per classificare gli uomini, al contrario credo che esistano per renderli sanamente irriverenti verso gli urti del quotidiano. Cosa potrà mai importare a chi ha combattuto davvero, col cuore, col sudore, a chi ha messo a rischio la propria incolumità, di un idiota che gli taglia la strada? Se ha combattuto davvero una volta sola, molte cose appariranno piccole, non degne di attenzioni. Combattere è come mangiare, bere, riprodursi, dormire. E' qualcosa per cui siamo nati. Tutti. Chi ti dice sei o non sei un combattente non lo può essere egli stesso. C'è davvero chi può non combattere a questo mondo?
Combattere in questa società dove tutto è urlato, sembra un momento per tacere e far tacere. Spero di non vedere scene pietose, come purtroppo mi è capitato già, spero che il combattere sarà rispettato nella sua sacralità. Ne sarei davvero deluso se non fosse così.
Cosa differenzia la gara con i combattimenti avuti sul tatami di casa mia? Chi vince cosa e perché ha vinto? Chi perde cosa e perché ha perso?
Perché mai darsele sotto i riflettori, col pubblico, anzi che nell'intimità del dojo? Perché sto andando? Per dimostrare cosa?
Cerco in questo evento un tipo di confronto, un tipo di lotta. Un tipo di strategia e di combattimento che voglio provare. Solo questo sinceramente. Non cerco gloria sebbene tema il ludibrio. Voglio solo provare a combattere in un contesto che cambia il combattimento nei suoi vizi e virtù. In fondo, con la consapevolezza di chi mi ha allenato, sarei potuto scendere di peso ancora, e scendere quindi di categoria. Ho voluto invece addirittura farmi accorpare ai -100,5kg. Io vengo da un'idea. Nella mia idea non ci sono categorie, non si fa la dieta prima e non si fa riscaldamento. Io non sono interessato al peso del mio avversario e non mi interessa il mio. Che sia un gigante o un fuscello, forte o debole, l'esito del combattimento avrà determinato chi ha saputo sfruttare meglio il regolamento. Che pesi come me poi mi interessa poco. La mia idea prevede che quella persona più pesante che mi ha battuto avrebbe potuto richiedere la mia marzialità per strada e obbligarmi a mostrarla. Lì non avrei potuto dirgli che siamo fuori categoria. Avrei dovuto semplicemente provare a combattere. Forse mi ricrederò e vi scriverò che fare la dieta e scegliersi la propria categoria col bilancino è quello che facevano i samurai, un tempo (sempre buoni per ogni retorica marziale). Solo i coglioni non cambiano idea, dicono i saggi.
Sono emozionato e contento. Vado a fare un'esperienza comunque importante. Sicuramente mi inorgoglisce. Anche se sinceramente capisco che mi emoziona di più quando il contatore delle visite del sito mi dice che qualcuno ha cercato "Nicola Mercuri bjj" oppure informazioni sulle arti marziali giapponesi o su un libro e ha trovato me. Magari avrà trovato parole nuove, pensieri nuovi. Magari avrò divulgato quel poco che ha chiesto tanto per essere conosciuto. Mi inorgoglisce più di ogni risultato materiale quando qualcuno che stimo, e spesso neanche immagina quanto, mi cita, o condivide un mio articolo su FaceBook. Questo è un ottimo risultato. Senza podio di sorta.

martedì 15 febbraio 2011

Cosa vuol dire oggi fare Jiu Jitsu (o Ju Jutsu o Ju Jitsu). Parte 1

... Eh sì la grafia, anche quella ha un suo perché. Così, senza approfondire per motivi di spazio ed empiricamente, Jiu Jitsu con la "i" è una grafia arcaica. E' la grafia presente su un libro divulgativo di Jiu Jitsu datato 1929, edito in italia. E' una grafia molto diffusa nel continente americano, la troviamo dal Brazilian Jiu Jitsu, al Gracie Jiu Jitsu ai vari stili di American Jiu Jitsu. Ju Jutsu invece, con la "u" nel secondo termine è un termine che sembra spesso usato, forse un po' per vezzo, da coloro i quali vogliono richiamare un'atmosfera tradizionale o di scuola di secolare stampo. Ju Jitsu invece è la grafia d'uso in Italia, quella che più spesso leggeremo, quella che si è più diffusa nel secondo dopo guerra sui testi di arti marziali. Ovviamente queste sono analisi d'esperienza, non considero i metodi di traslitterazione e anche l'area del giappone di riferimento per ogni traslitterazione. Jiu Jitsu e Ju Jitsu hanno uguale pronuncia, la "i" nel primo termine non si sente, Ju Jutsu invece si fa sentire poiché si legge "come si scrive".
Odiernamente la situazione del Jiu Jitsu è quanto mai variegata. Oscilla costantemente tra il già detto variegato e l'incasinato. Il confine è labile. Da una parte, facendo una prima distinzione, ci sono i nuovi stili.Il Brazilian/Gracie Jiu Jitsu, Il Ju Jitsu metodo Bianchi, I vari stili di Jiu Jitsu degli Stati Uniti, Il Jiu Jitsu della Wjjf metodo Clark, il Juko Ryu Jiu Jitsu e tanti altri. Dall'altra abbiamo le scuole tradizionali, ovvero quelle che, per loro definizione, dovrebbere tramandare un Jiu Jitsu antico, legato alla tradizione ottocentesca (secolo nel quale molte scuole si sono estinte ed è iniziata la crisi del Jiu Jitsu in favore dei nuovi stili nonché cessò di esistere la casta dei samurai). Le prime vengono dette Gendai Budo, ovvero scuole moderne, le altre Koryu.
Mi è capitato nel web un qualche naufragio in un qualche fanatico di qualche Koryu. Esperienza triste. Costoro anzi che essere consapevoli di praticare qualcosa di cristallizzato, di inevoluto, di archeologia marziale, qualcosa per cui il tempo si è fermato, pensano spesso di praticare il "vero Jiu Jitsu". Purtroppo la realtà è che, per mia umile visione, le Koryu ad oggi esistenti praticano qualcosa di distantissimo dalle istanze della modernità e simile per falsità alle più tristi didattiche dell'Aikido.
Le scuole del Gendai Budo, ovvero quelle moderne, sono spesso discipline di sintesi tra i più noti figli del Jiu Jitsu, il Judo e l'Aikido, e il cugino, il Karate. Quest'ultimo sebbene si usi farlo derivare dagli stili di Kung Fu del sud della Cina, è comunque compromesso per contiguità geografica, culturale e metodologica con quella che era l'autentica arte marziale giapponese, il Jiu Jitsu. Chi ha potuto effettuare delle comparazioni noterà come alcuni Atemi e Uchi Waza siano presenti tanto nelle Koryu quanto nel moderno Karate. Le scuole di moderno Jiu Jitsu sono quindi un'unione tra Karate, Judo e Aikido e lo stesso Jiu Jitsu in quei punti non compresi in nessuna di queste tre discipline. Generalmente nel Jiu Jitsu esistono i seguenti campi tecnici:
Atemi waza ovvero pugni e calci, Uchi waza ovvero percosse come pugno a martello o gomitate o il famoso colpo col taglio della mano (shuto), Kansetsu waza ovvero le tecniche di lussazione come l'armlock o i vari ikkyo, nikkyo dell'Aikido, le Nage waza ovvero le proiezioni, Le Jime (o Shime) waza ovvero i soffocamenti, le Osaekomi waza ovvero le immobilizzazioni. Poi ci sono termini che possono includerne altri come Ne Waza, che genericamente significa tecniche al suolo, che può incorporare lo studio al suolo dei soffocamenti, delle lussazioni o delle immobilizzazioni.
Le antiche scuole di Jiu Jitsu solitamente si specializzavano in un qualche particolare aspetto del combattimento. Le moderne, come già detto, provano ad essere una sintesi tra tutti gli ambiti tecnici storici del Jiu Jitsu, con l'eccezione più significativa che è quella del Gracie Jiu Jitsu che è una delle poche scuole del Gendai Budo ad appellarsi come Jiu Jitsu e ad essere altamente specializzata in un campo preciso del Jiu Jitsu.
I compiti del moderno Jutsuka sono lo studio, l'indagine, la sperimentazione e la diffusione. Vista l'inattualità delle presunte Koryu e vista la penuria numerica e talvolta qualitativa del Jiu Jitsu in Italia, un percorso di indagine personale sembra inevitabile. Da una sintesi antologica delle arti marziali giapponesi, nel territorio nostrano, sono usciti fuori stili e metodi degni di interesse come il Metodo Bianchi o il Ju Jitsu Mizu Ryu di Cosimo Costa. Questo moderni stili, frutto degli studi dei fondatori più che di un autentico passaggio del testimone per mano nipponica, spesso sono stati denigrati, particolarmente per mia esperienza, il Metodo Bianchi, etichettato (di già!) come obsoleto e superato. Purtroppo chi la pensa così mi fa pensare che abbia visto solo pessimi esecutori del Metodo Bianchi. Degni di nota è anche il C.S.R. Ju-Jitsu Italia (Centro Studio Ricerca Ju Jitsu), Il GoJu  Ju Jitsu e il Ju Jitsu Ricci Ryu, del Maestro Gino Ricci che ha operato una propria sintesi tra il Metodo Bianchi e una Koryu di Jiu Jitsu.
Nell'era digitale degna di interesse è l'organizzazione no-profit Akban, che si occupa di Jiu Jitsu sia visitando antichi Kata sia con attenzione per le MMA.
Il Ju Jitsu è stato recentemente regolamentato come sport secondo il regolamento detto Ju Jitsu Fighting System (in sigla FS). Questo regolamento, come spesso capita, ha creato un vero e proprio stile di Jiu Jitsu: calci e pugni alla maniera del Karate sportivo, proiezioni alla maniera delle gare di Judo, lotta a terra come nel Judo e nel Jiu Jitsu brasiliano. Nel complesso oggi è un vero e proprio modo di interpretare il Jiu Jitsu. Come è accaduto per le MMA o per il Karate sportivo quelli che dovevano essere contenitori hanno finito per fondersi col contenuto, così le MMA hanno alcune procedure di combattimento tipiche e così, ugualmente, accade per il Karate sportivo che anzi che essere un punto di incotro tra diversi stili sembra essere uno stile a sé stante.

lunedì 14 febbraio 2011

Un piccolo uomo in una terra di giganti

Un volta, da qualche parte nel web, lessi di Fedor: "a little man in a land of giants".
Facendo un rapido giro sul registro degli incontri di Fedor si nota una cosa, evidente sì, ma che lo è tanto da non dargli il giusto peso. Fedor ha combattuto il 95% degli incontri nella sua carriera con avversari più alti. Quasi altrettanto sistematicamente, almeno stando agli ultimi 10 /15 incontri, contro avversari più pesanti. Effettivamente Fedor Emilianenko sembra essere di un'altra categoria, qualsiasi sia il senso che si voglia dare a questa locuzione. Lo è per aver sfidato dei giganti rispetto a lui e lo è per averli sconfitti.
Fedor ha dimostrato con fatti difficilmente confutabili che l'arte dei pugni e dei calci e della lotta se fatta col piglio dell'artista, per l'appunto, è più importante degli sterili dati antropometrici delle categorie.
Non è forse un fallimento per le discipline marziali il fatto che ci si venda al demonio per perdere anche solo 3 o 4 chili? Non è forse un fallimento della teoria marziale tutta, il frazionamento di un range di 30 chilogrammi (per esempio dai 60 ai 90 kg) in otto o nove categorie di peso?
L'obiezione più facile è questa: "Sai, a parità di tecnica o quando il livello è così alto che le differenze si assottigliano, bisogna lavorare su tutto, anche su 3 kg" ... e qui purtroppo, in questo ragionamento, c'è un grave errore logico che non riguarda le MMA o il Jiu Jitsu o la Boxe ma tutte le attività che hanno a che fare con gli esseri umani. La logica piramidale o, propriamente, proprietà transitiva. L'errore è questo. L'uomo comune pensa che su un gruppo di fighters di mma ci sia il più bravo, il secondo, il terzo, il quarto e così via, a salire coi numeri e a scendere nella piramide. Purtroppo per qualche mente ottenebrata che farà fatica a capire questo concetto, e per fortuna per gli altri, altrimenti sai che rottura di palle che sarebbe ogni sport, è verosimile che se A vince con B e B vince con C, C vinca con con A. Può succedere, non è una regola, che difficilmente ne esistone nelle attività umane, ma è verosimile, è probabile, certamente meno, ma può accadere. C può avere caratteristiche indigeste ad A benché A batta B che a sua volta sconfigge C. La logica comune vuole che se A vince con B e B vince con C, allora di certo A vincerà con C.
Ora visto che tutto questo lo esperiamo praticamente tutti i giorni in quello che facciamo, o per esempio, tutte le domeniche nel campionato di calcio di serie A (se esistesse "LA" squadra più forte, vincerebbe tutte le partite), vale anche per i confronti marziali in genere. E, se vale per le arti marziali, questo significa che in un confronto dove esistono variabili immense, quali la velocità, il fiato, la reattività, la tattica, la tecnica preferita e la tecnica sofferta, le impressioni che comunica l'avversario, le esperienze pregresse che abbiamo avuto col suo somatotipo e via dicendo, i 3 kg, ma anche molti di più, che vogliamo perdere per una gara, altro non sono che un vile alibi. Un sottile incoraggiamento all'ateletismo in sostituzione del marzialismo, un inno alla rigidità delle meccaniche della fisica classica, contro la realtà complessa e variegatà e irriducibile a formule e algoritmi.
Con le categorie di peso, che nascono in falsi sport da combattimento come la Boxe (approfondiremo perché la boxe è uno pseudo sport da combattimento), non avremmo mai visto l'epica di Royce Gracie contro Akebono, non avremmo mai saputo che a Rio de Janeiro c'era un uomo gracile e deboluccio che batteva avversari anche di 30kg superiori. Se ne deduce che non avremmo scoperto quello che funziona, marzialmente parlando, e quello che non funziona.
Diete, crescita muscolare, eccessivo attaccamento in genere ai parametri atletici vuol dire non avere sicurezza, o peggio non credere di fatto, al valore della tecnica.
Un saggio mi disse: "solamente chi ha una cosa può dire che non vale niente averla". Ebbene questo congetturare è fatto da chi desidera perdere peso, diventare più grosso, perdere adipe e via dicendo. Lo ammetto, io, in un contesto di gara, venderei un rene per combattere con un avversario più basso e più leggero. Questo non testimonia tanto che io creda che la massa del mio opponente sia importante quanto che non ho, e giustamente, ancora totale fiducia nella mia tecnica.
Avevamo aperto con Fedor. "Lo Zar" potrebbe, semplicemente prendendo tre dati, peso altezza e adiposità visibile, scendere tranquillamente di categoria. Potrebbe definirsi come una carta geografica, togliere l'abbondante, quantunque tonico, adipe che lo circonda e scendere di categoria. Stando ai dati disponibili su Fedor Emilianenko, gli basterebbe calare di 10kg. Ora guardando il russo non sembra proprio impossibile. Vedendo i suoi avversari sembra addirittura auspicabile. Sono tutti decisamente più grandi di lui.
Fedor è di norma più basso e leggero dei suoi avversari
Probabilmente egli ha una strategia, un corpo, delle motivazioni e tutto quello che volete che fanno sì che non gli interessi scendere di peso. L'unica volta che Fedor perse prima delle ultime due (in realtà fu fermato l'incontro dal dottore) fu con un avversario più basso e leggero.
A voi i conti.
In uno sport a misura d'uomo le categorie di peso dovrebbero essere ridotte all'osso, anche al fine di preservare la salute di chi lo desidera, e dovrebbe sempre essere possibile la formula open/assoluto anche con eventi appositi. Leggere le categorie di peso di alcune federazioni o alcune discipline è ridicolo. 77,68kg 79,80kg 82,13kg... no, così si istiga l'esasperazione e si penalizza l'allenamento tecnico.
Spero che non siano andati di traverso diurtetici a nessuno o che il termogenico sommato all'articolo in lettura non abbia portato ad una grave febbre.
Sempre più, col passare degli anni, i Gracie, che sembravano essere dei praticoni, si stanno riscoprendo come anche autentici filosofi del confronto marziale. La loro ostilità alle categorie di peso, ai punti per posizione, ai round e via dicedo li rende, nella storia delle arti marziali, dei Giganti. In un mondo, marziale, di piccoli uomini.
Fedor appare per altezza, peso e massa grassa svantaggiato rispetto alla maggior parte dei suoi avversari. Eppure è stato imbattutto per 27 incontri consecutivi ed è considerato uno dei più forti combattenti della storia delle MMA.

giovedì 10 febbraio 2011

Jiu Jitsu di inizio XX secolo

Una deliziosa ragazza, ad inizio '900,  mostra con simpatia alcune tecniche di Jiu Jitsu.

mercoledì 9 febbraio 2011

Il Judo non è parente del Jiu Jitsu ma la sua aberrazione.


Immaginate la situazione delle Mixed Martial Arts tra qualche anno. Immaginate che avranno raggiunto un livello tecnico ancora più completo ed elevato. Conteranno magari centinaia di tecniche, saranno completissime. Il bagaglio completo delle tecniche usate sarà un'autentica antologia marziale.
Poi la catastrofe.
Qualche profondo sconvolgimento sociale, economico e culturale si abbatterà sul mondo e in questo riassestarsi della società non ci sarà tempo per le MMA, nuove istanze colpiranno tutti gli aspetti della vita quotidiana.
Finito il periodo di transizione si dovrà rifondare i princìpi e i valori morali della società. Le MMA saranno viste come qualcosa di legato al passato, al mondo anteriore la rivoluzione. Saranno magari giudicate immorali, passibili di nostalgismo, legate col vecchio mondo. Uomini saggi, che saranno tali, non secondo i nostri attuali parametri, ma lo saranno secondo il concetto di saggezza del mondo nuovo, le ricodificheranno per adattarle alle nuove esigenze e alla nuova cultura dominante. Vieteranno la lotta al suolo, ogni tipo di colpo, di sottomissione e permetteranno solo le proiezioni. Per differenziarle anche simbolicamente dalle vecchie MMA, cambieranno il nome in "Via mista delle arti marziali", attribuendo alla dicitura significati esistenziali.

Senza saperlo, avete appena letto la storia del Judo.

Il Jiu Jitsu un tempo era un complesso di abilità marziali, variegate e funzionale a diversi aspetti della vita civile e bellica. Esistevano colpi, proiezioni, soffocamenti e lussazioni, immobilizzazioni, armi, lotta al suolo ed altro ancora. Il futuro Judo prenderà solamente una piccolissima parte delle tecniche del vecchio Jiu Jitsu. Le nuove istanze sociali del Giappone del secondo dopoguerra, paese dominato dagli americani che miravano a fiaccarne ogni ulteriore fanatismo guerresco, favorirono l'avanzata di questa nuova disciplina ormai del tutto slegata con quella pretesa di completezza che avevano molte delle vecchie scuole di Jiu Jitsu.
Il Judo si afferma dunque in un paese dominato e non realmente libero. Alcuni saggi della Kodokan proveranno a salvare parte del vecchio Jiu Jitsu in alcuni Kata, che però diverranno di fatto avulsi dalla pratica reale e buoni solo per le dimostrazioni e per i momenti celebrativi.
Il Judo è l'autentico nemico di ogni Jutsuka perché nasce esclusivamente come sport. Jigoro Kano sognava il Judo alle Olimpiadi. Il Judo, al contrario del Jiu Jitsu, non si pone realmente il problema di un avversario che non sia un Judoka. Ma questo è ovvio è uno sport. Chi lancia il peso non si pone il problema di cosa accadrebbe se il proprio avversario lanciasse un giavellotto. Quello deve lanciare, è sport.
Prima di addentrarci in spinosi alberi genealogici o di vedere nel Judo il parente più prossimo del Gracie Jiu Jitsu ricordiamoci che Jigoro Kano era sostanzialmente un didatta privo di esperienze di combattimento significative testimoniate e che il Judo è stato anche l'espressione di un popolo sottomesso.

lunedì 7 febbraio 2011

Un'altra buona ragione per non fumare.

Recentemente sono in via di smaltimento peso. Oltre alla dieta ho anche aumentato il numero degli allenamenti considerevolmente, al punto che talvolta mi è parso mi stessi sovrallenando. A questo quadro doveva per forza corrispondere un calo ulteriore di peso oltre a quello avuto nei primi giorni di questo nuovo regime... invece no. Qualcosa si era inceppato. Per questo ho deciso di passare buona parte del pomeriggio ad analizzare le cause del brusco blocco di calo ponderale. La dieta mi sembrava sostanzialmente buona, l'allenamento intenso. Nulla era cambiato da quando avevo iniziato. O almeno così sembrava. Di botto poi la trovata: ho smesso di fumare da ormai quasi due settimane e l'uscita da questo vizio orribile pare causare un aumento ponderale significativo e scientificamente riscontrato.
Il classico esempio dello sportivo
Addirittura sembra che si ingrassi proporzionalmente a quanto si fumasse prima di smettere.
Più il nostro vizio era insito nella nostra routine quotidiana, di più, al cessare del tabagismo, il giro vita sarà aumentato. L'azione della nicotina stimola il metabolismo poiché, come il caffè, è un eccitante e nel momento in cui si sospende l'assunzione della sostanza senza un adeguato cambio o di dispendio calorico (attività fisica) o di assunzione calorica (dieta) ci fa inevitabilmente aumentare di peso. Si calcola che l'uso moderato della caffeina possa stimolare il nostro metabolismo fino a farci consumare senza far nulla anche 100-500 calorie. Caffeina e nicotina hanno effetti simili sul nostro organismo e il paragone è quantomai legittimo.
L'ex fumatore esattamente come lo sportivo che interrompa bruscamente la sua attività, diminuisce il proprio dispendio energetico.
Altri fattori sembrano pesare sulla dieta degli ex fumatori.
La nicotina ha un effetto anoressante (da sempre usato in questo senso dal gentil sesso), limita pertanto lo stimolo della fame e ha un effetto lassativo (o quantomeno la sospensione genera stitichezza). L'intestino pertanto ci farà pesare di più, anche più di quello che già per il solo fatto di smettere abbiamo preso. Lo stimolo della fame poi verrà tamponato con un mangiucchiare perenne.
Alcuni studi sembrano suggerire l'idea che fare sport in astinenza attenuerà ma non azzererà il problema. Leggiamo:
Le fumatrici "leggere" (fino a 24 sigarette al giorno), che facevano 1–2 ore di attività fisica alla settimana, avevano un incremento del peso di circa 2,2 chili mentre quelle "pesanti" (25 o più sigarette al giorno), aumentavano di peso almeno del doppio. I ricercatori hanno osservato inoltre che all’aumentare dell’esercizio fisico migliorava il controllo del peso. Quando i livelli di attività fisica venivano incrementati di oltre 2 ore alla settimana, i fumatori leggeri riuscivano a contenere l’aumento di peso in 1,5 chili e i fumatori pesanti in 3 chili.
 Abbiamo parlato finora di diminuzione del metabolismo, aumento della sensazione della fame e stipsi. Cos'altro direte? Sì c'è ancora e di peggio. Smettere di assumere nicotina significa provocare il..:

mancato effetto di inibizione della lipoproteinlipasi: tale enzima normalmente provvede al deposito dei grassi nel tessuto adiposo. La inibizione da parte della nicotina fa sì che l'organismo aumenti la sintesi dell enzima; la mancata assunzione della nicotina crea quindi una situazione di eccesso di lipoproteilipasi non contrastata nella sua normale attività, con aumento dei depositi adiposi
Dopo giorni spesi a provare a capire il perché di questa interruzione di calo ponderale ecco trovate le cause. Ecco quindi che ancora più duro lavoro mi attende. Tutto questo vuole ovviamente essere un umile tentativo di sensibilizzazione al problema del tabagismo. Proprio il presentarlo in questa veste paradossale (se fumi fa male se smetti ingrassi -ingrassare è male-) penso sia uno dei peggiori deterrenti sia per la prosecuzione del vizio sia la nascita di nuovi fumatori. Chi come me è riuscito a smettere (smisi per un annno e mezzo. Per il resto pare che ora ne sia uscito di nuovo e abbia superato i periodi "chimici" più duri) avrà certamente letto, e si sarà compiaciuto, di come smettere di fumare porti col tempo alla stessa condizione di chi non ha mai fumato. Questo vale per la maggior parte dei danni del fumo, forse tutti, ovvero sono totalmente reversibili. Questa cosa ammettiamolo, ci ha sempre solleticato o a ricominciare o a rimandare la cessazione del vizio di bruciare carta, colla e foglie secche e respirarne il suffumigi che ne viene. Dagli studi proposti pare non essere così del tutto. Fumare significa che anche nel momento in cui si smette diversi problemi insorgeranno e saranno legati al fumo. Prima smetteremo (tutti prima o poi smettiamo... chi per causa del fumo stesso) e più tempo avremo per tamponare l'effetto della sospensione della droga.
Io mi sono sempre sentito una persona intelligente. Eppure quando penso al terribile tabagismo che mi ha afflitto (anche 40 siarette al giorno) seppure fossi conscio dei danni, delle difficoltà immense nello smettere e via dicendo, mi sento profondamente umiliato. Sono cascato come un pinocchio qualsiasi nelle grinfie di un paese dei balocchi più falso ed effimero di quello del Collodi. Allora mi prende una terribile voglia di bestemmiare tanto sono stato un coglione.

Fonti
http://www.benessere.com/dietetica/arg00/dieta_fumo.htm
http://www.eufic.org/article/it/artid/fumo-incremento-peso/
http://abagnomaria.blogosfere.it/2008/02/fumo-e-aumento-di-peso-una-precisazione.html
http://www.my-personaltrainer.it/caffeina.html

giovedì 3 febbraio 2011

Ne Waza Jiu Jitsu Training

Dopo aver finito l'allenamento non vedevo l'ora di rivedere il video. Sentivo di aver profuso uno sforzo notevole in alcuni momenti. La forza di Rogerio è qualcosa di impressionante, i suoi 85kg nelle posizioni dominanti sembrano moltiplicarsi. Per questo memore di monte estenuanti, di sforzi isometrici epici, di trattenute e strappi in cui perdere le dita, pensavo di andare a vedere un video che mi avrebbe entusiasmato. Nel rivedermi, invece, sono rimasto tutto sommato deluso dalla scarsa combattività e dalla conseguente staticità, anche perché il Mestre mi dominava spesso senza possibilità di replica. Della lotta epica, che in prima persona avevo vissuto nessuna traccia nel video. La prossima volta proverò a fare di meglio.

mercoledì 2 febbraio 2011

La volpe, l'uva, allenarsi a casa e la possibilità di fare commenti.

La volpe quando non arriva all'uva dice sempre che è acerba.
Chi si espone sa che l'esposizione porta critiche e sa che le critiche sono una delle prove più tangibili dell'essere usciti fuori dal proprio ambiente domestico. Se educate e razionali ben vengano.
Da oggi si può commentare, previa registrazione.
Un amico mi ha fatto notare che i video, poiché ambientati in una casa , non sono gradevoli. Eh sì avete capito bene. Il fatto di stare in una casa e non in una palestra impregnata di sudore e checche che fanno finta di essere pugili è indice di poca "serietà", sembra un po' tutto una cazzata tra amici.
Per questo vorrei avvisare i lettori circa la storia dell'allenamento casalingo.
 materassina Gracie Academy per praticare a casa 
In primis è bene dire che solo momentaneamente non ci spostiamo in una palestra perché, tra le altre cose, stavamo cercando una sala privata dove allenarci. Lo stavamo facendo soprattutto per ciò che riguarda le abilità di di MMA in piedi... Purtroppo non abbiamo trovato al momento nulla. In secondo luogo è bene dire che TRY TO FIGHT! esiste da circa due mesi scarsi e diverse volte con ragazzi che seguono questa "filosofia" informale e "praticona" ci siamo allenati in strutture idonee e semplicemente prima non filmavo.
Nello stesso modo non ho iniziato ad allenarmi in questo modo da quando è nato il blog. Da circa due anni decine di persone sono passate o per casa mia, o io sono andato a casa loro o siamo andati in palestra e credetemi anche sotto mura domestiche ho visto nasi sanguinanti, paradenti intrisi di sangue, persone urlare per una leva eseguita male, infortuni... come sempre capita a chi prova. Personalmente in questo contesto mi sono spaccato diverse volte il labbro, mi sono quasi rotto un polso (il semilunare), ancora mi sto chiedendo come un pugno fortissimo in pieno naso con guantini da sacco (non avevamo di meglio) non mi abbia causato una frattura... Chi è venuto una volta, chi dieci, chi viene sempre... chi viene pagato per venire qui, come coloro, e sono diversi e spesso titolati, che sono insegnanti/Maestri... e vengono proprio dove vedete i video. Nelle location che vedete nei video si sono consumati allenamenti con due cinture nere di BJJ, una marrone, una cintura nera di Karate, pugili dilettanti di rispettabili team, praticanti di Kung Fu e tanti delusi dai corsi normali e tanti altri ancora... senza contare quelli che ho incontrato fuori ovviamente. La mia attività, lo ripeto, relativa a questa metodologia di allenamento non coincide con il neonato sito. TRY TO FIGHT! nasce per diffondere il pensiero del "liberi lottatoio", ovvero luoghi informali, dove informalmente si combatte secondo le proprie possibilità. A tutt'oggi non filmo tutto quello che faccio e tutte le volte che faccio sparring perché questo non è l'unico e primario fine del sito.
Vorrei raccontare anche se so che senza le prove, nome e cognome, è un racconto/carta igienica che un giovine baldo, mi si presentò come Kick Boxer. Sulle prime non so perché non gli diedi credito. Poi un amico comune mi avvisò che aveva incontri e che attualmente faceva incontri di pugilato. Cercai il suo nome e cognome su internet e addirittura scoprii che aveva vinto titoli nazionali, tutto in discipline a KO di kick-boxing. Gli raccontai che non gli avevo dato una lira a vederlo e che non sapevo neanche dire il perché e lo invitai ad allenarsi con me. Sia chiaro da subito, assolutamente in maniera pacifica, amichevole e rilassata. Come sempre del resto. Sulle prime mandò a vuoto l'invito. Allora cercai di farlo venire lusingandolo, gli dissi che per me sarebbe stato un onore potermi allenare i miei skills di striking con lui. Lui mi disse, confessando, che non voleva perché ero "troppo grosso". Ho provato in tutti i modi a spiegarmi questa giustificazione. Un ragazzo, sì è vero di una categoria sotto i 70kg (ma di poco e in forma da gara), con incontri a KO, titolato, abituato alle gare... non volle venire nella sede dei video. Perché io di 173cm (lui 178cm), 88kg con ampia adiposità... ero "troppo grosso" per lo sparring.
Un praticante da centro fitness
In ultimo vorrei dire che la momentanea sede di video ha attrezzature, protezioni, e supporti vari che di norma non sono presenti nemmeno nelle migliori palestre. Tatami da Judo di 4cm di spessore (spessissimo per il bjj si usa addirittura quello da 2 cm), sacco, caschi di ogni tipolgia, con e senza parazigomi, con grata e con plexiglass, protezioni doppie e triple per tutte le parti del corpo (compresi rari paragomiti e para avambracci), corpetto, focus, pao, scudo, bastoni in rattan e imbottiti, guanti di ogni tipologia (karate, boxe, mma)...
Non giochiamo... quindi spendiamo soldi e ci mazzarocchiamo di santa ragione, anche senza telecamera, forse di più senza... e più di quanto si fa nelle palestre generaliste. Quindi non vi stupisca la location. Se pensate che per provare a combattere bisogna passare un tornello di una palestra... è davvero triste e forse avete giocato troppo alla ps3 alle MMA della EA o vi piace il kimono di sopra.
Ma già è stato detto, siamo nell'era dell'apparenza, dei "mi piace - non mi piace" su facebook e su you tube, dei kimono più griffati e firmati dei vistiti di una puttanella da discoteca... mala tempora currunt!